Caso Ducati: un sentenza che lascia molti dubbi
La sentenza della Corte d'Appello della FIM a favore della Ducati sul caso dello spoiler ha aperto ad una serie di domande sull'adeguatezza dell'attuale regolamento della MotoGP e sul ruolo della direzione tecnica del campionato.
Foto di: Gold and Goose / Motorsport Images
Se una sentenza serve di solito a risolvere un problema, quella della FIM sulla vittoria di Andrea Dovizioso in Qatar sembra aver fatto esattamente l'opposto, lasciando più dubbi che certezze, in attesa che tutte le parti in campo si manifestino nelle prossime ore.
Da un lato, la Ducati tira fuori il petto e lo fa con il suo amministratore delegato. "E' un peccato che per ottenere questo risultato abbiamo dovuto spendere il nostro tempo e denaro con gli avvocati, oltre che rivelare ai nostri avversari la nostra ricerca sul raffreddamento della gomma" ha commentato Claudio Domenicali, che poi ha sottolineato anche: "Ducati è orgogliosa della sua ingegnosità ingegneristica italiana e della sua capacità di innovare. Molte persone nelle ultime settimane hanno detto che stavamo imbrogliando. Speriamo che ora rimarranno in silenzio e cercheranno di batterci in pista".
La posizione del costruttore bolognese ha tutta la logica del mondo. Il DNA di Gigi Dall'Igna, il suo responsabile tecnico, è governato dalla ricerca delle aree grigie del regolamento per cercare di sfruttarne gli eventuali vantaggi. Ancora di più da quando la Ducati l'anno scorso ha votato contro la limitazione dell'aerodinamica applicata ai regolamenti di questa stagione.
In merito al controverso spoiler, i reclamanti (Aprilia, Suzuki, Honda e KTM) ritengono che l'utilizzo del pezzo in questione sia contrario allo spirito dell'accordo raggiunto in quella fase. Ma né Ducati e né Dall'Igna condividono questo spirito, quindi ritengono di non poter essere accusati di nulla.
Un'altra cosa è come si è risolta la protesta, che ha imposto alla FIM di esporsi, dovendo mediare per la prima volta un conflitto tra costruttori che non è stato risolto all'interno della loro associazione (MSMA). Ecco perché le argomentazioni di Danny Aldridge, direttore tecnico della MotoGP e colui che ha dato il via libera al dispositivo della Ducati, sarà essenziale.
Per la sua stessa credibilità, è lui che deve spiegare nel modo più preciso possibile quali differenze ci siano tra la proposta che gli aveva presentato l'Aprilia, che aveva ritenuto non rientrasse nei limiti del regolamento, e quella della Ducati, che ha approvato a soli otto giorni dall'inizio del Mondiale.
Ci sono due elementi che hanno indubbiamente giocato a favore della Ducati e che sicuramente hanno avuto un peso decisivo nella sentenza. Da un lato, il fatto che l'appendice sia montata sul forcellone e non nell'area specificata come carrozzeria o carenatura, per le quali le regole sono molto più precise.
E dall'altra, la Ducati ha convinto Aldridge che la funzione principale fosse quella di raffreddare la gomma posteriore, indipendentemente dal fatto che potesse generare un effetto aerodinamico, cosa che non sarebbe consentita.
Il semplice fatto che questo carico aerodinamico sia generato da un componente collegato al forcellone ne legittima l'utilizzo? Per i vincitori dell'appello è chiaro che sì, mentre il lato perdente della vicenda (Aprilia, Suzuki, Honda e KTM) si sente preso in giro dalla Ducati, con la connivenza del direttore tecnico.
In attesa che si arrivi alla scadenza per la presentazione di un nuovo appello diretto al TAS, è chiaro che se manca qualcosa è un po' di lungimiranza, che si potrà trovare solo dopo la formulazione di un nuovo regolamento, perché quello di oggi appare troppo fragile.
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