Non c’è pace per l’
Autodromo di Monza: si allarga lo scandalo sui presunti illeciti commessi nella gestione dell’impianto. Per il direttore
Enrico Ferrari, fra le accuse che gli vengono contestate ci sarebbe anche l’
usura aggravata: il dirigente si sarebbe fatto consegnare 350 mila euro in quote di una società di scommesse in cambio di un prestito di 200 mila euro. Le prove sarebbero emerse durante una delle perquisizioni ordinate dai magistrati
Caterina Trentini e Walter Mapelli nel maggio scorso, quando scattò il blitz della Guardia di Finanza sia in autodromo, sia nelle abitazioni di alcuni indagati. Ferrari avrebbe tenuto i documenti compromettenti nella cassaforte di casa sua.
I magistrati hanno chiesto una proroga d’indagine su un filone dell’inchiesta nella convinzione che possano emergere altri elementi che si potrebbero aggiungere ai reati fiscali relativi a false fatturazioni, turbativa d’asta per l’appalto dei servizi di ristorazione e vendita di biglietti in nero, mentre
sono stati recapitati ieri gli avvisi di chiusura per la prima parte dell’inchiesta, che vede coinvolte diciassette persone.
In questo caso di parla dei fascicoli aperti sulla sicurezza della pista: a luglio scoppiò il caso delle
bolle sull’asfalto tenute nascoste alla Parabolica durante la gara del Mondiale Superbike del 6 maggio scorso, per cui
Enrico Ferrari, l’ex direttore della pista,
Giorgio Beghella Bartoli e
Stefano Tremolada erano stati accusati di “omissione dolosa di cautele contro gli infortuni”. L’indagine riguarda anche le presunte irregolarità nella gestione dei parcheggi e nella costruzione di un distributore di carburante ecologico nel parco che non si è mai realizzata e coinvolge altri indagati.
Nell'indagine, dalle intercettazioni telefoniche raccolte nelle conversazioni con Pasquale Lattoneddu, braccio destro di Bernie Ecclestone, sarebbe emerso anche il tentativo di Ferrari e Nappi di condizionare l'assetto della società di gestione dell'autodromo.
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