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MotoGP | Stoner e l'ansia: "Meglio andavo, più avrei voluto morire"

Casey Stoner, in una puntata del podcast Gypsy Tales, svela che solo di recente gli è stata diagnosticata l'ansia che lo attanaglia anche dal punto di vista fisico. Ne soffriva già negli ultimi anni di MotoGP, con momenti passati davvero tremendi.

Pole winner Casey Stoner, Ducati Marlboro Team

Foto di: Ducati Corse

Casey Stoner è stato uno dei piloti che nella storia recente del Motomondiale, ha lasciato un segno indelebile. E lo ha fatto per più motivi. Lo ha fatto per gli straordinari successi, vincendo il primo e a oggi unico titolo iridato Piloti per la Ducati in MotoGP. Si è poi ripetuto con una moto molto diversa, la Honda.

Ma Stoner è unico anche per altri motivi. Il suo prematuro ritiro dalle corse ha lasciato in tante persone un senso di vuoto, di "cosa sarebbe potuto accadere se avesse continuato". Un talento cristallino, una persona altrettanto delicata, attanagliata prima da una malattia, l'affaticamento cronico, e poi da un altro aspetto subdolo che lo ha fatto prima a pezzi mentalmente, poi fisicamente: l'ansia.

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Casey ha avuto il coraggio di parlarne in una puntata del podcast Gypsy Tales. Un racconto onesto, struggente per com'è stato raccontato e per il candore usato da Casey nel rivelare di non aver mai dato reale peso all'ansia, ma di aver capito solo di recente che cosa realmente fosse.

"Solo di recente mi è stata diagnosticata l'ansia, che in realtà non sapevo potesse essere un fattore", ha detto Stoner nel podcast Gypsy Tales. "Onestamente pensavo fosse solo qualcosa che la gente dicesse per dire... un altro modo per essere stressati. Tutti si stressano".

"Anche la mia schiena si blocca per l'ansia. Tra le scapole. Posso sentirla arrivare quando sono in situazioni in cui non mi sento a mio agio".

"Sarebbe stato più facile nella mia carriera se l'avessi saputo e avessi potuto gestire meglio la situazione. Per me è stato un brutto colpo essere chiuso con le persone e i media, perché non sono mai stato a mio agio nel farlo. Le folle non mi hanno mai messo a mio agio".

 

"E poi il giorno della gara... letteralmente per anni, prendendo in considerazione soprattutto gli ultimi 2 anni di corse in MotoGP, più il weekend era buono, più volevo morire".

"Mi sarei voluto letteralmente raggomitolare sul pavimento del camper, malato come un cane, con i nodi allo stomaco. Non volevo correre. Non potevo sentirmi peggio. Avevo una grande apprensione".

"Avvertivo la pressione della squadra, di tutti quelli che mi aveva aiutato, di tutto il resto. Hai un team che ha 70 persone lì, e soprattutto quando sei il pilota numero uno e tutti si aspettano che tu vinca ogni fine settimana, questo ha influito tantissimo su di me".

"E mi sono reso conto solo dopo aver finito la mia carriera del perché facessi così tanta fatica. Poi ho avuto il mio piccolo mantra negli ultimi due anni, che era: "Puoi fare solo quello che puoi fare, e non puoi fare più di così".

Casey ha proseguito affermando di non essere ancora in grado di stabilire un legame tra la sua ansia e la chronic failure syndrome che gli è stata diagnosticata alla fine del 2019. Non a caso, ancora oggi, sta subendo diversi problemi fisici derivanti da questo mancato controllo.

"Penso che una parte del motivo per cui il mio corpo non riesca a gestire il tutto non sia chiara. Non sappiamo ancora esattamente le cause, dunque non riesco a raccontare cosa stia accadendo. Ma sono certo che gran parte del mio corpo ne stia risentendo".

"Sono stato molto bravo a ritirarmi. Non importa quanto male, quanto nervoso e quanto pentito fossi. Sono stato molto bravo a dirmi di ingoiare il rospo e andare avanti sulla mia strada", ha concluso Stoner.

 

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