Nella giornata di ieri hanno fatto discutere, e parecchio, le
intercettazioni telefoniche relative alla vicenda dei problemi con l'asfalto di Monza nel weekend del
Mondiale Superbike.
Queste, infatti, hanno inequivocabilmente chiarito che il direttore dell'autodromo
Enrico Ferrari, il responsabile della sicurezza
Giorgio Beghella Bartoli ed il geometra
Stefano Tremolada erano tutti al corrente della presenza di bolle dovute all'umido alla curva Parabolica, ma che avevano deciso di non dire nulla. Un situazione spinosa, che probabilmente li vedrà accusati di "
omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro".
Parlando con la
Gazzetta dello Sport, Ferrari aveva detto che il problema non era stato dichiarato per evitare falsi allarmismi e che comunque bisognava dimostrare che fosse stato questo ad innescare le numerose cadute viste alla
Parabolica.
La risposta sarebbe tutta in quello che
Marco Melandri ha detto alla Magistratura. Il pilota della
BMW, infatti, sembra decisamente convinto della connessione tra i due fatti: "
Ecco perché sono caduto! Non me lo spiegavo. Mi ero arrabbiato pensando di non aver visto una macchia di umido nel giro di ricognizione..." riporta proprio la
Gazzetta.
"
Era la fine del primo giro. Mi pare che ci fosse il sole. E comunque sono certo che in quel momento non piovesse, né c’erano tratti umidi visibili sulla pista. Mi trovavo in traiettoria nella curva e avevo cominciato a riaprire il gas. Quando mi sono accorto che la moto scivolava più del normale, era già troppo tardi per controllarla. Ripeto, davanti a me avevo una traiettoria pulita e senza chiazze. Considero che il rapporto tra la presenza delle bolle e le cadute non possa né debba essere escluso" ha aggiunto.
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