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Brake by wire: il video Brembo ci svela tutti i segreti

Ecco come funziona la ripartizione elettronica della frenata posteriore, il sistema che resta nascosto nelle F.1

 

Nel paddock lo chiamano comunemente BBW, acronimo di Brake-by-wire. In F.1 se ne parla molto, ma è un sistema piuttosto misterioso che resta nascosto nelle monoposto. Nessuno l’ha mai visto, ma di che si tratta? Per dare una definizione semplice si può dire che è il ripartitore di frenata elettronico concesso dalla FIA nel 2014. Un aiuto alla guida del pilota che si è reso indispensabile con l’adozione delle power unit.

A cosa serve?
“Nel 2009 con l’adozione del KERS, il motore elettrico che trasformava l’energia cinetica in elettrica durante la frenata, si era capito che l’azione del motogeneratore sull’assale posteriore aveva un influsso sulla staccata – spiega Mauro Piccoli, direttore di Brembo Racing – poiché l’energia recuperabile era di “soli” 400KJ e la potenza erogabile dall’MGU-K era di 80 cv, la variazione di coppia non era tale da modificare in modo sostanziale la prestazione dell’impianto frenante, per cui per il pilota era sufficiente agire sul ripartitore di frenata (evoluto rispetto alla classica barra di bilancio) per trovare una buona ripartizione sui due assali”.

E poi cosa è successo?
“Con l’avvento delle power unit nel 2014, invece, la maggiore potenza, parliamo di 160 cv e il conseguente maggior recupero in frenata, ha portato alla necessità di avere strategie di ricarica della MGU-K molto più spinte e, quindi, si sono sottratte all’assale posteriore coppie inverse molto più elevate. La frenata varia moltissimo se il sistema ibrido sta ricaricando energia oppure no, senza un controllo “intelligente” il pilota staccando nel solito modo avrebbe potuto frenare più tardi nel momento in cui l’ERS ricaricava energia elettrica, mentre rischiava di andare lungo se adeguava il punto di staccata qualche metro più avanti e il motogeneratore, per qualsiasi ragione, non dovesse funzionare, senza contare la variazione della ripartizione della frenata che nei due casi cambiava sensibilmente. Insomma, ogni frenata rischiava di essere diversa, togliendo fiducia e sicurezza al pilota”.


L’esigenza, quindi, era di rendere “trasparente” alla sensibilità del pilota l’azione di ricarica della MGU-K in fase di frenata della monoposto, indipendentemente dalla quantità di energia raccolta dall’ERS.

Facile a dirsi, ma molto complicato da realizzarsi:
“Ecco perché è stato necessario introdurre il brake-by-wire, un sistema idraulico a controllo elettronico che permettesse di cambiare istantaneamente la ripartizione di frenata fra l’asse anteriore e quello posteriore al variare della ricarica del motogeneratore”.

Va detto che la ricarica delle batterie dell’ERS avviene prevalentemente a coppia costante, ma le strategie adottate da ciascuna squadra sono molto diverse:
“Bisogna sottrarre coppia dal tradizionale sistema di frenata quando l’MGUK è in ricarica con un sistema che filtri queste variazioni improvvise. L’intervento del motogeneratore è poco influente a inizio frenata ma lo diventa a fine staccata”.

La prima “zampata” sul pedale, pertanto, è lasciata all’azione idraulica del freno su dischi e pastiglie, mentre poi entra in azione il motogeneratore che ricaricando energia genera una resistenza, per cui si deve sottrarre coppia dai freni posteriori:
“L’inizio della staccata è caratterizzata da molta azione sull’impianto frenante e poca sull’MGU-K, poi diventa il contrario. A livello idraulico, quindi, la frenata del posteriore ha un andamento del tutto diverso da quella anteriore. Per cui diventa evidente che non può bastare il solito ripartitore di frenata posto nell’abitacolo per trovare il giusto bilanciamento”.

Proviamo a dare dei valori: in una staccata senza sistema ibrido normalmente si ha una ripartizione della frenata al 55-60% sull’anteriore:
“Con l’ERS, invece, si parte dal 60% sull’anteriore che diventa anche l’80% se sul posteriore agisce la coppia inversa del motogeneratore. La diversa ripartizione dipende dal tipo di frenata e dalla strategia di ricarica. Addirittura si può arrivare che nella seconda parte della staccata il freno idraulico non agisca e ci sia solo la coppia sottratta dall’MGU-K, mentre nell’anteriore lavorano ancora le pinze. In questo caso il bilanciamento idraulico si assesta sul 100% sull’anteriore. Insomma c’è una grandissima variazione che non può essere gestita dal pilota con il pedale, visto che il conduttore non può conoscere qual è la strategia impostata per la ricarica delle batteria che può variare da curva a curva. Se il circuito frenante anteriore è rimasto quello standard, al posteriore è controllato da una centralina elettronica”.

La pressione frenante che si applica al circuito posteriore, quindi, è la differenza fra la pressione richiesta come se l’ibrido non ci fosse e la coppia che è generata dal motogeneratore:
“Questa equazione restituisce un segnale di pressione ai freni posteriori affinché ci sia un buon bilanciamento. Il pilota, quindi, spinge il pedale del freno che alimenta le pinze anteriori, mentre al posteriore la pompa idraulica agisce sul dummy, una rigidezza fittizia, che riproduce il valore delle pinze posteriori senza cambiare il feeling del pilota, mentre in realtà la frenata all’asse posteriore è gestita elettronicamente in funzione della pressione applicata dal pilota e dell’effettiva ricarica del motogeneratore”.

La sorgente di potenza del Brake-by-wire è l’impianto idraulico della monoposto che comanda anche altre funzioni della vettura quali: il comando delle valvole, cambio, servosterzo, frizione, differenziale, acceleratore e comando DRS. Un attuatore tramuta l’impianto idraulico in quello frenante. L’intero sistema BBW pesa meno di 1 kg e viene prevalentemente posizionato verso il retrotreno, ma ogni team sceglie la collocazione che preferisce.

Cos’è l’attuatore? Immaginate un cilindro con in mezzo un pistone: da una parte c’è la pressione che arriva dall’idraulica della vettura e dall’altra il fluido dei freni. Il software comanda una valvola moog che dà la giusta modulazione del segnale di pressione sull’idraulica della vettura che comanda i freni al posteriore.
“Detto così sembrerebbe semplice. In realtà bisogna tenere i fluidi separati (olio minerale e fluido freni richiedono guarnizioni diverse e non si possono miscelare) e avere reazioni molto veloci, ma soprattutto serve un controllo efficace nelle anomalie e nei malfunzionamenti. Se si danneggia la valvola moog o c’è un problema elettronico il sistema deve fare in modo che istantaneamente venga ripristinato il sistema tradizionale di frenata che consenta al pilota di frenare sulle quattro ruote. C’è un sistema di valvole che misura le richieste di pressione e commutano il circuito. Le valvole di sicurezza di solito sono nell’abitacolo e anch’esse fanno parte del chilo di peso dell’intero impianto”.

La Brembo oggi fornisce il BBW a sei delle dieci squadre che compongono la griglia di partenza (sono gli stessi clienti che usano dischi e pinze italiani): c’è chi chiede l’impianto completo e chi, invece, preferisce personalizzare una parte del sistema. L’aspetto curioso è che non esiste sul mercato un “concorrente” della Casa di Curno perché si tratta di un tema delicato che viene gestito direttamente dai team.

La Brembo da fine 2013 a oggi è arrivata a deliberare la quarta generazione del suo Brake-by-wire:
“La ricerca è finalizzata alla riduzione dei pesi, alla miniaturizzazione dei componenti, all’installazione nel packaging e alla ricerca di una migliore efficienza”.

In che modo si può migliorare il feeling del pilota durante la frenata?
“Il BBW stima la generazione dell’attrito. Noi facciamo dei test in laboratorio per mappare l’attrito dei nostri materiali in diverse condizioni di temperatura e pressione. Se il sistema dà i valori ipotizzati, il pilota non si accorge di niente, ma se si ha un minore attrito, allora gli manca un po’ di frenata. Avere una mappa di attrito accurata, quindi, diventa un vantaggio che può valere in prestazione”.

Nella mappa d’attrito quali sono i valori corretti di pressione e temperatura?
“La pressione posteriore varia da 0 a 70/80 bar senza l’azione dell’ibrido, mentre la temperatura di inizio frenata (alla fine del rettilineo) varia da 200 gradi fino a 450/500 gradi, e ovviamente quando c’è una staccata si registra un picco di temperatura che può raggiungere 800/1000 gradi. Variando questi parametri si può costruire una curva di attrito in 3D e mappare il materiale”.

Quante sono state le persone di Brembo Racing impegnate in questo progetto?
“Sono coinvolte una quindicina di persone. Il gruppo fa capo a Carlo Cantoni, direttore R&D del Performance Group, divisione sotto la quale opera Brembo Racing. Va sottolineato l’enorme lavoro fatto dai nostri ingegneri a inizio del progetto, in tempi brevissimi sono riusciti a simulare, progettare e realizzare un componente che non era mai stato utilizzato su una vettura da competizione e che da subito si è comportato secondo le aspettative nostre e dei Teams che utilizzano il nostro sistema”.

L’anno scorso Ferrari, Red Bull, Mercedes, Sauber e McLaren avevano deciso di montare dischi in carbonio di minore diametro, abbinandoli in taluni casi, sull’asse posteriore a pinze dotate di quattro pistoncini invece dei soliti sei pistoncini. Una scelta che era stata dettata dalla minore richiesta di forza frenante nel retrotreno grazie all’ERS, potendo risparmiare del peso. Qualcuno quest’anno è tornato alle origini, altri si sono spinti addirittura oltre, la ricerca non si ferma cercando altri filoni di sviluppo…

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