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Stefano Bonetti conquista Frohburg con la Paton S1-R Lightweight e per il 2019 sogna la Pikes Peak

Dopo un ottimo quarto posto al TT, il rider bergamasco chiude il 2018 tornando dalla sassonia con una doppietta in classe Lightweight come nell'edizione della stagione corsa. Dalla sua officina, "Bonny" prepara il 2019 sognando la celebre cronoscalata americana

Stefano Bonetti

Foto di: Rainer Rossdeutscher

Stefano Bonetti
Podio
Stefano Bonetti
Stefano Bonetti e Morin Bonetti
Stefano Bonetti
Paton S1-R di Michael Rutter e Stefano Bonetti
Stefano Bonetti, Paton
Stefano Bonetti, Paton S1
Stefano Bonetti, Paton
Stefano Bonetti, Paton
Stefano Bonetti

Frohburg è una città tedesca della Sassonia e sulle sue strade si corre da 56 edizioni uno degli appuntamenti storici del circuito delle road races. Dal 2009 è tappa fissa del calendario dell'International Road Races Championship e per il secondo anno di fila, le strade del paese sono state illuminate da un lampo verde. Stefano Bonetti, a bordo della Paton S1-R Lightweight ha dominato la classe delle bicilindriche portando a casa un'altra doppietta dopo l'edizione del 2017.

Stefano, allora hai un legame speciale con questa gara?

L'abbiamo provata l'anno scorso, quasi per gioco, ma poi ci siamo resi conto che sul tracciato andavo bene e il posto ci piaceva. Quando abbiamo deciso di fare una tappa dell'IRRC è stato abbastanza naturale iscriversi di nuovo a Frohburg perché per ragioni di logistica è vicina, è organizzata in maniera impeccabile la pista mi piace molto.

Raccontaci il tracciato: la mappa ricorda il triangolo della North West 200, sembra più una pista di una road race classica.

E' vero ha molti punti in comune con quelle che sono le caratteristiche di una pista. E' lungo 4.7 km, io l'ho fatto in 1'45", e ha una sola variante in mezzo al rettilineo come la NW. L'asfalto è perfetto e non è come correre in mezzo ai muretti e alle case perché ai lati della pista ci sono prati immensi che fanno da vie di fuga. Ecco perché chi è più abituato a correre in pista, a Frohburg si trova bene e può andare molto forte.

Le due gare come sono andate? Ti sei migliorato rispetto all'anno scorso?

In questa edizione ho trovato un avversario molto forte che mi ha spinto a dare ancora di più rispetto all'anno scorso. In Gara 1, per battere Laurent Hoffmann (il vincitore della classe 600cc ndr), ho abbassato di di tre secondi il tempo dello scorso anno. In Gara 2, sul bagnato, abbiamo abbassato ulteriorimente i tempi e sono riuscito a vincere con undici secondi di vantaggio. In più, la migliore conoscenza della pista dopo l'esperienza dell'anno prima e gli aggiornamenti alla moto hanno contribuito a portare a casa questi ottimi risultati.

La stagione 2018 è iniziata con l'incognita della licenza, che hai risolto correndo con quella croata: i risultati ottenuti sono un po' una rivincita per te?

Alla fine abbiamo risolto facilmente, anche se non è stato bello. Con la federazione croata non ho avuto problemi, mi hanno fatto un'assicurazione dedicata e da loro ho avuto il permesso per usare l'inno italiano sul podio, ma resta una cosa senza senso a mio modo di vedere: l'Italia è stata l'unica nazione al mondo a non concedere licenze di questo tipo. La verità è che siamo in pochi, se non sbaglio 8 piloti italiani hanno corso con licenza estera. Alla federazione è un argomento che non interessa, è evidente che hanno preso la decisione per evitare rischi e risparmiare sulle assicurazioni. Perché allora vengono concesse le licenze per le cronoscalate? I 150 piloti impegnati nel CIVS non rischiano la vita allo stesso modo?

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Facciamo un passo indietro e parliamo de TT. Ti migliori ogni anno e nel 2018 sei finito quarto in una gara corsa a ritmi folli, che ha visto battere per 3 volte nei 4 giri della corsa il record della classe. Sei soddisfatto?

Diciamo che poteva andare meglio, speravo nel podio. Ma sono andati fortissimo tutti, a ritmo delle 600, arrivare lì attaccati al terzo posto, a 9 secondi da Ruttere che fa quello di lavoro, alla fine è un buon risultato. Di meglio non si poteva fare... peccato perché la moto andava benissimo andare a podio sarebbe stato bello.

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E' stata un edizione del TT storica, caratterizzata da una pioggia di record. Clima, nuovo asfalto, nuove mescole delle gomme, moto migliorate... Ci racconti il segreto di queste performances?

Il segreto è stato solo il clima, perché è stato bel tempo per tutte e due le settimane. Con il caldo la strada è stata perfetta, non abbiamo trovato nemmeno l'umidità nei tratti che tagliano i boschi e questo ha permesso a tutti di spingere dal primo all'ultimo giorno. Sai, in queste condizioni, se ti fermi anche solo per un giorno a cause della pioggia, dopo non riparti alla stessa maniera. Il bel tempo, invece, ha consentito di torvare da subito il ritmo e di miglioralo di sessione in sessione. Inoltre, l'elemento umano non va tralasciato: Hickman, Dunlop e Harrison erano talmente agguerriti da tirare fin da subito senza perdere tempo.

Poi hai tolto la tuta da pilota per vestire l'altra tua "divisa" quella da meccanico. Al Manx hai supportato Francesco Curinga, ti è piaciuta l'esperienza?

E' stato bello, anche da meccanico non è male vivere la gara. Sai cosa devi fare quindi non c'è molto di nuovo... A parte l'ansia che hai quando sei lì al muretto ad aspettare che i piloti tornino! Ho provato sulla mia pelle che sono momenti lunghissimi da vivere. Francesco è un mio amico è stata una bella esperienza aiutarlo e confrontarsi con lui sul metodo di lavoro.

Hai parlato dell'ansia di chi aspetta al muretto, la domanda personale è d'obbligo a questo punto. Il 2018 è stato un anno nero per le road races, travagliato dalle morti di William Dunlop, Dan Kneen e i gravissimi incidenti a Steve Mercer e Ivan Lintin. Questo sport si porta dietro sempre il solito dubbio: che senso ha rischiare la vita in moto, come vivete questo rischio voi piloti?

Logicamente non è bello, però potrei risponderti che si rischia di morire anche andando in bicicletta. Ammetto che le gare sono un contesto diverso, vedere coinvolti piloti bravi e famosi impressiona... Ma allora, per gli stessi principi dovrebbero vietare tutti gli sport estremi, dove le probabilità di morire sono alte. Gli inglesi sono molto freddi sull'argomento, non ne fanno una tragedia perché la fatalità è considerata come parte del gioco ed evitano le polemiche che ci sono da noi. La passione che hanno per questo sport li fa correre sempre e comunque, è una questione di mentalità che differisce in maniera diametralmente opposta alla nostra. Quando corro ai rischi ci penso ogni volta, anche se oramai il modo di pensare anglosassone l'ho fatto mio.

Chiariamo questo punto. Come faresti capire a chi non conosce il mondo delle corse su strada che i piloti, una volta calata la visiera del casco, sono consci dei pericoli che corrono e delle scelte di vita che hanno fatto?

Spesso, chi non vive questo mondo, mi dà del matto a partecipare al TT e alle road races. Però, le volte che partecipo a gare su pista come Varano o Francia Corta, noto che chi corre in pista è come se ragionasse di meno su quello che fa rispetto a chi corre al TT. Inconsciamente in pista sai che corri pochi rischi e allora ti butti dentro in curva al minimo spazio, tiri staccate e dai sportellate senza pensare. Sul Mountain non è cosi, devi saperlo quello che fai ed essere concentrato in ogni metro di una gara svolta in mezzo alle case. A chi mi dà del matto rispondo con un esempio. Tra tutte le classi, sull'Isola di Man, ci sono circa 250 piloti che corrono a tutta per due settimane, coprendo circa 2100 km. Purtroppo la statisca dice che queste condizioni causano la morte di uno o due piloti all'anno. Mettete le stesse condizioni in una pista come il Mugello o Misano e vedrete che i morti, a causa dello stile di guida del circuito, sarebbero molte di più.

La Paton si è confermata la moto da battere della classe Lightwieght. Dove è migliorata quest'anno?
I miglioramenti di quest'anno sono dovuti principalemente a modifiche del regolamento tecnico. Si poteva alzare il limitatore del motore con altri 200 giri, oltre ad aggiornamenti a accensione e frizione. Per il resto la moto è quella del 2017.

Programmi futuri: ora è arrivato il momento delle vacanze o sei già in officina?
Adesso sono già in officina vedi tu! L'anno prossimo lo pianifichiamo con calma, penso che il programma non cambierà di molto. Ho però un sogno: nel 2019 vorrei correre alla Pikes Peak vediamo se riusciamo a realizzarlo.

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