Yamaha e Suzuki resteranno cinque settimane in Qatar
I vertici di Yamaha e Suzuki hanno informati i membri dei loro team che non potranno tornare a casa e dovranno rimanere in Qatar fino alla conclusione del secondo Gran Premio della stagione.

Anche se la questa possibilità era già sul tavolo, è stato solo nelle ultime ore che i vertici di entrambi i marchi hanno optato per una decisione più consevativa, ma impopolare tra le loro truppe.
Uno dei tecnici della Ducati è risultato positivo all'arrivo all'aeroporto di Hamad, insieme ad altri due meccanici Avintia.
Nel caso della Honda, i membri giapponesi della Casa dell'Ala dorata avevano già progettato di rimanere in Qatar, date le difficoltà che il loro paese crea per i passeggeri provenienti dall'estero.
In totale, dovranno rimanere nell'Emirato per circa cinque settimane, fino alla conclusione della seconda gara della stagione, fissata per domenica 4 aprile. Un soggiorno che, inoltre, sarà condizionato da un rigido protocollo stabilità dalle autorità del paese e dai responsabili del campionato.
In questo protocollo speciale, tutti i membri del paddock sono molto limitati nei loro movimenti, al punto di essere confinati negli hotel.
Infatti, l'unico modo per uscire dalle strutture è andando in circuito, e sempre utilizzando il servizio navetta che è stato coordinato per questo scopo. Un sistema che, come previsto, genera anche situazioni particolari.
La cosa curiosa è che i piloti di Yamaha e Suzuki hanno carta bianca per tornare a casa dopo il secondo test, che termina venerdì della settimana prossima (12 marzo), prima di dover tornare a Losail giovedì 25 marzo.
Questo è qualcosa che, sulla carta, non ha molto senso data l'importanza dei piloti in questo sport. Nel caso in cui un tecnico risulti positivo, può sempre essere sostituito o isolato. Nel caso di un pilota, la sua sostituzione avrebbe un impatto molto più grande sulla squadra in questione, e probabilmente significherebbe iniziare il campionato del mondo con il piede sbagliato.
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