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Petrucci: "Farei gioco di squadra a Portimao. Per Dovi..."

Il vincitore di Le Mans ha spiegato il gesto del silenzio in un'intervista alla Gazzetta dello Sport, nella quale ha mandato diversi messaggi alla Ducati.

Danilo Petrucci, Ducati Team

Danilo Petrucci, Ducati Team

Gold and Goose / Motorsport Images

"E' stata una grande liberazione". Danilo Petrucci è stato molto diretto quando a caldo ha parlato della bellissima vittoria conquistata domenica a Le Mans, arrivata a porre fine ad un periodo di profonda crisi, nella quale aveva visto piano piano svanire la fiducia intorno a sé, da quella della Ducati fino a quella degli addetti ai lavori.

Liberazione quindi forse era proprio la parola più adatta per descrivere quello che ha provato dopo essere passato per primo sotto alla bandiera a scacchi. Non è passato inosservato però anche un gesto che "Petrux" ha fatto una volta arrivato al parco chiuso, portandosi il dito indice alla bocca, come a dire di fare silenzio.

In molti hanno pensato che fosse rivolto a Gigi Dall'Igna, direttore generale di Ducati Corse, quindi il pilota di Terni ha cercato di spiegarlo un po' meglio in un'intervista che ha concesso alla Gazzetta dello Sport.

"Sì, ma era una battuta. Ognuno fa le proprie scelte e io ho rispettato molto la sua di mettere Jack al posto mio. Mi sarebbe piaciuto di più giocarmela, ma nel 2021 corro nella squadra dove avrei voluto andare, quindi non avrei potuto desiderare di meglio" ha spiegato Danilo.

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Poi ha chiarito che era rivolto un po' a tutto il "rumore" che ha sentito intorno a lui da quando è entrato in difficoltà nella seconda metà della scorsa stagione.

"Ma quel gesto era per tutti, con quelle che ho sentito. Sono molto anti-social e leggo di tutti gli sport tranne che di moto, però magari vai al bar nella giornata in cui non vuoi sapere niente e il barista ti dice: 'oh però la prossima volta i punti prendiamoli...'".

"Al debrief di Misano ad ascoltarmi c'erano due giornalisti e quando ho detto che volevo tornare a vincere avevano delle facce... Magari vincere una sagra. E' stato per quello il zitti tutti".

Riguardo alle sue difficoltà, Petrucci ha ammesso anche che non sentire la fiducia all'interno della Ducati gli ha creato del malessere e per il futuro ha consigliato alla Casa di Borgo Panigale di pensare un po' di più alla persona che c'è dietro al pilota.

"Io credo che debba essere data importanza non solo al pilota, ma anche alla persona, mentre si tende a mettere attenzione solo sulla parte professionale".

"Non tutti i piloti possono essere trattati alla stessa maniera e a me, quando ho capito che non ero più io e non c'era la voglia da parte loro di credere in me, questo non ha fatto bene. Per loro la moto ha la stessa importanza del pilota".

Domenica tra i suoi avversari nella battaglia per la vittoria c'era anche il compagno Andrea Dovizioso, con il quale in questi anni ha instaurato un bel rapporto di amicizia.

Quando infatti gli è stato chiesto se sarebbe disposto a fare gioco di squadra nell'ultima gara a Portimao, ha detto che lo farebbe, lasciando intendere però che sarebbe un gesto più rivolto al forlivese che al team.

"Sì, lo aiuto. Vincere un Mondiale è una cosa grande e mi piacerebbe se lo vincesse Andrea. Se posso aiutarlo e servisse, io lo farei. Per Andrea".

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