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Ciabatti: "Dovi è una realtà, Spies sarà la sorpresa"

Il Project Director della Ducati analizza con quali forze la Casa bolognese affronta il mondiale 2013

Ciabatti:
Paolo Ciabatti ama le sfide. Le imprese difficili non lo hanno mai spaventato. Il suo compito è ricostruire la Ducati Corse dopo due anni complicati e conflittuali con Valentino Rossi. Il MotoGP Project Director risponde direttamente al Direttore Generale, Bernhard Gobmeier, e al Presidente, Gabriele Del Torchio. La Casa di Borgo Panigale si è data un programma triennale per tornare al vertice del Motomondiale. Non cerca scorciatoie, anche se è molto impegnativo ripartire praticamente da zero. Nessuno parla di vittorie: anzi la prima parte del campionato che partirà in Qatar il 7 aprile servirà a rimettere le basi ad una squadra che ha bisogno di ritrovare la fiducia nei propri mezzi. Viste le premesse, Paolo Ciabatti cosa ci vuole mettere di suo in questa stagione 2013? ”Conosco bene la Ducati Corse: ci ho già trascorso dieci anni importanti della mia vita, dai quaranta ai cinquant’anni, vale a dire dal 1997 al 2007. È un’azienda che mi ha dato tanto e alla quale penso di aver dato qualcosa anch’io. Insieme abbiamo vinto sei titoli mondiali in Superbike e la gara MotoGP di Valencia nel 2006 con Troy Bayliss. Siccome conosco il mondo dei ducatisti e la percezione che questi hanno dell’azienda, non nascondo che da fuori ho un po’ sofferto nel vedere una Ducati che veniva presa costantemente di mira per quello che stava succedendo in MotoGP negli ultimi due anni. Credo sia stato importante cambiare l’approccio del team non solo in azienda ma anche in pista”. Cosa vuol dire cambiare l’approccio? “Io ritengo che le cose vadano fatte con coscienza dei propri mezzi e con umiltà. L’importante era dare alle persone della squadra dei ruoli chiari. Per una serie di motivi ci sono state figure che si sono dovute fare carico di aspetti che non erano i propri. Rimettendo ciascuno nella condizione di concentrarsi sul proprio ruolo, ognuno potrà esprimersi al 100% delle sue capacità. Io sono il responsabile di Ducati nel mondo della MotoGp, tanto nei momenti belli che in quelli brutti: sono a diretto contatto con il direttore generale, Bernhard Gobmeier e il presidente, Gabriele Del Torchio. Sarò io la faccia di Ducati nelle corse in MotoGP: toccherà a me affrontare qualsiasi problema, ma cercherò di mantenere il mio approccio aperto, con un atteggiamento mai presuntuoso”. Che significato ha l’essere tornato in Ducati? ”Sono fiero di aver la responsabilità di gestire un gruppo di lavoro composto da cosí tante persone. Ci saranno momenti felici in cui gioiremo insieme perché avremo ottenuto un buon risultato, e spero che accada presto, ma ci saranno anche momenti in cui dovremo stare uniti perché le cose non andranno bene. Credo che si possa vincere senza presunzione ed anche perdere con dignità. Questa è la linea che cercherò di dare al team, e vorrei che tutti avessimo questo approccio mentale. La Ducati è un’azienda piccola, fatta di gente che lavora con impegno, capacità e passione e che vuole tornare a vincere in un campionato dove ci sono in campo forze molto più grandi. Ce l’abbiamo fatta in passato e spero che ci riusciremo di nuovo. Mantenendo la nostra identità: siamo italiani, molto appassionati, con tanta competenza tecnologica e cerchiamo di fare bene un compito difficilissimo con l’umiltà necessaria in questo caso”. Insisti molto su questo aspetto… ”Voglio che i rapporti con tutto il mondo che ruota intorno alla MotoGp tornino ad essere distesi, affrontando le situazioni sempre con chiarezza ed onestà. Questo è il mio modo di essere che è anche quello di Bernhard Gobmeier. Siamo in perfetta sintonia…”. Schierate quattro Desmosedici GP13, due moto ufficiali e altrettante affidate alla Pramac: avranno uno sviluppo parallelo nel corso della stagione? “Abbiamo un team ufficiale e un team supportato ufficialmente, e siamo partiti con tutti i piloti alla pari. Ai test abbiamo portato quattro kit evoluti con le masse centralizzate e il diverso serbatoio e ne abbiamo dati uno per pilota, evitando di riservarne due di scorta per Dovizioso e Hayden. Con questo penso di aver detto tutto. Il nostro obiettivo mi sembra evidente. Poi è chiaro che nel corso della stagione potrà anche succedere che non si possa avere la capacità di portare contemporaneamente tutto il materiale per otto moto. Se sarà necessario fare delle scelte vorrà dire che le affronteremo, ma abbiamo quattro piloti sotto contratto e cercheremo di metterli sempre nelle stesse condizioni. Diversamente ne parleremo sempre prima con il team Pramac per trovare una soluzione condivisa.”. La Ducati dopo Valentino Rossi ha voluto Andrea Dovizioso, un pilota che non si è ancora rivelato un vincente (si è aggiudicato un solo Gp nella classe regina): è un limite del vostro programma? “Premetto che considero Dovizioso un top rider. È un pilota che lo scorso anno è salito diverse volte sul podio. È giovane, ma ha già tantissima esperienza. Ha guidato una Yamaha satellite che mi dicono non fosse molto diversa da quella ufficiale e prima è stato pilota ufficiale Honda. È molto veloce, vanta un’esperienza recentissima sulle moto dei concorrenti: Andrea, insomma, ha un approccio mentale che è in linea con il nostro programma che non prevede di vincere il mondiale quest’anno. Dovizioso è un pilota che ha la voglia, l’impegno e la pazienza di crescere con noi, senza l’assillo di dover vincere subito. Se uniamo tutto questo alla sua estrema sensibilità tecnica (c’era molto di suo nello sviluppo della Honda MotoGP) penso che sia l’uomo giusto al momento giusto. Spero che riusciremo insieme a metterlo nella condizione di lottare per la vittoria: in gara è estremamente veloce e coriaceo”. Ben Spies sembrava orientato al ritiro dopo una stagione disastrosa. La Ducati gli ha offerto una possibilità di rilancio: come hai trovato l’americano? “Ho trovato un pilota alle prese con i suoi malanni dovuti alle cadute dell’anno prima. Non ha corso l’ultima gara del 2012. Ha subito un’operazione in cui gli hanno riattaccato un tendine alla spalla. Ben aveva la necessità di recuperare da una serie di botte e, come si dice a Roma, ha anche patito qualche bella capocciata. Insomma incidenti che lasciano dei segni: le loro conseguenze si cancellano solo se si ha il tempo per recuperare. Spies di tempo ne ha avuto, ma nei test di Sepang non era ancora scongiurato il rischio di qualche ricaduta. Quando si hanno una spalla e un braccio più deboli, si forza su quell’altro. Credo che Ben sia un pilota di enorme talento. Lo conosco da quando aveva 16 anni e correva in America: anni fa lo volevo portare alla Ducati per correre il Campionato AMA Superbike…”. C’è chi scommette che potrebbe essere il primo pilota a riportare la Ducati a vincere… “Ben ha dimostrato di essere un vincente, sia nel Campionato AMA, che ha vinto per tre volte consecutive, che nel Mondiale Superbike, dove ha vinto al suo esordio nel 2009. E due anni fa in MotoGP ha vinto ad Assen e ha perso la gara di Valencia solo per pochi millesimi, ma poi ha vissuto un 2012 veramente difficile, non solo per le cadute, ma anche per come ha vissuto tutta la sua stagione con Yamaha. Ad un certo punto aveva deciso di alzare bandiera bianca, twittando che non avrebbe più corso in MotoGP. Spies esce sicuramente da un anno tormentato e inoltre è una persona particolare, piuttosto introversa, che esprime in pista quello che non mostra fuori”. Al di là del credito di fiducia come lo vedi? ”Se la Ducati l’ha preso, e io non ero ancora rientrato, è perché l’azienda lo ha ritenuto un pilota con un potenziale molto elevato. L’ha dimostrato in Superbike e poi in MotoGP specie nel 2011. Spero che riusciremo a metterlo nella condizione di dare il suo meglio, perché non credo che un talento come quello di Ben Spies possa essere sparito. Ci sono situazioni in cui il pilota deve avere il tempo per rimettere insieme i cocci fisici e magari quelli psicologici frutto di una situazione che lo ha profondamente frustrato. Lui è il primo che vuole tornare a stare davanti. Ben prima deve guarire al 100% se vuole guidare moto così potenti e fisiche come la nostra. Conto che nella seconda parte della stagione possa dimostrare di essere il pilota che tutti conosciamo”. Cosa puoi dire degli altri moschettieri Ducati? “Abbiamo piloti con caratteristiche completamente diverse. Iannone è un esordiente, ma era l’unico pilota che in Moto2 impensieriva Marquez e magari non disponeva dello stesso materiale. Se tanto mi dà tanto, è un pilota con un grande talento che sta imparando molto velocemente la MotoGP su una moto complessa come la nostra. Nicky è quello di cui parliamo di meno perché è con noi da cinque anni e, purtroppo per lui, è anche quello che ha vissuto la nostra crisi negli ultimi due anni”. Forse più che vissuta l’ha subita? “Ovviamente l’ha subita. Quando hai come compagno di squadra Valentino e quando Rossi non riesce ad ottenere i risultati che lui e la Ducati si aspettano, è chiaro che l’azienda abbia concentrato lo sviluppo sulle esigenze di Valentino. Non potendo fare lo sviluppo della moto per i due piloti, Nicky ha ricevuto il materiale che era stato prodotto sulle indicazioni di Valentino. E anche se il termine è antipatico, in qualche modo Hayden ha subito una moto che era stata sviluppata per il compagno di squadra…”. In queste condizioni chissà quanto era contento quando riusciva anche a stargli davanti... “Il primo avversario è sempre il compagno di squadra: in qualsiasi sport dei motori”. Nel 2013 ci sarà una gerarchia nelle squadre Ducati? “No, non ci sono mai state nelle squadre in cui ho lavorato, neanche in SBK. È chiaro che le gerarchie possono venire fuori nel finale del campionato se un pilota è in lizza per il titolo e l’altro è tagliato fuori. Questo è normale e penso che lo capiscano anche i piloti. In squadra i dati sono a disposizione di tutti i piloti”. Iannone può usufruire della telemetria di Dovizioso? “I tecnici che lavorano sulle quattro Desmosedici sono di Ducati Corse, quindi sono ingegneri che alla fine di ogni giornata di pista si ritrovano tutti insieme in lunghi meeting. Ciascuno ricerca il miglior set up per il proprio pilota, ma le informazioni sono condivise fra tutti i race engineer”. Marc Marquez al debutto in MotoGP ha impressionato: lo spagnolo può essere vincente subito? “Sapevamo che Marc è un pilota molto forte, ma ci sta sorprendendo per le prestazioni che riesce a tenere. Nei test di Austin è stato sempre il più veloce. Sta andando oltre le aspettative e credo che sia un’opinione diffusa. A Sepang aveva cercato il limite e lo ha anche trovato cadendo alcune volte: è un pilota che guida sempre al limite, che rischia. Può anche vincere al primo anno: si tratta di capire se riuscirà a tenere questo stile di guida aggressivo senza commette troppi errori, perché in quanto a velocità pura è impressionante”. Per concludere: dovendo mettere in fila i quattro top rider quale sarebbe la tua personale griglia? “Lorenzo ha un passo di gara spaventoso, mentre Dani è più difficile da interpretare perché spesso di nasconde. Per rispondere alla domanda: a mio parere davanti c’è Lorenzo, poi Pedrosa, Marquez e Rossi”. In attesa che Dovizioso riesca ad agganciarsi a questo trenino con la GP13…

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