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MotoGp: quante figuracce a Phillip Island!

La Bridgestone abbia sottovalutato i gravi problemi di gomme, mentre la Honda HRC ha preso rischi inutili

Diciamolo subito: se quello che è accaduto a Phillip Island in MotoGp alla Bridgestone fosse successo in Formula 1, Paul Hembery, direttore di Pirelli Motorsport, sarebbe stato crocefisso sul posto. La potenza del fornitore giapponese nel Motomondiale, invece, ha fatto piegare tutte le regole alle esigenze del marchio nipponico. Con la sicurezza non si scherza: siccome le gomme non tenevano i 26 giri previsti (già uno in meno rispetto a quanto pianificato alla vigilia), la direzione di gara ha deciso di ridurre la distanza della corsa a sole 19 tornate. L’analisi dei dati del warm up aveva messo in allarme i tecnici della Bridgestone che avevano chiesto una riduzione del chilometraggio di gara, obbligando i piloti ad un pit stop per il cambio di moto fra il 9. e il 10. giro. Insomma è stata adottata la procedura del flag to flag come se fosse improvvisamente venuto a piovere, dal momento che l’aumentato grip del nuovo asfalto di Phillip Island aveva prodotto un pericoloso blistering sugli pneumatici. Si vedevano dei veri e propri “crateri” con pezzi di mescola che si staccavano all’improvviso. BRIDGESTONE IMPREPARATA Questa volta i nipponici sono arrivati impreparati per far fronte al problema (sorte simile è toccata in Moto2 anche alla Dunlop), ma già nella gara che aveva aperto il campionato Superbike a fine febbraio si era capito che sul tracciato australiano erano drasticamente cambiati i coefficienti di attrito del nuovo manto, ma non si è fatto nulla per prevenire un guaio che era… annunciato. Dei gommisti normalmente si parla poco, specie nei campionati dove vige il regime del mono-fornitore, e le coperture diventano protagoniste solo quando si creano dei problemi. IL PRECEDENTE MICHELIN IN F.1 Tornando alla Formula 1 è facile fare riferimento al Gp degli Stati Uniti del 2005 svolto a Indianapolis solo dalle sei monoposto gommate Bridgestone (due Ferrari, due Jordan e altrettante Minardi). Tutte le altre vetture, che avevano “scarpe” Michelin, effettuarono solo il giro di ricognizione prima di rientrare ai box perché il costruttore francese aveva obbligato le squadre a non prendere parte alla corsa poiché il pneumatico posteriore sinistro, in appoggio sul curvone sopraelevato, non era in grado di reggere le grandi sollecitazioni di un run di gara. Il fatto fu eclatante: il pubblico americano ripudiò la Formula 1 e la Michelin fu costretta a uscire dal Circus per la figuraccia. LE ESPLOSIONI PIRELLI A SILVERSTONE Anche la Pirelli è finita nel tritacarne in occasione del Gp di Gran Bretagna di quest’anno quando si è registrata l’esplosione di quattro pneumatici mentre le monoposto erano impegnate ad alta velocità sui curvoni di Silverstone. E la Casa milanese è stata sottoposta ad un bombardamento di polemiche che hanno minato l’ottimo lavoro svolto nelle due stagioni precedenti. Il fattaccio ha fatto seguito alle delaminazioni che si erano già registrate in Bahrein e a Barcellona. Il fornitore italiano è stato costretto dalla FIA a riesumare le costruzioni del 2012 (più kevlar e meno acciaio che scalda di più), dopo che qualche team aveva bocciato gli pneumatici sperimentali che erano stati portati in precedenza a Montreal, nelle prove libere del Gp del Canada. Una scelta che ha condizionato pesantemente il mondiale: la Ferrari che era competitiva con le coperture 2013 è andata in crisi con le carcasse 2012 (il diverso disegno della spalla - tondo l’anno scorso e squadrato in questo campionato – ha modificato l’efficacia degli scarichi soffianti, facendo diventare un problema aerodinamico una questione che sembrava solo una questione limitata all’affidabilità delle gomme). LA VOCE DI VALENTINO La Pirelli ha rischiato di essere “cacciata” dalla Formula 1, mentre a Phillip Island nessuno ha avuto niente da dire sulla Bridgestone. E questo è veramente incredibile. Non la Dorna, non la commissione sicurezza. L’unico che ha avuto il coraggio di esprimere quello che pensa è stato Valentino Rossi. Il Dottore, seppure con un tono scherzoso ("Questa formula non è per niente male. Anzi, fosse per me farei due cambi moto: quella corsia dei box così lunga e così lenta mi ha permesso di riprendere fiato"), ha messo l’accento sulla responsabilità dei giapponesi, aprendo uno squarcio di verità. "In questa situazione non si poteva fare diversamente. È stata la soluzione migliore. Però per il futuro occorrerà che la Bridgestone vada a fare i test sulle piste nuove e con l'asfalto rifatto. Non con un pilota qualsiasi, ma con uno in grado di fare venire fuori gli eventuali problemi". Tutti gli altri, invece, sono stati colpevolmente zitti. FIGURACCIA HONDA E la Honda HRC ha rimediato una figuraccia, azzardando la tattica di gara più temeraria, quando avrebbe dovuto scegliere la strategia più conservativa avendo Marc Marquez in testa alla classifica mondiale con 43 punti. “El Cabronsito” è stato fermato da una bandiera nera perché ha percorso un giro in più di quelli concessi dalle circolari informative degli organizzatori. Formalmente lo spagnolo non ha tagliato l’undicesima tornata, perché il box della Honda HRC si trovava prima del traguardo, ma ha disatteso una procedura di sicurezza stando in pista oltre limite che era stato fissato dal Costruttore, per cui non ci ha stupido la sanzione più dura (per quanto arrivata con colpevole ritardo). LA CURA DEI PARTICOLARI E ora Marc Marquez si ritrova con un margine di appena 18 punti su Jorge Lorenzo e con Dani Pedrosa a 34 lunghezze. Il catalano non deve iniziare ad avere paura della sua ombra, perché merita di diventare campione del mondo nell’anno del debutto nella classe regina, ma deve fare tesoro anche delle esperienze più negative per crescere. La 50esima vittoria del maiorchino nel Motomondiale è frutto anche della maniacale preparazione di Jorge: il cambio moto, infatti, lo ha provato e riprovato prima della corsa fintanto che ha raggiunto un automatismo sufficiente a non perdere tempo prezioso in pit lane. A volte, infatti, non basta avere la moto più competitiva per vincere, tralasciando particolari che possono incidere sul risultato finale…

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