Marquez ai raggi X: ce lo racconta Santi Hernandez
Santi Hernandez, ingegnere di pista di Marc Marquez, ha fatto una radiografia della carriera del campione della MotoGP, sottolineando gli episodi chiave della sua crescita.
Foto di: Gold and Goose / Motorsport Images
La parabola del pilota della Honda nel Motomondiale non è mai stata piatta, lasciandoci scene che rimarranno per sempre nella memoria collettiva. La rimonta dall'ultimo posto in griglia in 125cc in Portogallo (2010). Il grave infortunio che ha subito in Moto2 (2011), che gli sarebbe potuto costare la vita ed il ritiro. Più recentemente, in MotoGP, gli scontri con Valentino Rossi o le tante cadute, su tutte quella ad oltre 300 km/h al Mugello nel 2013 o quella di due settimane fa a Buriram, nel weekend in cui si è laureato campione per l'ottava volta.
Esempi che hanno permesso a Marc di acquisire una dimensione colossale ed affermarsi come il riferimento indiscusso dell'ultimo decennio, con sei titoli in classe MotoGP in appena sette anni, ottenuti stracciando ogni tipo di record.
Escluso il pilota di Cervera, se c'è qualcuno che può riferire in maniera accurata sugli sviluppi del #93 negli ultimi anni, questo è il suo capo tecnico, una figura che è stata recentemente ribattezzata ingegnere di pista.
Santi Hernandez, come sa l'intero paddock, non è solo responsabile di trovare le migliori soluzioni tecniche in qualsiasi momento, ma anche in molti casi il confidente e, in qualche modo, lo psicologo di Marquez. Insieme hanno celebrato vittorie e pianto per alcune sconfitte. Ma tutto questo ha reso il catalano il pilota che è oggi.
"Marc aggiunge più conoscenze ogni anno e la sua curva di apprendimento è eccezionale. Nei primi due anni è andato tutto bene perché era giovane, non aveva pressione. La moto lo ha aiutato e la differenza con gli altri lo ha permesso" ha detto Hernandez a Motorsport.com.
Lo spagnolo si riferisce al titolo che hanno celebrato nel 2013, nell'anno del debutto in MotoGP, e al 2014, quando Marc infilò una serie di dieci vittorie consecutive all'inizio del campionato. Dopo questa grande escalation, c'è stato il primo stop: Marquez ha chiuso terzo nel 2015, staccato di 88 punti dal campione Jorge Lorenzo e con sei zero sul suo cammino.
"Bersaglio grande o infermeria. Questa frase ritrae quel momento molto bene. Ma nel 2015 si è reso conto che per vincere i Mondiali doveva rinunciare a quella modalità. Ha capito che per raggiungere l'obiettivo più importante ci sono dei momenti in cui si sarebbe dovuto accontentare di finire terzo o addirittura quinto" ha continuato Santi, prima di evidenziare quali benefici immediati ha avuto quel cambiamento di mentalità.
"L'anno seguente (2016) abbiamo vinto con una moto meno competitiva delle altre. Marc lo sapeva, abbiamo avuto molte difficoltà, ma non ha mai gettato la spugna. Al contrario, questa era la sua motivazione. Non ha mai cercato scuse, perché sapeva che non sarebbe servito a nulla. Entrava in pista e lo faceva al 200%. Dove non arrivava la moto, ci sarebbe arrivato lui" ha detto Hernandez, riferendosi probabilmente ad uno dei titoli più sudati.
Poi sono arrivati i titoli 2017 e 2018, con Dovizioso come avversario ed un Marquez che ha gestito sempre la situazione alla perfezione, e l'ultimo, quello del 2019, probabilmente quello della sua miglior stagione in MotoGP in termini di superiorità e di costanza.
"Continua ad imparare. Ora, ad esempio, riesce a vincere anche scappando fin dal primo giro, un qualcosa che fino a quest'anno ci mancava. Non so davvero quale sia il suo limite" ha concluso Hernandez, che questo fine settimana andrà a caccia della decima vittoria stagionale e del 15esimo podio in 16 gare con il suo pilota.
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