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FB Corse: i precedenti illustri

Progetto interessante, o minestra riscaldata?

Lo scetticismo dev’essere caratteristica connaturata in chi segue il mondiale – per diletto e professione – da tanti anni. Quello scetticismo che impedisce, il più delle volte, di condividere l’entusiasmo di PR, sponsor e appassionati anche quando nascono progetti seriamente innovativi come, chiariamolo subito, è il caso del team FB Corse, che dovrebbe correre la prossima stagione – perdonateci, ma il condizionale è d’obbligo – con un mezzo progettato da Oral. BRIVIDO CADALORA Già, perché tralasciando per un attimo l’eccitazione suscitata dall’eventuale rientro di Hopkins, pilota che tutto sommato una sella nel mondiale se la merita, e il brivido nostalgico nel pensare che possa davvero essere il tre volte campione del mondo Luca Cadalora ad effettuare i test preliminari del mezzo, che già conosce avendolo provato e riprovato quando si chiamava…BMW, è abbastanza inevitabile ricordarsi che il team aveva promesso di correre già a Valencia 2009. SCALDA CUORE Intendiamoci: un mezzo nuovo su una griglia ai minimi storici è roba da scaldare il cuore anche del più incancrenito dei disfattisti, e non è un caso che Dorna e FIM abbiano concesso deroghe a mezzo regolamento 2010 per consentire a questa nuova MotoGP per correre. Ma, pur con piena fiducia nelle capacità tecniche dell’atelier di Forghieri, e in quelle organizzative di Sergio Bertocchi, che per tanti anni ha gestito il miglior team privato Kawasaki in Superbike, chi segue da tanto il mondiale non può fare a meno di farsi venire in mente brutti ricordiAVVENTURA DI SUCCESSO? Curiosamente, più si va indietro, più certi esperimenti avevano successo. Chi ricorda i nomi di Fior (telaista svizzero che correva con ciclistiche autocostruite su motori Yamaha in 500), Cobas (che vinceva mondiali nelle piccole cilindrate facendosi le moto da sé) o addirittura De Cortanze (che con il team Elf sperimentava soluzioni ciclistiche alternative salendo sul podio in 500, ed è diventato ricco vendendone i brevetti alla Honda) potrebbe pensare che un’avventura come quella di FB Corse non possa che avere successo. Ma più ci si avvicina ai tempi odierni, più la polvere dorata che abbellisce i ricordi non ha fatto in tempo a posarsi, e le cicatrici lasciate da esperienze come WCM, Proton/KR o Ilmor iniziano a prudere. COME DITE? NON LI RICORDATE? Il team WCM (World Championship Motorsports) è nato nel 1992, ad opera dell’eccentrico, appassionato miliardario statunitense Bob MacLean (uno degli artefici dell’arrivo di Rainey al mondiale) e del tecnico, pilota e giornalista britannico Peter Clifford. I due iniziarono con le ROC Yamaha V4, facendo correre nomi come Mackenzie, Hodgson, e poi, con l’arrivo dello sponsor Red Bull, Cadalora, Corser, Crafar (che portò a casa la prima vittoria del team), Laconi, McCoy e – guarda un po’ – il debuttante Hopkins. COSTI ALLE STELLE Insomma, un team fatto di gente che di corse ne capisce, ma un team rimasto fregato dal passaggio alla MotoGP. Con costi schizzati alle stelle e nessuna moto privata a disposizione – Yamaha ha scelto Poncharal per schierare le sue moto private, e lo sponsor Red Bull è scappato – il team si è avventurato, nel 2003, nella produzione in proprio di una MotoGP. Nel bel mezzo di una guerra legale fra Dorna e Flammini per la gestione di un mondiale a quattro tempi, il team WCM ha pagato il “peccato originale” del suo mezzo: il fatto che, più o meno ufficiosamente, prendesse ispirazione da qualche pezzo R1 nella realizzazione del suo motore. Dopo una lunga e dolorosa telenovela, il mezzo – peraltro più fermo di un chiodo, se ci passate l’eufemismo – è stato dichiarato non conforme al regolamento in quanto derivato di serie, e il team WCM ha dovuto rispolverare due 500 dell’età della pietra – proprio quelle Harris e ROC con cui correvano nel 1992 – per finire la stagione. L’anno dopo arriva la partnership con Blata, un’azienda cecoslovacca produttrice di minimoto (!), che dovrebbe fornire il motore a sei cilindri. Moto e motore non sono praticamente mai arrivati, e a fine stagione l’esperienza è finita nel dimenticatoio. MEGLIO ROBERTS Più successo aveva avuto il team Roberts, che, dopo aver mandato a quel paese Yamaha, aveva dato il via alla produzione di mezzi propri. Prima in partnership con Modenas, poi con Petronas, infine con Honda, l’engineering dell’ex campione del mondo basato a Bambridge, nel cuore dell’”F1 District” britannico, ha prosciugato le casse degli sponsor correndo con tre cilindri a due tempi, V4, V5 a quattro tempi per poi… fare ciclistiche per il plurivincitore motore Honda V5 RC211V. E anche le ciclistiche, vociferano i maligni, hanno iniziato ad andare davvero bene solo dopo che proprio Honda ha fornito “pesanti” consulenze al team. Dopo una (disastrosa) stagione con l’800 della RC212V, nel 2008 il team Roberts, dopo quasi 25 anni, non ha preso il via del motomondiale. ILMOR: CHI L'HA VISTA Ilmor è durata ancora meno di tutte e due. Mario Ilien, famosissimo motorista svizzero con un glorioso passato in F1 (come motorista indipendente e per la Mercedes) che aveva presentato in pompa magna il suo motore MotoGP, una volta riscontrato il prevedibile doloroso fatto che nessuno aveva la benché minima intenzione di pagare 10 milioni di euro (!) per comprare il propulsore e poi spenderne altrettanti per fare la ciclistica e andare a correre, ha pensato bene di farla vedere a tutti, e farsi tutto da sé. Risultati dimenticabili, un sacco di euro buttati via, e la morte civile delle carriere di McWIlliams e Pitt, oltre al (nuovamente prevedibile) risultato di ritirarsi dopo tre gare sono gli unici ricordi che la Ilmor ha lasciato in MotoGP. COLPO DI SPUGNA Allora, che dire? Speriamo che sia l’avventura tutta italiana quella destinata a cancellare con un colpo di spugna tanti brutti ricordi. In bocca al lupo, FB. Ne avrete bisogno. Magari, facendo esperienza con un motore che difficilmente avrà futuro, anche solo per l’ormai certo passaggio al 1000 prototipo di serie” dal 2011, si potrebbe costruire qualcosa in grado, poi, di raggiungere ben altri risultati negli anni successivi. In Italia, dopotutto, i team li sappiamo fare e gestire molto, molto bene…

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