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Dall'Igna: "Vogliamo riprenderci un margine di motore su Honda"

La Casa di Borgo Panigale ha cercato la guidabilità con la nuova Desmosedici GP, ma anche sotto alle carene pulsa un motore che ancora più potenza. Ecco cosa ha svelato il direttore Generale di Ducati Corse durante la presentazione di oggi.

Gigi Dall'Igna, Direttore Generale Ducati Team

Gigi Dall'Igna, Direttore Generale Ducati Team

Gold and Goose / Motorsport Images

In base al lavoro che avete fatto durante l'inverno sei più tranquillo o agitato rispetto agli anni passati?
"Essere tranquilli all'inizio della stagione è impossibile. E' chiaro che la curiosità di vedere cosa hanno fatto anche gli altri è sempre tanta, così come la curiosità di misurarsi con gli altri. Il primo test non sarà mai una cartina tornasole per capire come andrà il campionato, ma è il primo momento in cui ci si confronta, quindi tranquilli non si può mai essere".

L'obiettivo ancora una volta sembra abbastanza chiaro...
"Il target sarà sempre lo stesso degli ultimi due anni: provare a lottare per il Mondiale e, se possibile, portarcelo a casa. Non è semplice, come sempre, perché sappiamo che ci sono tanti piloti che possono ambirvi. I nostri principali competitor saranno Marquez e la Honda, ma nell'ultima parte del 2019 abbiamo visto crescere tanti piloti, quindi siamo certi che la lotta sarà molto serrata".

Cosa ci puoi dire della Desmosedici GP 2020?
"Come sempre, abbiamo provato il primo prototipo della moto 2020 nei test di fine anno, prima a Valencia e poi a Jerez. Il primo test è stato molto buono dal punto di vista di quello che cercavamo sul telaio. A Valencia la differenza tra il telaio vecchio e quello nuovo è stata abbastanza importante, ma a Jerez questa differenza si è ridotta, anche se penso che abbiamo una buona base per iniziare la nuova stagione. Tuttavia, non abbiamo ancora completato tutte le comparazioni, quindi abbiamo ancora parecchio lavoro da fare per comprendere meglio il nuovo telaio".

Ci saranno novità anche a livello di motore?
"Abbiamo già provato anche il nuovo motore, che si è dimostrato migliorato dal punto di vista della guidabilità. Tutti i piloti che lo hanno provato ci hanno dato più o meno lo stesso feedback. Abbiamo appena concluso i primi test di durata al banco e nel prossimo test introdurremo qualcosa di leggermente diverso per trovare qualche cavallo in più, ma senza perdere niente dal punto di vista dell'affidabilità".

Quando vedremo l'aerodinamica definitiva?
"Come sempre, proveremo la nuova aerodinamica in Qatar, o magari nell'ultimo giorno dei test in Malesia. La differenza tra quella del 2019 e quella del 2020 comunque non sarà troppo grande, perché le regole al momento impongono troppi limiti alla nostra fantasia e quindi è difficile tirare fuori qualcosa di innovativo. Si tratterà quindi di un'evoluzione. In Qatar poi ci sarà un'altra novità, perché arriverà anche un nuovo forcellone, quindi credo che potremmo arrivare pronti all'inizio della stagione".

Volete tornare ad avere il vostro punto di forza nel motore?
"Il motore è l'aspetto su cui la Honda è migliorata di più l'anno scorso, quindi sarebbe bello riportarsi a casa il margine che avevamo negli anni passati".

Ma come si concilia un motore più potente con una moto più guidabile?
"Sono problemi diversi, che devono essere risolti come tali. Lavorare sulla ciclistica, non impedisce assolutamente di lavorare su altre parti della moto per migliorarla a 360 gradi".

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Sei soddisfatto dei miglioramenti che avete trovato fino ad ora?
"Alla fine non è mai un miglioramento assoluto, deve essere sempre ragionato in termini relativi, in base a quello che fanno anche gli altri. E' sempre difficile riuscire a capire quanto sarà il delta: uno può sapere quanto è migliorato, ma non lo capisce in assoluto fino a quando non ha un confronto con la concorrenza".

Dovizioso ha indicato Marquez come riferimento, ma soprattutto come un pilota che è stato quasi impossibile da battere nel 2019...
"Marquez era sostanzialmente più veloce di tutti gli altri l'anno scorso, quindi quando uno a che fare con la velocità, è difficile mettere in campo delle strategie che possano contenerla in qualche misura. Sicuramente, credo che sia abbastanza chiaro che Marquez sia il punto di riferimento. Ha probabilmente inventato un modo di guidare un po' diverso e gli altri adesso stanno via via cercando di limitarlo e di capire cosa poter fare per riuscire a stargli al passo. Questo credo che sia chiaro, ma resta comunque il fatto che ognuno deve fare la sua parte: il pilota deve migliorare le proprie attitudini, ma dobbiamo sicuramente cercare di fare di più sul lato veicolo, perché anche gli altri avranno fatto dei passi avanti importanti".

E come si tiene un pilota motivato di fronte ad un avversario del calibro di Marquez?
"Parlare con i piloti è sempre complicato e difficile, anche se è chiaro che fa parte del mio lavoro. Qualche volta, anche se uno ce la mette tutta, ottiene esattamente il contrario di quello che vorrebbe. Poi è chiaro che uno cerca sempre di tenere motivati i piloti e vediamo se riusciremo a farlo nel migliore dei modi".

Avete entrambi i piloti in scadenza di contratto: quanto è importante definire le strategie future in tempi brevi?
"Se senti i giornalisti, i contratti dovrebbero essere firmati il prima possibile per mettere i piloti a loro agio e lasciarli concentrati sul campionato. Io non sono convinto che questa sia sempre la regola giusta da usare. Con alcuni piloti è assolutamente vero che bisogna fare così, ma con altri ho avuto la sensazione che rendano meglio quando sono sotto pressione, anche se non ne ho la certezza matematica, perché la mente umana è sempre qualcosa di difficile da decifrare".

Nel 2018 la Ducati aveva dato la sensazione di avere la moto migliore, ma poi la cosa non si è ripetuta nel 2019: sono mancati di più la moto o i piloti?
"Dare le responsabilità è la cosa peggiore che uno possa fare, è la cosa peggiore sia dal punto di vista del pilota che da punto di vista del tecnico. Alla fine, vinciamo e perdiamo tutti insieme, allo stesso modo. Arrivare secondi, per noi vuol dire perdere, perché vuol dire che qualcuno è stato più bravo di noi. Ognuno per la propria parte deve cercare di fare di fare il meglio per il bene comune. Dire che avevamo la moto migliore nel 2017 o nel 2018, sinceramente non mi interessa. Quello che mi interessa è vincere il campionato del mondo".

Negli ultimi anni siete sempre stati quelli che sono riusciti ad addentrarsi nelle pieghe del regolamento. Avete trovato un'area interessante anche quest'anno?
"Questo è sempre il lavoro che deve fare un buon tecnico. Se uno non si mette al limite del regolamento, vuol dire che sta sbagliando qualcosa. Perché solo stando su questa soglia si riesce ad avere i migliori risultati. Noi ancora oggi lavoriamo e lavoreremo così. Poi su un regolamento stabile, come è oggi quello della MotoGP, è sempre difficile riuscire a trovare delle nuove interpretazioni da portare avanti. In altri campionati, tra le auto, dove i regolamenti sono in continua evoluzione, è sicuramente più facile lasciare spazio alla fantasia delle persone".

Quest'anno al vostro pacchetto di piloti si aggiunge Johann Zarco con Avintia: si dice che sia stato proprio tu a spingere per convincerlo...
"La scelta è stata sua. Io gli ho solo detto quello che avremmo potuto fare con il suo contributo. Io credo che possa comunque portare un contributo importante, perché è un pilota abituato a guidare una moto diversa dalla nostra. Quindi probabilmente quando uno è così, arriva senza pregiudizi e senza immaginarsi cosa può succedere, ma semplicemente guidando come sa fare. Questo a volte ti aiuta a comprendere certi limiti, non solo dal punto di vista del commento del pilota, ma ti aiuta a vederli anche dei dati, perché magari proverà a fare delle cose che la moto non è in grado di fare. Mi aspetto che il contributo di Zarco sia proprio questo: alla fine gli ingegneri sono i dati che vogliono".

Domenicali ha sottolineato che Ducati è la sola Casa europea capace di vincere in MotoGP. Perché c'è questa difficoltà per chi non è giapponese?
"Di sicuro, noi siamo più piccoli rispetto alle grandi potenze giapponesi. Questa è una barriera importante per il raggiungimento di certi risultati. Sia dal punto di vista dell'ingaggio dei piloti, che anche dal punto di vista delle possibilità di sviluppo tecnico. Alla fine, per fare la tecnica ci vogliono i soldi. Senza, non si può sviluppare".

Sulle carene c'è il marchio Audi, la partnership è solo tecnica o anche commerciale?
"Solamente sul motore e sull'elettronica si può provare a trovare delle sinergie, ma l'elettronica attuale MotoGP, che al momento è molto limitata, ti impedisce di fare uno sviluppo serio da quel punto di vista. Resta solamente il motore, ma in questo momento parliamo di propulsori molto differenti tra auto e moto, quindi non è facile".

Il calendario è diventato di 20 gare, ma il numero di motori è sempre lo stesso: è un problema?
"In due anni, siamo passati da 18 a 20 gare con lo stesso numero di motori, quindi i motori faranno più fatica ad arrivare in fondo. Ma fa parte della gestione del materiale e tutti faranno i loro calcoli per ottenere l'obiettivo".

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