Crutchlow ed il ritiro: “Voglio accompagnare a scuola mia figlia”
Cal Crutchlow riflette su quello che gli piacerebbe fare quando concluderà la sua avventura in MotoGP, dove ha un contratto con LCR Honda fino al 2020.
Foto di: Gold and Goose / Motorsport Images
A breve Cal Crutchlow dovrà prendere delle decisioni sul proprio futuro in MotoGP. Il britannico ha un contratto con LCR Honda fino al 2020 ma, a 33 anni, non nasconde il fatto di sentirsi più lento ed ammette che la sua condizione fisica non è più quella di un tempo. Non riesce a vedersi nella classe regina per molti altri anni, soprattutto in virtù del fatto che sta mettendo da parte altri aspetti della sua vita e lo ha raccontato a Motorsport.com durante il fine settimana del Gran Premio di Gran Bretagna.
Hai già deciso se ritirarti o meno alla fine del 2020?
L’ho detto l’anno scorso proprio qui in conferenza stampa. Quando mi hanno fatto la domande, dissi che pensavo fosse l’ultimo contratto (per ora), ma che avrei potuto rinnovare per altri due anni. Non ti darò più interviste! Ma non sono più veloce come un tempo, sono rapido in gara, ma non vado forte in qualifica. Non posso dire per quale motivo, perché penso di essere un buon pilota. Provo sempre a spingere al massimo, ma potrebbe anche essere il binomio tra me e la moto…
Penso di poter ottenere sempre gli stessi risultati, posso sempre vincere gare. Non penso di andare più lento, ma faccio più fatica fisicamente. Non sono debole e guiderò sempre dando il 100%, indipendentemente dalla mia condizione. Ma mi fa male il corpo. E non solo a causa della caduta dell’anno scorso, dico in generale.
Non so quanto tempo potrò continuare a guidare, anno dopo anno invece di avere una vita normale. Le persone reagiscono in maniera diversa a certe cose. Qualcuno della mia età potrebbe non sentire dolore e stare bene. Valentino continua fino a 40 anni! Ma io no, mi sento un po’ diverso. Sento anche di aver dato assolutamente tutto al mio sport, mi sono dato al 100% e questo non è sufficiente per vincere un titolo in MotoGP o essere davanti ogni fine settimana, lo accetto. Sento che do il massimo ad ogni giro di ogni gara. Sento anche di essermi goduto la mia carriera, con alti e bassi, ma non la cambierei per niente al mondo.
Non ci sono state cadute particolari che ti hanno fatto riflettere?
Attenzione, non dico che mi ritiro! Credo solo che se l’anno prossimo non sentirò dolore e sarò in testa alla classifica, le cose cambieranno! Diciamo così: non ho bisogno di correre, lo faccio perché mi piace da morire. Torno tutti i fine settimana perché amo questo sport e continuo a dare tutto. Vedremo.
Essere padre ha cambiato la tua mentalità?
Voglio fare le cose normali: voglio accompagnare a scuola mia figlia, giocare con lei. Voglio fare un percorso lineare, perché non posso farlo ora. Voglio poter correre con mia figlia, avere una vita normale. Questo non significa che non sia un buon pilota, perché ancora riesco a guidare. Anzi, quando sono diventato padre sono stato anche più veloce! Quando ero in Tech 3 la situazione era un po’ diversa: la moto era facile a guidare, ho ottenuto dei buoni risultati. Ora credo di essere più veloce, ma il problema è che lo sono anche gli altri!
Lo sport cambia un po’?
Mi risulta più facile correre piuttosto che dare tutto negli ultimi tre o quattro giri della seconda e terza sessione di prove libere, per accedere al Q2. Ho spinto con Dovizioso per anni affinché questa regola cambiasse, perché lui ha più o meno la mia età, quindi lo sente anche lui. Dovremmo poter lavorare, vogliamo avere 45 minuti per lavorare veramente. Inoltre, il giorno dopo dovremmo poter mettere sei pneumatici, se necessario, e lottare per la pole position. Ci sarebbe spettacolo, ma il problema è che i giornalisti vogliono un programma televisivo, questo è tutto quello che dico.
Informazioni aggiuntive di Michael Duforest
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