Sono già passati 10 anni dalla scomparsa di Meoni
Ecco un bel ricordo di Fabrizio della nostra inviata alla Dakar, Elisabetta Caracciolo
Quando si corre alla Dakar si perde facilmente l'ordine dei giorni. Non si sa mai che giorno della settimana sia e soprattutto che numero, ma ieri, che fosse l'11 gennaio lo sapevano in tanti. E che l'11 gennaio di dieci anni fa un terribile incidente ci abbia portato via Fabrizio Meoni lo ricordavano in parecchi. Quelle cose di cui magari non parli, ma che senti e ti porti dentro.
La Dakar di oggi probabilmente non sarebbe piaciuta a Fabrizio, perchè lui era una persona semplice che amava le gare in Africa, le piste lunghe, il deserto. Tutta questa strumentazione, l'attuale GPS, l'Iritrack, il Sentinel di sicuro non gli sarebbero piaciuti anche perchè lui con l'elettronica non amava aver troppo a che fare. A lui bastava un road book, un cap da seguire e il deserto.
Un pilota unico che ha avuto fra le sue tante qualità quella di riunire tutto il mondo in una passione. Fabrizio era simpatico a tutti e tutti gli volevano bene, senza distinzione di colore o di Paese. I francesi, gli spagnoli, gli italiani, e poi russi, cinesi, tedeschi, olandesi...tutti amavano Fabrizio Meoni, per come era fatto ed anche se non si esprimeva bene in inglese con tutti lui riusciva a scambiare due parole.
Non ce ne sono stati più di piloti come lui, e purtroppo al momento, non sembrano essercene. Persone genuine, modeste, sempre disponibili a fare due parole, a raccontarti le cose con dovizia di particolari. In grado di scherzare mentre correva a 180 km/h con Giovanni Sala – famosissimo lo scambio di schiafetti sul casco fra i due piloti mentre correvano con le loro KTM – ed anche in grado di crearsi una distrazione, se la pista era troppo noiosa, o sempre dritta.
Capace di affrontare una duna, solo per il gusto di lasciarci la ruotata della sua KTM, o per distrarsi da una tappa troppo dritta e veloce. Fabrizio con la sua bottiglina dell'olio toscano, che si portava da casa. Fabrizio con la sua Coca Cola mescolata all'acqua a fine speciale per dissetarsi meglio. Fabrizio che non muoveva un passo senza il suo fedele meccanico, ed amico, Romeo.
Modesto, ma deciso, buonissimo, ma caparbio. Il "Cinghiale" – come è stato sempre chiamato – ha lasciato un segno profondo su questa gara che da quell'11 gennaio 2005 non è più stata la stessa.
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