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Dakar, Brioschi: "Una follia mandarci nel lago salato"

Anche l'italiano, costretto al ritiro nella tappa marathon, si aggrega al partito di chi contesta le scelte dell'ASO

Alberto Brioschi è davvero arrabbiato. Sono passate quasi 24 ore dal suo ritiro ieri per la rottura del motore, ma il nervoso non accenna a diminuire, e non si può non capire. Anche lui fa parte dell'ampia schiera di vittime cadute per colpa del sale e dell'acqua del gran Salar boliviano. Ieri ha fatto solo sessanta chilometri della prima speciale e poi si è dovuto fermare, con il motore ko, e dire addio alla Dakar 2015.

"Ieri è stata una tappa drammatica nel lago salato, doveva essere una due giorni boliviana moderatamente tranquilla e invece è stato un inferno. Il primo giorno per arrivare al bivacco abbiamo trovato un fiume da attraversare alto quasi due metri, e quelli che erano passati prima di noi quasi non lo avevano visto perchè non c'era tutta quell'acqua. Abbiamo aspettato che si abbassasse il livello dell'acqua, per un'ora, e siamo arrivati al bivacco completamente fradici, con un vento freddo che ci soffiava contro e praticamente al limite dell'ipotermia a 3.600 metri di altezza, sotto l'acqua. Siamo poi ripartiti la mattina dopo con ancora tutti i vestiti bagnati e ci hanno mandati sul lago salato e quello è stato un errore incredibile, una follia pura mandarci lì dentro per 150 chilometri, perchè voleva dire, come poi si è dimostrato, distruggere metà delle moto che erano in gara" ha detto.

E aggiunge: "Non è gara questa. Io accetto la gara dura, il caldo, le dune, difficile, fesh fesh, tante ore e tanti chilometri ma non accetto che mi mandino dentro il lago salato con l'acqua al ginocchio quasi, a 130 km/h, oppure 110 o anche 80. E' stato come guidare alla cieca perchè non si vedeva niente: bianco sopra, bianco sotto ed in mezzo, impossibile distinguere qualsiasi cosa. Facevi degli acquaplannig incredibili, improvvisi senza rendertene conto. Poi al 60esimo chilometro si è fermata la moto e con l'aiuto di Marco, mio fratello, abbiamo provato ad aggiustarla per un'ora. Ho pulito il carburatore, ho lavato con l'acqua potabile quello che potevo, ho cambiato il filtro dell'aria due volte, ho addirittura cambiato la bobina e sono riuscito a ripartire. Ho guidato altre due ore facendo circa 50 chilometri e poi mi si è spenta di nuovo la moto e a quel punto erano le 4 di pomeriggio e non ce la facevo più. Ero quasi in ipotermia e mi sono arreso. Ho mandato via Marco che era con me, gli ho detto di continuare e io invece mi sono messo lì ad aspettare che mi recuperassero".

E questa è la seconda avventura che hanno vissuto tutti i piloti rimasti fermi nella prova perchè a prenderli doveva pensare il camion balai, il famoso camion grande e spazioso, oltre che spartano, che fa i recuperi in pista: "E' arrivato dopo tre ore e ha caricato me e la moto. Aveva già sul camion 10 moto, ma poi si è infossato sul lago bagnato e allora è arrivato un altro camion per aiutarlo e si è infossato anche lui. Un delirio. Nel frattempo mi hanno caricato su un altro camion che mi ha portato indietro per trenta chilometri circa, poi da lì mi ha preso una vettura dell'organizzazione che mi ha accompagnato ad Uyuni".

E da lì l'aereo fino a Iquique, arrivato ieri sera, portando i reduci dalla campagna di Bolivia e fra loro anche Alessandro Botturi: "In aereo eravamo novanta, invece che i soliti trentacinque, quaranta che vengono caricati a bordo". Al bivacco ieri sera sono aarrivati anche Marco Brioschi e Diocleziano Toia.

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