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Dakar: ecco come s'è carbonizzata la KTM di Zacchetti

Cesare ha vissuto un'odissea nella seconda tappa: la moto che gli avevano prestato non c'è più!

Cesare Zacchetti ieri sera è arrivato al bivacco di Chilecito in aereo, dopo un giro lungo e soprattutto durissimo, a livello fisico e morale. La sua Ktm, quella che il suo amico Edouard Boulanger gli aveva prestato per questa Dakar è completamente bruciata. Si trattava di una Ktm particolare, con un significato speciale perchè era appartenuta a Coma. Non esiste più! Ne rimane solo un mucchio di cenere e Cesare è affranto per quello che è accaduto.

Zacchetti ci racconta la sua disavventura mentre vagola per il bivacco, senza neanche i suoi abiti, perché è a torso nudo. Cerca di espiare quelle che sente pesare su di lui come colpe terribili, parlando con tutti quelli che incontra.

“Sono partito bene nella seconda speciale che sapevo essere molto difficile. Volevo recuperare qualche posizione, ma sono caduto quasi subito. Sono ripartito e sono cascato ancora al chilometro 80, ma non ricordo nulla della caduta e di una parte delle cose che sono accadute dopo. So che mi sono ritrovato sulla moto, che stavo andando, senza sapere dove, perchè la strumentazione era danneggiata e non funzionava”.

La sua caduta l'avevano vista i fratelli Brioschi. Un brutto volo, proprio in mezzo al pubblico...
“Non ricordo nulla di quello che è accaduto, ma spero davvero di non aver fatto male a nessuno. Ho rotto un dente e il casco”.

Quando Cesare si risveglia dal torpore arriva al rifornimento e incontra gli altri piloti italiani, in particolare i Brioschi, a cui chiede se sono stati loro a tirarlo su e a rimetterlo in sella perchè lui non se lo ricorda. Alla risposta negativa riparte sulla speciale, ancora in stato confusionale e prosegue la sua gara, ma la disidratazione sta per colpirlo e i sintomi sono già chiari.

“Era più o meno mezzogiorno e nel frattempo sono arrivato nella zona del fesh fesh terribile. Mi sono reso conto che non stavo in sella perchè la moto era tutta storta, ancora dalla caduta precedente, e sono caduto nuovamente. Quando mi sono ritirato su la moto non voleva più saperne di ripartire. Ho provato in tutti i modi ma non mi sono accorto che in realtà era un problema semplicissimo...".

Cosa è successo?
"In realtà ero poco lucido e mi sono sdraiato sotto la moto cercando un po' d'ombra. A quel punto ho finito l'acqua ma è arrivato un pilota che me ne ha data un po' e, soprattutto. poi ha mandato l'organizzazione a portarmene un po'. Non ero in forma, ma ho mangiato qualcosa e bevuto e ho deciso di aspettare che il sole calasse un pochino, per viaggiare con una temperatura più accettabile. Ho aspettato fino alle sei quando sono ripartito, con le auto che erano già passate distruggendo la pista, lasciando carregge nel fesh fesh. Sono finito in una zona che sembrava il bush, con tutte le sterpaglie e so qual è il pericolo quando si infilano le erbacce secche nel paracoppa".

Sembrava che ce l'avessi quasi fatta...
"E infatti ero al chilometro 407 e mi avevano detto che al 421 avrei lasciato la speciale per prendere l'asfalto e rientrare così al bivacco. Sono andato avanti togliendo ogni tanto le erbacce, pulendo la moto, e sono arrivato al chilometro 419 pensando che ormai era finita, che stavo per arrivare all'asfalto. Improvvisamente sono finito in un cespuglio e a un certo punto si è acceso tutto e in un momento le fiamme erano altissime. Non c'è stato più nulla da fare. Non sono neanche riuscito a togliere la strumentazione... è bruciato tutto”.

E dopo il rogo Cesare è rimasto lì. L'organizzazione sapeva dov'era e all'una di notte è arrivato il camion balai che stava recuperando tutti i ritirati, come soldati ammaccati dopo una battaglia.
“Sono salito sul camion scopa ed è stato un calvario. Per fare 30 chilometri ci abbiamo messo 7 ore perchè eravamo fermi ogni due minuti per soccorrere qualcuno. Il balai ci ha portato da una qualche parte che non ricordo ed è arrivato l'elicottero che ci ha caricati tutti scaricandoci all'aeroporto di San Juan. Da lì subito, abbiamo presto un aereoplanino che ci ha portati tutti qui a Chilecito”.

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