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Svizzera

Ivan Jacoma, da re dei Centri Porsche Ticino all’Aconcagua!

Il pilota e alpinista elvetico si confida a Motorsport.com Svizzera, facendo un bilancio dei suoi 45 anni trascorsi sul filo del rischio calcolato nello sport e di dirigente delle migliori concessionarie di Stoccarda al mondo.

Ivan Jacoma sugli sci in montagna

Ivan Jacoma sugli sci in montagna

Ivan Jacoma

Ivan Jacoma, direttore Centri Porsche Ticino
Ivan Jacoma, direttore Centri Porsche Ticino
Ivan Jacoma, direttore Centri Porsche Ticino
Ivan Jacoma sugli sci in montagna
Ivan Jacoma sugli sci in montagna
Ivan Jacoma sugli sci in montagna
Ivan Jacoma sugli sci in montagna
Ivan Jacoma sugli sci in montagna
Ivan Jacoma sugli sci in montagna
Ivan Jacoma sugli sci in montagna
Ivan Jacoma e la moglie sulla vetta del Kilimangiaro
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Porsche 911 GT3 Cup di Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Claudius Karch, Ivan Jacoma, Porsche Cayman S; Marc Hennerici, Moritz Oberheim, Porsche Cayman GT4 C
Claudius Karch, Ivan Jacoma, Porsche Cayman S
Ivan Jacoma, Porsche Cayman S (V6), Mathol Racing
Claudius Karch, Ivan Jacoma, Porsche Cayman S
#137 Team Mathol Racing, Porsche Cayman S: Ivan Jacoma, Wolfgang Weber
#137 Team Mathol Racing, Porsche Cayman S: Ivan Jacoma, Wolfgang Weber
#137 Team Mathol Racing, Porsche Cayman S: Ivan Jacoma, Wolfgang Weber
#164 Mathol Racing Porsche Cayman: Claudis Karch, Ivan Jacoma
#164 Mathol Racing Porsche Cayman: Claudis Karch, Ivan Jacoma
#137 Team Mathol Racing, Porsche Cayman S: Ivan Jacoma, Wolfgang Weber
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Nicola Bravetti, Porsche 944
Ivan Jacoma, Porsche 944
Nicola Bravetti, Ivan Reggiani, Ivan Jacoma, Porsche
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano
Centri Porsche Ticino, reparto corse di Lugano

“La paura fa novanta”, un adagio popolare preso dalla tradizione italiana con tanto di allusione al gioco del lotto, è una frase che vuole ricordarci come sotto lo stimolo della paura si riescano a fare cose che sembrerebbero impensabili in condizioni normali.

Ivan Jacoma, che di anni nel 2017 ne compie esattamente la metà, è uno sportivo e un dirigente d’azienda svizzero che ha fatto della capacità di domare i timori e il rischio grazie alla razionalità il proprio punto di forza, non soltanto in campo agonistico e sportivo. Nato il 21 novembre 1972, dirige i Centri Porsche Ticino di Locarno e Lugano, due concessionarie da record a livello internazionale fra quelle monomarca della Casa di Stoccarda.

Capace di mietere successi agonistici a gogò in termini di titoli di campione e di vittorie parziali in Italia, Francia e Germania a partire dal 1997 fra Targa Tricolore, Coupe GT FFSA e VLN, ovviamente a bordo di bolidi della Casa della Giumenta, è un personaggio eclettico in grado di smettere con nonchalance la tuta di pilota per imbracciare l’attrezzatura da alpinista e scalare pareti capaci di incutere grande rispetto, quali il Camoghè, l’Adula, il Bernina, il Monte Rosa, il Monte Bianco, l’Elbrus e il Kilimangiaro, fissando per il 2018 un’incredibile ulteriore sfida: il raggiungimento della vetta dell’Aconcagua a quota 6.962 metri… 

 

Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport

Photo by: Alex Galli

Subito una domanda di taglio psicologico: Ivan Jacoma come descriverebbe se stesso, se avesse a disposizione soltanto tre aggettivi e perché?
“Bella domanda! Beh, diciamo ‘impaziente’, che ‘diversifica molto’ e che ama tutto quello che incarna il mondo della velocità e del rischio. Sono un po’ queste le parole o i concetti che mi piacciono di più”.

Nel 2017 ricorrono i vent’anni dall’inizio della sua attività agonistica in pista e il momento di festeggiare il quarantacinquesimo compleanno. Forse è un’età nella quale ogni uomo arriva a un momento di riflessione. Qual è il bilancio che Ivan Jacoma fa della propria vita fino e di ciò che è riuscito a costruire sino ad oggi?
“Diciamo che il mio è un bilancio molto positivo. Sono sempre partito dall’idea che bisogna divertirsi sempre e che per divertirsi non ci si può concentrare soltanto su un’unica cosa. Questo perché, in caso contrario, raggiungere quell’obiettivo diventa talmente importante da togliere a chi lo insegue un po’ il divertimento. Ho sempre reputato utile diversificare un po’ tutto quello che faccio: nell’ambito professionale, ma soprattutto nel campo dello svago. L’ho fatto legando due sport che sono completamente agli antipodi, molto distanti fra loro, come possono esserlo soltanto il motorsport e la montagna”.  

Quando è scattata la molla che l’ha avvicinata al motorsport, cioè la scintilla che l’ha portata decidere di gareggiare in pista.

“La scintilla, per così dire, è stata molto semplice: mio padre. Si è accesa quando, fra i 10 e i 15 anni di età, andavo a vederlo correre con le Porsche nei vari campionati europei cui partecipava. Mi è venuta questa passione squisitamente grazie a lui. Una sorta di eredità familiare...”.

Al di là dei successi, nel corso di questi vent’anni di attività sportiva qual è il giorno che ricorda con maggior piacere e quale invece il più nero, quello che magari vorrebbe dimenticare?
"Iniziamo dal giorno che rammento con maggior piacere: è quello della vittoria, lo scorso anno, del campionato VLN di Produzione, perché è arrivata all’ultima gara ed eravamo anche sfavoriti. Una serie di coincidenze fortunate hanno fatto in modo che noi raggiungessimo questo importante obiettivo, nonché il terzo posto assoluto nel VLN. Quella al Nürburgring fu veramente una gran bella giornata. Non ho particolari giorni neri, sinceramente. Ciò che mi ha dato e tuttora mi dà un po’ di fastidio in carriera, soprattutto nella Carrera Cup o nei monomarca Porsche, è il fatto di essere stato preso di mira da alcuni piloti, diventando una sorta di riferimento da ‘dover cacciare’. In passato ci sono stati diversi episodi in cui, anziché venir lasciato vincere o salire sul podio, sono stato fondamentalmente buttato fuori pista senza un perché...”. 

 

Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport

Photo by: Alex Galli

 

 

Ci sbagliamo o questo era il “difetto” della Targa Tricolore Porsche già una decina di anni or sono?
"Esattamente! Ho avuto degli avversari, che con il tempo sono diventati anche amici e insieme ai quali uscivo la sera, che si vedeva lontano un miglio che mi temevano in pista e che facevano in modo di eliminarmi dalle gare. Forse a volte è un po’ così che funzionano le cose, ma senza fare nomi...”.

Lei alterna la partecipazione a vari trofei di marca Porsche, prima la Targa Tricolore e poi la Carrera Cup, entrambe in Italia, a impegni agonistici sul vecchio Nürburgring nel Veranstaltergemeinschaft Langstreckenpokal, meglio conosciuto come VLN Perché questo duplice impegno e qual è la tipologia di automobilismo che la soddisfa di più, le gare Sprint o le corse Endurance?
"Allora, io sono nato agonisticamente nei vari monomarca della Casa di Stoccarda, prima ho gareggiato nella Targa Tricolore Porsche, poi nella Carrera Cup tedesca, nel GTP in Germania e in alcune gare della Sports Cup Suisse. Sono sempre stato legato ai trofei di marca, finché nel 2007 un amico mi ha invitato sul Nordschleife al Nürburgring. Una pista ‘pazza’, della quale mi sono innamorato immediatamente. Ho cominciato e ho visto che ci vuole un grandissimo mix di velocità e di testa, per avere una guida fondamentalmente sicura per quella pista. Queste ultime sono qualità che sono riuscito via via a mettere in pratica negli ultimi anni, fino appunto a raggiungere l’ottimo obiettivo dello scorso anno”.

Tra l’altro tutto ciò è avvenuto a dieci anni esatti dall’inizio del suo impegno come pilota, verificatosi nel 1997…
"Esatto. La realtà del VLN richiede un po’ un mix di attitudini positive. Non si può pensare di andare soltanto di velocità al Nürburgring, perché bisogna tenere in considerazione una marea di variabili che su una pista normale non ci sono”.  

Concettualmente, per Ivan Jacoma, è meglio la gara Sprint, nella quale si vince o si perde e si sbaglia o ci si azzecca da soli, oppure le corse Endurance, nelle quali si dividono onori e oneri con altri piloti all’interno di uno stesso equipaggio?

"Ritorniamo a ciò che dicevo all’inizio: in me prevale il concetto della diversificazione degli impegni. Non posso dire se sia meglio il primo o il secondo impegno. Si completano l’un l’altro e danno una grande soddisfazione, perché c’è il week end dove sei tu a correre per mezzora contro i ragazzini e, quindi, il successo o il fallimento dipendono integralmente da te; la settimana dopo sei magari impegnato in una 24 Ore in cui si insinua un’infinità di variabili da tenere in considerazione: il team, i tuoi due ‘amici’ piloti, la macchina, che può avere dei problemi tecnici, e via dicendo, ma anche un’esperienza del genere può essere molto accattivante. Il ‘mondo Nürburgring’ è una realtà affascinante, soprattutto per la pista, perché è l’unica al mondo lunga 25 km e ogni giro, indipendentemente dall’auto che si ha, è un vero piacere da affrontare...”.
Il vecchio Ring come universo, quale filosofia a sé...
"Esatto. Piace o non piace”.

Come riesce a conciliare l’attività di direttore dei Centri Porsche Ticino, che è certamente di per sé impegnativa, con i plurimi impegni sportivi, che per di più, nel caso di un pilota svizzero, avvengono praticamente in via obbligata quasi essenzialmente all’estero?
"Con tanta passione, si riesce a legare un po’ tutto: la professione, che è anche una specie di hobby per me, avendo a che fare con bellissimi modelli Porsche, e la sfera del motorsport. Devo dire grazie anche alla mia famiglia, che mi viene dietro, mi segue sempre e, fondamentalmente, è in linea con quello che faccio io”. 

 

Per rimanere nel campo dei successi di impresa, i Centri Porsche Ticino, situati a Locarno e Lugano, con circa 500 veicoli venduti in media ogni anno, rappresentano una sorta di eccellenza commerciale a livello europeo. Qual è il segreto di tale successo, giudicato o visto da chi in qualche modo ne è l’artefice, essendone il direttore?
"In effetti, sono quattro anni che ci aggiudichiamo il prestigioso premio ‘Porsche e Business Excellence Award’ e posso dire che lo vinciamo, soprattutto, grazie al team dei nostri collaboratori, che sono tutti molto appassionati e professionali. Ciascuno di loro, un po’ come me, è letteralmente nato attorno a questo marchio. Tutti noi abbiamo veramente una grandissima soddisfazione nel lavorare per Porsche. La seconda cosa che non va sottovalutata, anche perché comunque tanti potrebbero non saperlo, è il fatto che il Canton Ticino è la regione con la quota di vendite per abitante più importante al mondo. Di conseguenza, abbiamo anche un ottimo contesto ‘naturale’ con il quale confrontarci...”.

La pratica dell’automobilismo, quindi l’attività sportiva applicata a questo particolare settore, l’ha aiutata anche in ambito professionale o viceversa? In sostanza, la direzione di un Centro Porsche ha aiutato anche l’Ivan Jacoma-pilota?
"Sicuramente sì, perché indipendentemente dal fatto di ragionare di un ambito lavorativo e professionale o di un’attività agonistico- sportiva, quello che conta davvero è il porsi degli obiettivi. Gli scopi che mi do nel motorsport sono i medesimi che mi fisso sul luogo di lavoro, e ciò mi aiuta a raggiungere entrambi...”.  

Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport
Ivan Jacoma, Ghinzani Arco Motorsport

Photo by: Alex Galli

 

 

Dobbiamo intendere questa risposta in termini di metodo?
"Sì, nella maniera in cui ci si confronta quotidianamente con i propri collaboratori così come con i clienti. Anche in pista ci sono situazioni in cui magari devi agire con il piglio dell’istruttore. E ci sono similitudini anche con la professione di tutti i giorni...”.

Veniamo ora allo sport sicuramente più tipicamente svizzero, cioè quello... verticale: l’alpinismo. Già leggendo la biografia sul suo sito Internet ufficiale, si scopre che ha scalato “i tetti”, riportiamo testualmente, del Ticino, della Svizzera, dell’Europa e dell’Africa, sino ai quasi 5.900 metri di altitudine del Kilimangiaro. Ecco: la prossima… cima?
"Quella è una passione che avevo sin da piccolo e che poi, nel bene o nel male, ho dovuto accantonare, perché se no si farebbero troppe cose assieme. Una decina di anni fa mi è tornata un po’ questa attrazione e la volontà di mettere assieme al motorsport una disciplina sportiva che è altrettanto rischiosa, se non di più, ma che ti dà grandi soddisfazioni. Ho pensato di fare una serie di cime particolari. Adesso, pian piano, sto completando l’elenco. Vorrei fare le ‘Seven Summits’ (le montagne più alte di ciascuno dei sette continenti, ndr). È un progetto molto ambizioso, tuttavia ogni anno riesco ad aggiungere una nuova cima. L’anno prossimo è in previsione l’Aconcagua in Sud America, che ha un’altezza di 7.000 metri e quindi comincia ad essere una montagna molto complessa...”.  

Ivan Jacoma e la moglie sulla vetta del Kilimangiaro
Ivan Jacoma e la moglie sulla vetta del Kilimangiaro

Photo by: Ivan Jacoma

 

 

Ha un’altitudine di 1,2 km in più rispetto al Kilimangiaro, in Africa, l’ultima sfida vinta. Per unire gli interessi che si attuano nella figura di Ivan Jacoma e ragionarne in astratto, che cos’è che l’alpinismo può insegnare al motorsport e cosa c’è che le corse possono invece trasmettere alle scalate?
"Sicuramente nell’alpinismo serve molta, molta prudenza, perché è la natura che comanda e vi sono variabili allo stesso tempo pericolose e difficili. Anche su una montagna non troppo foriera di pericoli si può avere un incidente importante o rimetterci addirittura la vita. Nell’automobilismo moderno non c’è più questo limite, tuttavia vi sono occasioni in cui bisogna fondamentalmente capire quando rischiare e quando, invece, essere razionali. È soprattutto questo ciò che l’alpinismo può insegnare parecchio al motorsport...”.

Immaginiamo che il punto di maggior contatto automobili-montagne, in termini di prudenza e di ragionamento, si abbia tra il vecchio Nürburgring e l’alpinismo, per lo meno in termini di approccio…
"Esatto. Anche su una pista normale, prima di tentare un attacco o un sorpasso, bisognerebbe in realtà pensare sempre alle conseguenze. Forse, talvolta, è meglio arrivare secondi e in fondo, che primi o non arrivare affatto...”. 

 

Ivan Jacoma,  Claudius Karch , Porsche Cayman S
Ivan Jacoma, Claudius Karch , Porsche Cayman S

Photo by: Jan Brucke/VLN

Ecco, sempre in campo alpinistico, qual è il giorno che ricorda con maggior favore nel suo decennale processo di riavvicinamento alla montagna e quello magari più nero, quello nel quale la componente della paura o, forse, del pericolo è maggiormente emersa?
"Allora, diciamo che la cosa più brutta dell’alpinismo è il fatto di dover rinunciare a volte alla cima per motivi che, nel 90 per cento dei casi, sono di natura meteorologica: c’è troppa neve o troppo vento, o fa eccessivamente freddo. A volte, si arriva a un punto nel quale si è costretti a chiedersi: ‘vado avanti o mi fermo’? Quanto è il rischio di andare avanti e quanto la delusione nel fermarsi? È una cosa difficile da gestire, perché in caso di errore ci si può davvero far male. Qualcosa di molto bello è stato invece il raggiungimento della cima del Kilimangiaro insieme a mia moglie. Normalmente, vado con gli amici in montagna, però quella volta la mia metà mi ha accompagnato su una cima relativamente facile, però comunque alta: il fatto che, senza problema alcuno, sia arrivata in cima ha reso la giornata un ottimo successo”.

Secondo lei, per parlare di un tema un po’ più politico, qual è invece lo stato dell’arte, il rapporto, tra la Svizzera, il suo Paese d’origine, e il motorsport. Che cosa potrebbe dare la Confederazione Elvetica all’automobilismo, al motociclismo, e viceversa, visto che è facile immaginare una relazione un po’ di amore-odio?
"Per motivi che fondamentalmente sono già stati superati da anni, c’è il divieto di disputare corse in circuito in Svizzera. Questa situazione, secondo me, al giorno d’oggi e con le tecnologie e i mezzi di sicurezza che sono installati sulle vetture, è superato ampiamente. Così come sono superati anche i limiti di velocità che ci sono in Svizzera. Purtroppo, una fazione politica piuttosto importante del Paese insiste con questi divieti, che fanno un po’ arrabbiare perché in più abbiamo un codice della strada ‘ridicolo’, se prendiamo determinati delitti e li confrontiamo con certi reati stradali”. 

 

Ivan Jacoma, Porsche 944
Ivan Jacoma, Porsche 944

Photo by: Wolfgang Savelsbergh

Quale consiglio si sente di dare a un giovane che vuole iniziare a correre in automobile in assoluto e che cosa si sente di aggiungere a beneficio di un giovane elvetico?
"Ah, su questo tema io sono di solito molto diretto. Correre costa, costa parecchie energie e molto denaro, di conseguenza bisogna capire se è la strada giusta. Quindi, il consiglio che io do sempre è quello di andare a fare Karting e capire se effettivamente si è in grado di fare buoni tempi. Meglio percorrere questa strada che investire e comprare di qua e di là oggetti e servizi, per poi accorgersi che non si è tagliati per lo sport automobilistico. Non è una cosa da poco per l’automobilismo, perché la verità è che se uno è bravo ad andare coi Kart, va forte anche in macchina. A volte si comincia magari dalle Porsche GT3 o, che so, nel Super Trofeo Lamborghini, per accorgersi troppo tardi che non è lo sport ideale per sé. Nel Karting si capisce tutto subito”. 

 

Questi suggerimenti possono essere declinati in maniera parzialmente diversa per un giovane svizzero, che non ha nemmeno lo sport “in casa”?
"Sì, ancora di più. Dal momento che in Svizzera non abbiamo piste, prima di fare chilometri per recarsi su tracciati esteri, bisogna considerare che nelle vicinanze ci sono parecchi kartdromi sui quali mettersi alla prova: si può cominciare con quelli, per vedere quanto e se si è davvero capaci. Ovviamente parlo di giovani. È chiaro che per un gentleman-driver, che ha raggiunto magari una posizione professionale ed è in grado di gestire il costo di un’auto da corsa, è tutto un altro discorso, perché in quel caso si tratta di divertimento e, quindi, la persona in questione potrebbe venire tranquillamente anche da noi in Porsche, dove gli forniremmo tutto il necessario per svagarsi”.  

Ivan Jacoma, direttore Centri Porsche Ticino
Ivan Jacoma, direttore Centri Porsche Ticino

Photo by: Gabriele Testi / Motorsport.com

 

 

Che cosa pensa Ivan Jacoma del progetto “Mission E” della Porsche e delle voci di un possibile sbarco del marchio in Formula E. Il mantenimento della reputazione di un brand come quello della Casa di Stoccarda passa anche attraverso queste innovazioni?
"Sì, a mio avviso ciò vale per la Porsche più che per tante altre case automobilistiche, se pensiamo al prodotto premium o, diciamo, alla produzione sportiva. L’azienda ha capito che il futuro è nell’elettricità, attraverso un passaggio dalle vetture ibride. Se hanno concepito il progetto Le Mans con la 919 Hybrid e sono arrivate tre vittorie nella 24 Ore, è perché hanno afferrato il potenziale che ci può essere. Il progetto Mission E sarà una macchina eccezionale, che uscirà nel 2020 con prestazioni, autonomie, capacità di ricarica assolutamente al top e forse uniche. Io penso anche che le tecnologie che la Porsche sta sviluppando da un po’, se implementate in Formula E o in Formula 1, potrebbe risultare vincenti e avere subito un vantaggio competitivo rispetto ai mezzi delle altre marche”.

Qual è la domanda che in genere nessuno le fa, che vorrebbe che le fosse rivolta, e che risposta si dà?
"Rovescerei la questione: qual è la domanda che mi fanno sempre anziché quella che “non mi fanno mai”. Essa è: ‘come fai il sabato a sciare, la domenica magari a recarti su una cima, camminando con le pelli di foca ai piedi, lavorare tutta la settimana successiva e poi, che so, il giovedì o il venerdì partire per fare una gara al Nürburgring, conciliando tutti gli impegni? La risposta è che, normalmente, è proprio una questione di relazioni con i propri collaboratori e con la propria famiglia, perché se non si instaura un genuino rapporto fiduciario, sarebbe impossibile immaginare di venire atteso a casa in tutta tranquillità...”.  

 Che cosa si sente di aggiungere a corollario di quest’intervista?

“Abbiamo toccato un po’ tutti i temi della mia vita. Si può dire in più che nell’amare la velocità non mi fossilizzo soltanto sulle auto, ma mi piacciono molto le moto, le biciclette e lo sci. Amo tutto quello che si può guidare, controllare, ed è una cosa che mi lega e ho in comune con numerose altre persone...”.

Percorrendo a ritroso la nostra chiacchierata alla ricerca di una sintesi, potremmo affermare che il trait d’union tra l’alpinismo e l’automobilismo è l’avventura?
“È l’avventura, sì, ma allo stesso tempo anche il desiderio di ‘guidare’ qualche cosa. L’alpinismo, se riesco, lo faccio quasi sempre con gli sci, quindi il controllo del mezzo, la velocità e tutto quello che ne deriva, sono elementi fondamentali delle mie passioni. Gli sci, la bici, la moto o la macchina: l’importante è trovare il piacere della guida!”.

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