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Analisi

Così McLaren e Williams rinnovano l’industria biomedicale!

I due team di F.1, oggi multinazionali della ricerca tecnologica, impiegano il know-how maturato nell’analisi e nell'uso dei dati telemetrici e della fibra di carbonio per aggredire il "mercato" della salute...

Display sensore biomedicale McLaren
Schema collaborazione McLaren-GlaxoSmithKline
Sensore biomedicale McLaren
Sensore biomedicale McLaren
Schema collaborazione McLaren-GlaxoSmithKline
Schema collaborazione McLaren-GlaxoSmithKline
Il Cancelliere dello Scacchiere visita il Mclaren Technology Centre a Woking, Surrey, Inghilterra
Tyler Alexander e Bruce McLaren
Da sinistra: Bruce McLaren, Henry Ford II e Chris Amon sul podio dopo la vittoria nella 24 Ore di Le Mans 1966
La prima vittoria della Ford nella 24 Ore di Le Mans, 1966: la vincente Ford GT-40 Mark II guidata da Bruce McLaren e Chris Amon
#2 Ford GT-40 Mark II: Bruce McLaren e Chris Amon
Sir Jackie Stewart partecipa al tributo a Bruce McLaren
Sir Jackie Stewart taking part in the Tribute to Bruce McLaren
Il McLaren Technology Center
Il McLaren Technology Center
Il McLaren Technology Center
Il McLaren Technology Center
Il McLaren Technology Center
Il McLaren Technology Center
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Il McLaren Technology Center
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Il McLaren Technology Center
Il McLaren Technology Center
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Il McLaren Technology Center
Il McLaren Technology Center
Il McLaren Technology Center
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Quando Bruce McLaren nel 1963 fondò il team che portava il suo stesso nome, certamente mai si sarebbe aspettato che la tecnologia che alimentava la performance delle auto da corsa sarebbe giunta a rivestire un ruolo molto importante nell’innovazione biomedicale, in cui si applicano principi di ingegneria e concetti di design alla medicina e alla biologia per migliorare la salute umana.

Il pilota neozelandese, cui in gioventù fu diagnosticata la malattia di Legg-Calvé-Perthes, un fenomeno degenerativo della testa del femore, che prende anche il nome di osteocondrosi, aveva un concetto di messa a punto e sviluppo di auto da corsa figlio del tempo in cui viveva: basato sulla prova meccanica in pista legata alla sensibilità del pilota e del suo fisico, ancorché malato.

Lui stesso assunse un ruolo chiave nello sviluppo dei bolidi che tuttora portano il suo nome e prendono parte al Campionato del Mondo di Formula 1 (proprio in una sessione di prova della sua M8D, versione Can-Am, il 2 giugno 1970 ebbe a Goodwood un bruttissimo incidente che ne causò il decesso dopo lo schianto contro una quercia).

Con il passare del tempo, prestazioni e competizione in pista si mostrarono sempre più agguerrite e complesse, in quanto guidate da un apporto tecnologico che richiese un contributo ingegneristico sempre più marcato che andava ben oltre quello meccanico, spaziando nell’elettronica, nel mondo digitale e nella messa a punto di soluzioni tecniche vincenti, sviluppate grazie a complessi modelli algoritmici alla base dell’elaborazione rapida di prototipi e di soluzioni che oggi rivestono un aspetto molto importante per il successo negli autodromi e non soltanto...

Dalla pista a soluzioni innovative

Questo percorso evolutivo ha interessato nei decenni anche la McLaren International e ha subìto una grossa accelerazione con l’acquisizione del team da parte di Ron Dennis a inizio Anni 80 (passato da umile capo meccanico della Brabham a determinato e coriaceo imprenditore, concentrato sul successo del suo team in pista a suon di innovazioni). 

 

La McLaren, con John Barnard, è stata la prima ad adottare tecnologia del settore aerospaziale nella produzione di telai in carbonio e negli anni successivi lo sviluppo è stato sempre più accelerato (e di pari passo i successi in pista), aprendo gli orizzonti del Ron Dennis imprenditore, che ben presto ha intuito che la leva della pista poteva portare ad altri sviluppi imprenditoriali come la costruzione di supercar o, in anni più recenti, alla nascita del McLaren Technology Centre, che rappresenta oggi il settore in più rapida espansione e dai margini più elevati di tutto il gruppo industriale con sede a Woking, nella contea britannica del Surrey...

Lo sviluppo della McLaren Applied Technologies nel campo biomedicale è stato così significativo che, di recente, una parte della faraonica struttura Paragon, sede della multinazionale inglese, ha ospitato una conferenza cui hanno partecipato 43 top manager di multinazionali nel settore della medicina (in rappresentanza di una forza lavoro complessiva di 7,3 milioni di persone).

Tema della conferenza: il collaborare per sviluppare tecnologie basate sulle esperienze McLaren e volte a risolvere complessi problemi di salute che hanno un impatto su milioni di persone. Tutto il contesto biomedicale è stato marcatapotenziato dalla ricerca e implementato dalla McLaren Applied Technologies, grazie ad approcci concettuali e pratici che sono nati sulle piste da corsa... 

 

Un approccio diagnostico e risolutivo

Prima di tutto, serve essere in grado di sviluppare consapevolezza del contesto e capacità di generare molte soluzioni dai pochi elementi raccolti. Il tutto si basa su una metodologia ispirata dal lavoro e da tecnologie della pista, che consiste in tre fasi: rilevazione dei dati significativi (definita “intelligenza attiva”); elaborazione dei dati allo scopo di predire conseguenze di contesto (definita “intelligenza predittiva”) e, infine, implementazione di modelli algoritmici di simulazione volti non soltanto ad identificare soluzioni a problemi da varie prospettive, ma anche a prevenirne il manifestarsi.

Detto in maniera semplicistica, il tutto consiste nell’applicare i concetti della “telemetria” all’ambito della salute umana in un modo che non sia intrusivo, facendo leva sul fatto che pochi dati rilevati, se elaborati in un sofisticato modo integrato, possono portare non soltanto ad elaborare diagnosi su temi complessi, ma anche a sviluppare soluzioni concrete (integrando chiarail know-how degli specialisti del settore), tramite la produzione rapida di prototipi e una determinata messa alla prova delle loro caratteristiche.

Moltissime le aree di applicazione

Il metodo di lavoro della McLaren Applied Technologies si basa su un rapporto di co-creazione con aziende clienti che molto spesso sono grandi multinazionali, farmaceutiche e no: la Glaxosmithkline (GSK) è stata la prima a sviluppare un programma integrato con la McLaren. Queste sinergie sono il frutto del lavoro del direttore generale di quest’ultima branca del colosso delle corse e dell’industria biomedicale, Geoff McGrath, i cui video impazzano già sul Web... 

 

Le applicazioni sono relative a vari aspetti riguardanti la salute e la sanità: da quelli mentali a quelli fisici. Il tutto si basa sull’utilizzo specifico e mirato di sensori che vengono applicati in aree identificate per rilevare dati in modo non invasivo (si tratti di informazioni quali-quantitative che vanno ben oltre quelli cui normalsiamo abituati: pressione del sangue, battito del cuore, respirazione, giungendo a includere aspetti di postura, equilibrio, fattori motori e tutta la loro integrazione, legata a un vero e proprio know-how elaborato dalla McLaren Applied Technologies).

È da notare che, in relazione al posizionamento di questi sensori, anche il design è giunto a renderli utilizzabili anche come articoli di moda, a loro volta legati a tecnologie di utilizzo della fibra di carbonio in cui la McLaren ha forti esperienze, che vanno ben oltre le specificità e le limitazioni dei diffusi apparecchi da polso.

Un’altra applicazione interessante riguarda il monitoring della formazione dei... chirurghi: queste tecnologie consentono di rilevare chi, basandosi su un integrazione di aspetti motori con altri fattori fisiologici, ha più talento per fare che cosa e indirizzare selezioni di ruolo o miglioramenti specifici all’interno di campi professionali che indubbiasono molto sensibili.

Woking non è l’unico esempio attivo

La McLaren Applied Technologies è un esempio importante (attualprobabilil più importante a livello mondiale) di questo collegamento fra la ricerca e sviluppo nel motorsport e il contesto di ricerca e sviluppo applicato al biomedicale, ma non è certal’unico: anche la Williams Advanced Engineering si dedica a queste attività e, anche in Italia, aziende di varia dimensione sono orientate o si stanno orientando in questa direzione.

Sarà molto interessante approfondire in futuro l’esperienza di aziende italiane che vogliano mettere in evidenza il percorso di innovazione che stanno seguendo in questa relazione fra ricerca e sviluppo nel motorsport e il campo biomedicale.

Chissà se accadrà proprio nel distretto biomedicale di Mirandola, il terzo più importante al mondo insieme a Minneapolis e Los Angeles, colpito nel maggio e giugno del 2012 di mettere in ginocchio la sorgente di un’industria capace di generare un PIL compreso fra l’1 e il 2 per cento di quello nazionale italiano?

In quell’occasione, proprio la scuderia McLaren, l’azienda di abbigliamento sportivo Sparco e l’amministrazione comunale della nota cittadina sul confine tra Emilia-Romagna e Lombardia si fecero parti diligenti di una raccolta fondi a favore dei terremotati mirandolesi, incentrata sulla messa all’asta tramite eBay delle tute da corsa di Formula 1, autografate da Jenson Button e Lewis Hamilton. Soltanto il primo accenno di una relazione destinata a svilupparsi e a crescere in un prossimo futuro, alla faccia della “Brexit”? 

Ha collaborato Riccardo Paterni 

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