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Wolff rapito dalla 1000 Miglia: "In Italia lo sport dell’automobile è vita!"

Il direttore di Mercedes Motorsport ha partecipato alla 1000 Miglia con una SL300 Prototipo del 1952 ed è stato acclamato dalla folla che lo ha riconosciuto sul percorso: "Grande Toto! Forza Ferrari, quest’anno vinciamo noi!"

Aldo Costa e Toto Wolff, Mercedes 300 SL W 194 Prototype

Aldo Costa e Toto Wolff, Mercedes 300 SL W 194 Prototype

Toto Wolff, Direttore Esecutivo Mercedes AMG F1
Aldo Costa e Toto Wolff, Mercedes 300 SL W 194 Prototype
Aldo Costa e Toto Wolff, Mercedes 300 SL W 194 Prototype
Aldo Costa e Toto Wolff, Mercedes 300 SL W 194 Prototype
Aldo Costa e Toto Wolff, Mercedes 300 SL W 194 Prototype
Aldo Costa e Toto Wolff, Mercedes 300 SL W 194 Prototype
Toto Wolff, Roberto Chinchero e Bernd Maylander
Toto Wolff, Direttore Esecutivo Mercedes AMG F1
Toto Wolff, Direttore Esecutivo Mercedes AMG F1
Toto Wolff, Executive Director, Mercedes AMG

Tra Toto Wolff e la 1000 Miglia è stato amore a prima vista. Il responsabile ed azionista della Mercedes Formula 1 è rimasto folgorato dalla rievocazione storica della classica maratona definita “la corsa più bella del mondo”. Alla vigilia del Gran Premio di Monaco ha voluto raccontare i suoi quattro giorni attraverso l’Italia centrosettentrionale, dipingendo un’avventura che gli è rimasta dentro.

Toto, per prima cosa la tua 1000 Miglia è stato un bagno di folla. Come è andata?
“Incredibile. Avrò fatto 2000 selfie con appassionati fantastici, e tutti con lo stesso copione: foto di rito, poi.. ‘Grande Toto, Forza Ferrari, quest’anno vinciamo noi!’. Mi ha colpito davvero tanto la presenza di scolaresche all’uscita di Brescia e Padova, ragazzi portati ad assistere al passaggio delle vetture, e tanti, tantissimi bambini che esultavano alla vista delle auto e al suono dei motori”.

Sei stato colpito dal pubblico italiano…
“Sono un fan dell’Italia da tempo, noi austriaci di Vienna siamo più Italiani che tedeschi, ma questo viaggio attraverso il vostro Paese mi ha permesso vedere degli scorci pazzeschi, da Urbino alle colline toscane. Poi la passione della gente a Roma, che ci ha atteso alle undici di sera. In Italia lo sport dell’automobile è vita, non ho visto in 1.600 chilometri una sola persona annoiata, nonni con nipoti, famiglie intere, tutti con un saluto, un gesto di apprezzamento. Un tifoso della Ferrari mi ha fermato mettendosi in mezzo alla strada e ci ha lasciato andare solo dopo la foto di rito, altre persone mi hanno chiesto di far tornare Aldo Costa a Maranello, e ho risposto… ‘Eh no, ragazzi, Aldo è mio’”.

Come è andata la convivenza con il tuo compagno d’avventura Aldo Costa?
“Ho trascorso quattro giorni in macchina con lui senza una sola discussione. Se lo avessi fatto con mia moglie i primi screzi sarebbero iniziati all’uscita di Brescia! Siamo davvero diversi, agli opposti sotto molti aspetti, e questo è perfetto per una sfida come la 1000 Miglia. Lui è organizzato, sa pianificare le attività, è una persona colta, calma, e mi ha navigato alla perfezione. E poi….quando ha preso il volante si è dimostrato anche un gran pilota, so che prova macchine da corsa storiche in diverse occasioni, e si vede. A Parma mi ha presentato tutta la sua famiglia, ben 25 persone! Aldo è anche competitivo, mi aveva detto che voleva terminare la corsa nei primi 100 e siamo arrivati all’ottantacinquesimo posto”.

In merito al rapporto tra il pubblico ed il motorsport, credi che la 1000 Miglia dimostri come la Formula 1 in qualche modo perda qualcosa per strada nella relazione con gli appassionati?
“Si, concordo. È stata la lezione più importante che mi ha regalato questa esperienza. Alla vigilia della partenza da Brescia mi ero immaginato la 1000 Miglia come un giro per l’Italia, non avevo aspettative particolari. Ma pochi chilometri dopo essere partiti ci hanno sorpassato diverse macchine… come se fossimo fermi!”

“Allora ho pensato a cosa è stata questa gara in passato, quando era una corsa competitiva ai massimi livelli: ho immaginato Rudolf Caracciola, Stirling Moss, Tazio Nuvolari, che scattavano al via da Brescia per andare a Roma e tornare nel minor tempo possibile, e ho realizzato cosa erano chiamati a fare quei piloti, e alle possibilità che avevano di avere incidenti mortali”.

“C’era coraggio, talento, erano dei gladiatori che controllavano le vetture in modo pazzesco. Io ho guidato una SL300 Prototipo del 1952 che può arrivare a 280 km/h, una vettura che 65 anni dopo è ancora incredibilmente performante, è pazzesco pensare a quello che riuscivano a fare anni fa, ovvero qualcosa che solo pochissimi erano in grado di realizzare, con una passione incredibile”.

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