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Svizzera
Intervista

Vettel esclusivo, vuota il sacco: "La Ferrari è competitiva, ma mai dominante!”

Sebastian nella lunga intervista tocca gli aspetti sensibili. "Per vincere ci manca l’ultimo passo, arriverà”. “La pressione? È bello sentire avere una nazione alle spalle, come l’Italia è con la Ferrari”. “Leclerc? Vuole battermi come io voglio batterlo, ma la chiave sarà lavorare insieme”.

Sebastian Vettel, Ferrari e Roberto Chinchero, Motorsport.com

Sebastian Vettel, Ferrari e Roberto Chinchero, Motorsport.com

Ferrari

Sebastian Vettel, Ferrari e Roberto Chinchero, Motorsport.com
Sebastian Vettel, Ferrari e Roberto Chinchero, Motorsport.com
Sebastian Vettel, Ferrari e Roberto Chinchero, Motorsport.com
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H
Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1 e Sebastian Vettel, Ferrari, festeggiano nel parco chiuso
Sebastian Vettel, Ferrari, in conferenza stampa
(Da sx a dx): Sebastian Vettel, Ferrari, Guillaume Rocquelin, ingegnere di pista Red Bull Racing, Max Verstappen, Red Bull Racing e Kimi Raikkonen, Ferrari, festeggiano sul podio dietro ad Armin van Buuren, DJ
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H
Sebastian Vettel, Ferrari
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H
Maurizio Arrivabene, Ferrari Team Principal e Sebastian Vettel, Ferrari
Sebastian Vettel, Ferrari, ispeziona il circuito
Sebastian Vettel, Ferrari talks with Red Bull Racing mechanics
Sergio Marchionne
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H e Daniel Ricciardo, Red Bull Racing RB14, si scontrano nel primo giro
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H va in testacoda dopo il contatto con Daniel Ricciardo, Red Bull Racing RB14
Sebastian Vettel, Ferrari
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H
Charles Leclerc, Sauber
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H
Sebastian Vettel, Ferrari, 2° classificato, lascia il podio con il suo trofeo e lo Champagne
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H
Kimi Raikkonen, Ferrari alla conferenza stampa
Kimi Raikkonen, Ferrari
Max Verstappen, Red Bull Racing, 1° classificato, festeggia nel parco chiuso
Sebastian Vettel, Ferrari, 2° classificato, e Max Verstappen, Red Bull Racing, 1° classificato, spruzzano lo Champagne sul podio
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H e Max Verstappen, Red Bull Racing RB14, nel parco chiuso
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H, va largo sull'erba
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H
Fan Ferrari
Meccanici Ferrari al lavoro sulla sospensione anteriore della Ferrari SF-71H
Ferrari SF71H, fondo
Sebastian Vettel, Ferrari
Un Alebrijes sul tavolo per gli autografi di Sebastian Vettel, Ferrari
Sebastian Vettel, Ferrari
Ferrari SF71H bargeboard, GP degli Stati Uniti
Bandiera Ferrari e bandiere italiane, nel parco chiuso
Sebastian Vettel, Ferrari, corre
Sebastian Vettel, Ferrari, nel parco chiuso
Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1, festeggia con il suo team
Il rivale per il Titolo Sebastian Vettel, Ferrari, si congratula con il vincitore del Mondiale Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1
Sebastian Vettel, Ferrari e Maurizio Arrivabene, Team Principal, Ferrari
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H

La stagione 2018 di Sebastian Vettel è stata la più intensa delle undici disputate dal trentunenne tedesco di Heppenheim. Un inizio di Mondiale da leader, poi il grafico della sua stagione si è incrociato con quello del campione del Mondo nella domenica nera di Hockenheim, e da li la stagione ha preso un’altra piega.

Anche se Vettel è un punto fermo della Formula 1 da un decennio, resta un uomo ancora difficile da conoscere a fondo.

Ha le spalle grosse oppure no? Sa gestire la pressione oppure no? E via di questo passo, domande che restano li anche perché nessuno (al di la di una ristrettissima cerchia di amici) può dire di conoscere Sebastian Vettel a fondo.

Sotto certi aspetti riesce ancora a stupire: una battuta a sorpresa, una grinta tipica da ‘vena chiusa’ che a volte è un bene, a volte meno.

Un tedesco a sangue caldo, che fa fatica a trattenere le lacrime sul podio di città del Messico, a cui capita si ‘sbroccare’ più di quel che si immagina, e che continua a sognare un Mondiale in Rosso che ancora non arriva.

“Questione di tempo”, sostiene Sebastian, ma il tempo passa e lui tribola, scoprendo un vivere la Formula 1 molto diversa rispetto ai tempi dei trionfi Red Bull, in cui i riflettori non si accendono solo per i festeggiamenti ma anche per i processi.

Iniziamo da una domanda che si sono posti in tanti. È difficile spiegare come siate passati dal vincere alla grande nel Gran Premio del Belgio al ritrovarvi in difficoltà a partire da Singapore fino a Suzuka…
“Perché dici ‘vincere alla grande’?”.

In Belgio il modo in cui hai ‘bruciato’ Hamilton dopo il via e la sua impossibilità a riattaccarti è sembrata la conferma di una grande vittoria…
“Forse su questa affermazione ho un’opinione diversa da quella che ha molta gente. È giusto dire che abbiamo avuto una monoposto molto competitiva, ma non concordo con chi ha la percezione che la nostra vettura sia stata dominante”.

“Se ripenso ai risultati che abbiamo ottenuto da inizio anno non vedo una superiorità dominante. Pensa a Spa: non avevamo la pole, a prescindere dalle condizioni (le qualifiche con l’improvvisa pioggia), ed abbiamo sfruttato la conformazione della pista sfruttando la salita dell’Eau Rouge che si fa in pieno e il lungo rettilineo successivo”.

“Nel 2017 non avevamo la stessa potenza e per questo il sorpasso dodici mesi fa non fu possibile, mentre quest’anno non avevamo più quel gap di cavalli quindi sono stato in grado di sfruttare la scia riuscendo a passare”.

Però poi Lewis non ha più avuto la possibilità di attaccarti…
“Si, ma era sempre vicino, due o tre secondi, aveva lo stesso ritmo perché i tempi erano nello stesso decimo. Poi a un certo punto ha rinunciato, ed è per questo che sotto la bandiera a scacchi ci hanno diviso otto secondi, ma con questo non credo che avessimo una monoposto dominante”.

“È stato un confronto molto combattuto, e credo che se Lewis fosse stato al comando al termine del primo giro, come avvenne lo scorso anno, avrebbe vinto lui e io sarei arrivato alle sue spalle. Durante questa stagione in diversi Gran Premi siamo stati molto vicini, con dei passi di gara competitivi, ma non c’è una corsa in cui abbiamo dominato, cosa che invece è avvenuta a parti invertite”.

“Se guardi le gare in Spagna, Francia, Russia, credo che in quelle occasioni (Mercedes) ha confermato una superiorità notevole, cosa che nel nostro caso non c’è mai stata. Con questo non vorrei essere frainteso: non sono qui a sostenere che abbiamo avuto a disposizione una macchina non all’altezza, perché so di avere una monoposto competitiva, ma non sono d’accordo con chi sostiene che abbiamo avuto una vettura superiore”.

Credi che ci possa essere stato troppo entusiasmo da parte degli appassionati e anche da parte di qualche addetto ai lavori?
“Forse sì”.

Pensi che la squadra sia cresciuta da quando sei arrivato a Maranello a inizio 2015?
“Molto. Ci sono stati dei miglioramenti enormi in tutte le aree. Ovviamente il mio ruolo è quello di guidare la macchina, non sono certo io che progetto la macchina o strutturo il team, ma essendo parte della squadra non posso che confermare quanto il team sia cresciuto, e credo che lo possano dire tutti coloro che sono in Ferrari”.

“Abbiamo ottime persone sia a Maranello che in pista, professionisti di talento in grado di trovare idee, soluzioni, concetti nuovi, credo ci siano tutti gli ingredienti di cui abbiamo bisogno. Ci manca l’ultimo passo, quello finale, ma sono abbastanza sicuro che arriverà”.

C’è stato un momento preciso in cui hai capito che sarebbe stato difficile vincere il Mondiale? Singapore? Sochi?
“Esatto, perché come sai in quei weekend non ci siamo confermati veloci. Alla fine per lottare per un Mondiale devi avere sempre una buona performance e, come ho sempre detto, già dallo scorso anno, ciò che conta è confermarsi sempre in lotta per la vittoria”.

“Nel 2017 siamo stato competitivi nella prima metà della stagione, poi abbiamo avuto dei problemi su alcune tipologie di piste ed abbiamo pagato dei ritiri, ma soprattutto abbiamo perso lo slancio iniziare perché non eravamo più così veloci”.

“Penso che quest'anno, sfortunatamente, per alcuni versi sia stato simile. In alcune gare non abbiamo avuto la stessa performance della Mercedes e loro sono stati in grado di fare bottino pieno, guadagnando molti punti in quelle occasioni. Noi, al contrario, non abbiamo capitalizzato i punti che speravano in due, tre o quattro occasioni, come sapete, e questo è stato un peccato”.

Per questo hai ricevuto molte critiche, come saprai…
“Si, ma fa parte del gioco”.

È una situazione che ti ha dato fastidio?
“Non proprio, anche perché non seguo granché ciò che viene detto. Ho sempre pensato che ‘non sei bravo mai come dicono, e non sei mai male come dicono’, e credo che sia davvero così”.

“Detto questo, credo che l'entusiasmo sia un aspetto positivo, perché è per questo che la gente ama il nostro sport. A volte questa dose di passione comporta ricevere molte critiche, ma ci sono anche persone che non lo fanno, o lo fanno di meno, ma fa parte del gioco”.

“A volte trovo che le critiche non sono motivate, ma anche quando sei giudicato come un eroe a volte non è sempre giusto. Alla fine credo che sia corretto tenere le distanze, piuttosto che analizzare tutto ciò che viene detto e scritto parola per parola”.

Pensi che la scomparsa di Sergio Marchionne abbia avuto un forte impatto sulla squadra?
“Sarebbe sbagliato dire che non è così. Penso di sì, ma credo che la squadra sia riuscita a restare molto compatta, e non credo che si debbano usare i risultati arrivati (dopo la scomparsa del Presidente) per trarre delle conclusioni”.

“Ovviamente era una parte fondamentale del nostro team, guidava la nostra squadra, e apprendere della scomparsa di una persona di questa caratura in modo improvviso, è sempre dura. Ma siamo una grande squadra, formata da tanti reparti e grandi professionisti, e sotto molti aspetti, sanno comunque cosa devono fare”.

“Non credo che il peso di un impatto si senta nel breve periodo, quello che è successo in questa stagione credo non sia collegato alla scomparsa del Presidente”.

In Formula 1 tutti sono sotto pressione, ma in tanti sostengono che quando vesti di Rosso di pressione ce n’è parecchia in più: lo confermi?
“La Ferrari è diversa e questo per me è un aspetto positivo. Come ho detto prima, spesso intorno a noi c’è tanto entusiasmo, ed è importante viverlo come un aspetto positivo, capisci cosa intendo dire?”.

“Può essere vissuta come ‘ah, c’è troppa pressione, troppa attesa’, ma puoi anche vivere la stessa cosa come un valore aggiunto dell’avere una nazione alle spalle, come l’Italia è con la Ferrari. La gente crede nella Ferrari, ama la Ferrari, e quando non riusciamo a soddisfare i desideri di tutti i sostenitori è naturale che ci sia delusione. Questo fa parte del gioco”.

Quindi le regole sono chiare…
“Sì, penso di sì. Dobbiamo prendere la parte positiva che arriva dall’avere così tante persone dietro di noi”.

Non è un segreto l’ottimo rapporto che hai con Kimi. Credi che cambierà qualcosa per te con l’arrivo il prossimo anno di Charles Leclerc?
“Sarà sicuramente diverso, perché Charles non è Kimi e Kimi non è Charles. È un ragazzo giovane, credo che avrà molti pensieri nella sua testa e penso che nell’interesse del team dovremo lavorare insieme”.

“Sono certo che vuole battermi come io voglio batterlo, le regole sono chiare, e sono le stesse regole che ci sono con Kimi. Penso che la chiave sia il lavorare insieme e, come ho detto, avrà molte cose nella sua testa. Ma sono il suo compagno di squadra, quindi sono anche qui per aiutarlo. Non sono il tipo che si nasconde o che fa i ‘giochetti’, è per questo che penso di andare molto d'accordo con Kimi, perché su questo fronte siamo molto simili. Vedremo…”.

Il ruolo che hai avuto a partire dal tuo arrivo in Ferrari è in parte diverso da quello che avevi in Red Bull?
“Sulla carta no, perché il mio ruolo è guidare la macchina. Ma penso che le circostanze che mi hanno portato in Red Bull e Ferrari siano completamente diverse. Sono arrivato in Red Bull giovanissimo e, sotto molti aspetti, non avevo alcuna esperienza, quindi ho dovuto mettermi alla prova e siamo cresciuti insieme, io e la squadra”.

“La Ferrari è già un top team, non sono qui per crescere con il team: la Ferrari è cresciuta molto prima che io nascessi già! Ma ovviamente quando sono arrivato la squadra non era al vertice, e l'obiettivo era quello di tornarci insieme, questa era, ed è ancora, il nostro traguardo. Penso che ci stiamo avvicinando e sono sicuro che ci arriveremo”.

Quando Kimi ha annunciato il suo accordo con la Sauber ha confermato che resterà in Formula 1 oltre i 40 anni. È una scelta che potresti fare anche tu in futuro?
“Mi manca ancora parecchio tempo per arrivare a fare la scelta di Kimi, praticamente lo stesso intervallo trascorso da quando ho esordito in Formula 1 fino ad oggi!”.

“Non so, vorrebbe dire disputare 400 Gran Premi in totale… comunque mai dire mai, se vincerò i prossimi dieci Mondiali con la Ferrari magari sì, non ci sarebbe motivo per dire no…”.

Se pensi al tuo futuro in Formula 1, lo immagini sempre in Rosso?
“Al momento sono qui. I rapporti sono regolamentati da contratti firmati, ma credo che sia ancora più importate essere contento dei rapporti che si hanno con le persone con cui lavori. Al momento sono qui, e il mio obiettivo è sempre lo stesso, quindi si”.

Si parla spesso dell’aggressività di Max Verstappen. Tu hai avuto diversi momenti ‘ravvicinati’ con lui, l’ultimo dei quali a Suzuka. Pensi che il suo approccio vada oltre quelle che sono le regole che vigono in Formula 1?
“Tutti hanno un proprio stile di guida e credo che sia un aspetto positivo essere aggressivi, a patto di esserlo nei momenti giusti. Credo che si sia già ‘calmato’ rispetto a qualche anno fa, e che abbia trovato la sua strada, è un percorso che tutti i piloti fanno”.

“Non credo ci siano dei dubbi sul fatto che sia veloce e che abbia talento, così come credo che ci siano ancora molte cose che imparerà in futuro. Sono certo che resterà da queste parti molto più a lungo di me”.

Sei d’accordo con chi sostiene che correre per il campionato comporta un approccio differente rispetto a chi corre per l’obiettivo di tappa? Verstappen fino ad oggi non ha ancora inseguito obiettivi nella classifica generale…
“Sì, sicuro. Si potrà obiettare che ad inizio stagione in molti guidano per il campionato, ma l’approccio non è ancora quello che hai quando arrivi ad un certo punto della stagione in cui inizi a pensarci davvero”.

“Credo che ci sia una linea molto sottile, perché alla fine anche chi è in lotta per il titolo punta sempre a vincere, e personalmente credo che sia questo l’approccio giusto. Più gare vinci, più è probabile che ti possa aggiudicare il campionato, non credo sia una grande scelta fare un passo indietro e diventare prudenti”.

“Se nel 2012 fossi stato troppo cauto, non sarei stato campione del mondo: ad Abu Dhabi sono risalito al quarto posto dopo essere partito ultimo, e avrei potuto accontentarmi del risultato, dodici punti. Ma quando ho visto che avrei potuto provare a passare Jenson Button per il terzo posto, l'ho attaccato e sono riuscito a strappargli la posizione, ottenendo altri tre punti. E a fine stagione mi sono laureato campione per… due punti. Se analizziamo la storia della Formula 1 si trovano esempi da una parte e dall’altra, ma personalmente non credo che si debba mai avere paura di correre”.

Concordi con chi sostiene che i campioni debbano essere per indole dei ‘bastardi’?
“Non so. Capisco cosa vuoi dire, e in parte sono d’accordo. Credo che ognuno di noi sia libero di decidere chi è e chi vuole essere. Ci sono particolari circostanze in cui può servire, ma non vedo il motivo per cui si debba essere sempre un ‘bastardo’ dentro e fuori dalla monoposto, capisci cosa intendo?”.

“Quando sei in pista devi sfidare i limiti, e questo vuol dire che serve essere dei ‘duri’, se è questo che intendi allora sono d’accordo. Ma in linea di principio credo che si debba sempre essere ciò che si è, anche perché non sarai mai qualcun altro”.

Se diciamo che Usain Bolt è indubbiamente più veloce dei centometristi di venti o trenta anni fa, diciamo una cosa ovvia. Ma se sosteniamo che un pilota attuale è più forte di uno degli anni ’80 o ’90 troviamo un nutrito gruppo di persone che non è d’accordo. Come te lo spieghi?
“Iniziamo col dire che i 100 metri sono sempre 100 metri, non sono cambiati, mentre in Formula 1 le monoposto subiscono una costante evoluzione. Credo che in tutti gli sport sia cambiata la conoscenza, la cultura specifica, se ad esempio prendessimo Bolt e lo portassimo negli anni ’80, credo proprio che avrebbe dominato molto di più di quanto abbia fatto nel suo tempo”.

“Ma sono anche convinto che se traghettassimo i grandi nomi degli anni ’80 nel mondo contemporaneo, ed avessero accesso sin da giovani alle conoscenze attuali, magari sarebbero ancora li a giocarsela”.

Quindi ognuno è figlio del suo tempo?
“È difficile fare confronti. Guarda anche solo il fisico dei piloti, la mia generazione non assomiglia per nulla ad un pilota anni ‘80, ma forse se guidassi una monoposto di quegli anni avrei bisogno di più forza, e magari la mia struttura fisica non mi consentirebbe di farlo al meglio”.

“Viceversa credo che un pilota di 30 o 40 anni fa non potrebbe guidare la monoposto che guido io oggi, sono abbastanza certo che non ce la farebbe. Ciò che è richiesto oggi è diverso, dalla struttura fisica alle attitudini”.

Oggi è più o meno complesso rispetto a trenta anni fa?
“Non abbiamo più il cambio manuale, abbiamo il paddle shift che ha facilitato la vita, e non abbiamo più neanche la frizione. È probabile che in passato alcuni piloti emergessero sugli avversari per la capacità di gestire meglio la meccanica, più gentili con il cambio, con la trasmissione, con la frizione, grazie ad una sensibilità particolarmente spiccata per quelle esigenze”.

“Oggi quell’abilità non è più richiesta, ma ne devi avere molte altre. Abbiamo molto più carico aerodinamico, le macchine sono decisamente più veloci, tutto avviene molto più velocemente. Nel complesso credo sia normale che gli sport diventino sempre più professionali, e che gli atleti siano dei professionisti in costante evoluzione, che continuano sempre ad alzare i limiti”.

“Assolutamente senza mancanza di rispetto, credo che Roger Federer sia un giocatore di tennis più completo di Bjorn Borg o di Pat Cash, non trovi?”.

“Credo che se chiedi ai piloti di diversi anni fa saranno d’accordo, se parli con Jackie Stewart ti confermerà che la sua Formula 1 non aveva dati da guardare, non avevano una cultura del fitness, non avevano dati telemetrici da studiare e non avevano i simulatori”.

Sei un fan dei simulatori?
“Sono un fan degli anni ‘80”.

Quindi sei tra coloro che preferirebbero tornare ai test in pista?
“Si, è sempre più piacevole sedersi in macchina e sentire le forze che vengono provocate dalla guida al limite. Anche se il simulatore diventa sempre più vicino al reale, di sicuro non si avrà mai la stessa emozione e lo stesso feeling dell’essere in pista nel mondo reale”.

Ma saresti disponibile ad essere in pista durante la settimana tra un Gran Premio ed il successivo come all’inizio della tua carriera?
“Non è che oggi non ci siano impegni, ad iniziare proprio dal simulatore. Ma se posso scegliere preferisco guidare la monoposto vera, è sempre più divertente”.

“Oggi tutti i chilometri che percorriamo sono nel weekend di gara, ma fuori dal contesto delle gare giriamo pochissimo. Ogni pilota ha quattro giorni prima del via del Mondiale, quattro giorni. Se in uno di questi giorni ti becchi maltempo, diventano tre. Se guardiamo qualsiasi altro sportivo del mondo, o qualsiasi altra disciplina, penso che siamo lo sport con la minore possibilità di allenarsi”.

È un grande handicap?
“Immagina un tennista che ha tre o quattro giorni con la racchetta in mano per preparare una stagione. È pazzesco, dai!”.

Quest’anno in molti hanno sottolineato la capacità di Hamilton di non commettere errori. Credi che quando si arriva da una striscia vincente, come quella attale di Lewis, ci si ritrovi in una condizione mentale di serenità che ti permette di guidare nelle condizioni migliori? È un momento che probabilmente hai vissuto anche tu in Red Bull…
“Sicuramente. Quando arrivi da un periodo molto positivo, come nel caso della Mercedes, di sicuro non può che essere un vantaggio. Per gli avversari diventa più difficile batterli, ma non è ovviamente impossibile riuscirci”.

“Devo dire che non ho visto molto le sue gare, sono concentrato sulle mie, ma come ho detto prima, se le cose non vanno come nelle previsioni, la gente si concentra su cosa è andato storto e non su chi ha ragione. Ma tornando alla domanda, non posso dare una risposta precisa, magari se ha avuto qualche giornata storta è stata più ad inizio campionato che nella seconda fase di stagione”.

Hai realizzato tutti i sogni che avevi quando in Formula 3 da ragazzino ti sei affacciato sul panorama internazionale?
“Sì, credo di sì. Credo che lo sarebbero tutti i piloti che guidano la mia macchina, credo di essere in una posizione molto fortunata, lottare per vincere, lottare per salire sul podio, è ciò che desiderano tutti i piloti. Ho avuto un percorso incredibile, realizzando il sogno di guidare in Formula 1, di vincere una gara, di vincere un campionato, di vincere più di un campionato e di guidare per la Ferrari”.

“Spero che il prossimo sia quello di vincere un Mondiale con la Ferrari, non penso poi che si possa chiedere di più. Forse ho avuto anche troppo, sono accadute tante cose in breve tempo, ma sono una persona che guarda sempre avanti, e alla fine non vedo l’ora di poter ancora vivere la mia emozione più grande, o di disputare la mia migliore gara, e in un certo senso di vivere un periodo ancora migliore della mia carriera da pilota”.

“Penso che sia giusto così, magari un giorno quando dopo i 40 anni andrò in pensione, sarà comunque importante avere lo spirito per guardare avanti a quello che sarà, piuttosto che voltarmi indietro pensando a quale è stato il mio giorno migliore o a quale è stata la mia gara più esaltante. Trovo che sia triste vivere di passato, personalmente mi auguro di guardare sempre avanti”.

Credi che il giorno che lascerai la Formula 1 potrai affrontare altre sfide in casco e tuta come sembra voler fare Alonso?
“Sì. Forse sarà così, ma oggi non posso saperlo. Una scelta del genere non vuol dire andare a sfidare piloti coetanei, di 40 anni e più, ma anche ragazzi molto giovani”.

“E se è vero che col tempo si perde performance, magari c’è da pensarci bene, vedremo. Ci sono molte cose che mi piacerebbe fare, ma non ho ancora un piano preciso, ho alcune idee, che oggi sono molto... riservate, alcune sono diverse dalla Formula 1, ma chi lo sa…”.

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