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Intervista

Vasseur: "Giovinazzi pilota di punta per il dopo Raikkonen"

In questa intervista esclusiva, Frédéric Vasseur ha parlato delle sfide che attendono la F1 nell'imminente futuro ed ha indicato in Antonio Giovinazzi il leader che potrebbe prendere il posto di Raikkonen quando il finlandese si ritirerà dalle corse.

Antonio Giovinazzi, Alfa Romeo Racing C41

Foto di: Zak Mauger / Motorsport Images

Frédéric Vasseur sta cercando di lasciare un segno in Formula 1. Non è tassativamente una questione di vittorie e titoli Mondiali, quanto di sfide (ambiziose) da portare a termine con successo. In altri contesti, non di secondo piano, il cinquantatreenne ingegnere francese un segno nel panorama del motorsport lo ha già lasciato. Gli ultimi dodici titoli Mondiali di Formula 1 sono stati vinti da piloti che hanno corso e vinto nella sua squadra (nata come ASM e diventata poi ART), ancora attivissima nelle formule propedeutiche, un team diventato un punto di riferimento per i giovani che aspirano al professionismo.

Dal 2016 Vasseur ha accettato la sfida Formula 1, entrando nel paddock in divisa Renault e passando in Sauber il 12 luglio della stagione successiva. Il team svizzero chiuse con 5 punti il Mondiale 2017, iniziando un crescendo culminato con i 57 punti del 2019. Poi una battura d’arresto lo scorso anno, e un 2021 iniziato con un deciso passo avanti ma ancora lontano dal vedere concretizzato in classifica il lavoro svolto nella sede di Hinwil. Vasseur ci spera, e conta soprattutto su Antonio Giovinazzi (anche nel lungo periodo) per raggiungere gli obiettivi.

Nella lunga intervista concessa a Motorsport.com Vasseur non si ferma ai temi d’attualità (contrasti, fronte finanziario e tecnico, mercato piloti etc) ma va oltre, facendo il punto su molti temi che escono anche del contesto Formula 1. Può farlo, il manager francese, avendo toccato con mano per molti anni anche il mondo esterno al paddock in cui lavora oggi.

Iniziamo dalla vostra monoposto, che in questa prima parte di stagione ha confermato un buon passo avanti rispetto al 2020. Considerando tutte le restrizioni imposte dal regolamento, quali sono state le aree che vi hanno permesso questo miglioramento?

“Confermo che la situazione in cui ci siamo trovati è stata atipica, ma abbiamo avuto comunque dei margini di intervento nelle zone lasciate libere dal regolamento, come l’aerodinamica. Abbiamo fatto un buon lavoro su questo fronte, e credo che siamo stati la squadra che rispetto al 2020 ha confermato il passo in avanti maggiore. Alla fine però questo non è un traguardo, perché l’obiettivo è quello di fare punti e non essere la squadra che ha migliorato di più. Ma in termini di lavoro svolto, sono abbastanza soddisfatto”.

Nelle ultime settimane sta tenendo banco la storia delle ali flessibili. Qual è la tua posizione al riguardo? Sembra esserci una spaccatura nel paddock.

Se chiedi un’opinione ai dieci team, avrai probabilmente dieci punti di vista differenti tra loro. Per quanto mi riguarda è molto chiaro, non stiamo violando il regolamento. La FIA ha pensato e scritto le regole, noi abbiamo progettato le monoposto basandoci sul regolamento pubblicato ed approvato, e come è prassi in Formula 1, tutti lavoriamo al limite in ogni singola area. Questa è la filosofia di questo sport, e tutte le squadre operano in questo modo, a partire dal peso delle vetture fino al loro design e in generale ad ogni singolo aspetto. Poi improvvisamente, penso in seguito alle lamentele di una squadra, abbiamo ricevuto una nuova direttiva tecnica che ci ha informato del cambiamento dei valori dei test di controllo”.

Che effetti può avere questa direttiva?

“Se progetti l'auto per rispettare un valore X specificato nel regolamento tecnico, e poi di colpo il valore aumenta del 50%, tutti coloro che erano al limite rischiano di essere fuori. Ovviamente capisco che ci sia una motivazione dietro, ma non la condivido appieno, questi chiarimenti non devono arrivare a stagione in corso, ma molto prima. Aggiungo, e non parlo solo del nostro team, che si parla tantissimo e si discute sempre per cercare di contenere le spese, e poi arriva una direttiva tecnica come questa che ci costringerà a riprogettare e realizzare nuove ali. Tieni presente che stiamo discutendo da tempo se ridurre o meno la presenza sui campi di gara di…una o due persone, poi arriva una direttiva che di colpo comporta una spesa enormemente superiore (si parla di oltre mezzo milione di dollari n.d.a.). Nel nostro caso questa spesa non pianificata comporterà un drastico taglio al budget che originariamente era previsto per lo sviluppo della monoposto”.

La F1 sta valutando diversi cambiamenti, ad esempio il format del weekend che presto vedrà l’esordio della sprint qualifying. Sei in linea con la scelta di inseguire il pubblico o la F1 dovrebbe mantenere il suo ‘Dna’ cercando di migliorare la competitività della serie su altri fronti?

“Personalmente credo che la sprint qualifying sia ancora compatibile con l’aspetto sportivo, nel senso che i risultati delle classifiche restano basati sulla pura prestazione di chi è in pista, per essere chiaro, non stiamo introducendo una…lotteria. È un format che da anni esiste già nel Gran Premio di Macao, e per quanto mi riguarda se possiamo aumentare lo spettacolo nei weekend di gara senza andare a scapito dello spirito sportivo, a me va bene. Poi mi piace l’approccio, ovvero proviamo a vedere come va in questa stagione, e poi prenderemo una decisione sul futuro. Non è facile farsi un’idea precisa senza la verifica in pista”.

Passiamo al rapporto con l'Alfa Romeo, come sta andando?

“Stiamo parlando di futuro con il gruppo Stellantis, è in corso una discussione molto costruttiva che punta a prolungare il contratto che ci lega. Spero possa andare tutto nel migliore dei modi, ma ovviamente non è una mia decisione”.

È cambiato qualcosa dopo l’accordo Stellantis?

No, ma ovviamente è in corso un processo di riorganizzazione. Sono contento e fiducioso dopo le ultime dichiarazioni di Stellatis in merito ad Alfa Romeo, vogliono supportarla e sono coscienti che il marchio Alfa Romeo è una grande risorsa per il gruppo. Personalmente credo che sia una grande risorsa anche per la F1, parliamo di un marchio iconico che era presente in pista agli albori di questo sport. Da parte mia spero che si riesca a mettere tutto insieme e a proseguire questo cammino”.

Passiamo ad Antonio Giovinazzi. Dai primi giri nei test pre-campionato in Bahrain ha confermato uno step importante. Concordi con questo giudizio?

Sì, ha chiaramente fatto un passo avanti, ma già nella seconda parte del 2020 era su questa strada. Stiamo vedendo il suo gran passo in qualifica, solo ad Imola ha avuto un problema (con Mazepin) ma per il resto si è sempre confermato il migliore della squadra. Per noi è importante avere stabilità, e Antonio sta migliorando anche in questo senso. Non so se ‘sfortunato’ è la parola giusta, ma nelle prime gare di questa stagione abbiamo avuto troppi problemi che hanno compromesso la sua possibilità di incamerare dei punti nella classifica generale. Ma il ritmo lo ha sempre confermato, ed in prospettiva è l’aspetto più importante, visto che ci attendono ancora molte gare”.

Non è un segreto che Kimi sia molto vicino ai titoli di coda della sua carriera in Formula 1. Credi che Antonio possa essere pronto al ruolo di pilota di riferimento affiancato, eventualmente, da un giovane?

Penso di sì, perché il feedback che ci garantisce Antonio è solido. Probabilmente uno dei problemi che ha sofferto in passato è stato il voler concentrarsi su Kimi come riferimento. Credo che il grande cambiamento sia stato l’aver deciso di concentrarsi esclusivamente su sé stesso e sul lavoro che è in grado di fare. Non è un cambiamento scontato, perché sappiamo che il primo riferimento per ogni pilota è il suo compagno di squadra, ma Antonio ha cambiato approccio e abbiamo visto i risultati. Ora ha una posizione solida nella squadra, e questo è importante anche per il team”.

Quindi non è impossibile pensare ad Antonio affiancato da un giovane…

“No. Niente è impossibile, ma è un po' troppo presto per discutere dei piloti 2022. Antonio sta facendo un buon lavoro e abbiamo ancora 19 gare da disputare”.

Parlaci del ruolo di Kubica.

“Abbiamo completato di recente due giorni di test a Barcellona con le gomme da 18 pollici per conto della Pirelli. E il feedback che garantisce Robert è sempre ottimo, direi che il suo è un mega-feedback, lo è sempre stato e lo è ancora. È importante per noi avere Robert in squadra, ha un'ottima comprensione delle prestazioni della macchina, parla chiaro, e questo aspetto è cruciale perché ci indica la via per migliorare. Per noi è un grande valore aggiunto”.

Un’altra discussione aperta nel paddock è quella sul modello di business delle squadre, ed in particolare dei team più piccoli. Sulla carta un’azienda dovrebbe avere la possibilità di poter realizzare un utile a fine anno, credi che si stia lavorando per rendere concreta questa prospettiva? Se una squadra oggi entrasse in Formula 1 avrebbe possibilità di sopravvivere nel lungo periodo?

C’è un’enorme differenza e un enorme divario tra sopravvivere e realizzare un profitto. Il primo obiettivo è quello di ridurre le perdite e diventare sostenibili, e credo che abbiamo fatto un enorme passo avanti negli ultimi 24 mesi. La distribuzione del montepremi dal punto di vista dei piccoli team è migliorata, ovviamente si può sempre far meglio, ma penso che l’accordo dello scorso anno rappresenti il più grande passo avanti dell’ultimo decennio. Sono anche convinto che il montepremi complessivo e le entrate generate dalla F1, dopo il COVID continueranno ad aumentare, e se questo aspetto coinciderà con la riduzione dei costi, potrebbe aprirsi uno scenario che rende possibili dei potenziali guadagni. Ho fiducia nella possibilità che la F1 diventi sempre più interessante per sponsor e investitori, e parlando con alcuni colleghi ho constatato una visione comune che conferma un entusiasmo maggiore da parte di aziende interessate ad entrare nel nostro sport rispetto al passato. Penso che stiamo andando nella giusta direzione”.

Sauber è una delle squadre che ha consolidato delle attività tecnologiche anche al di fuori della Formula 1.  Può essere anche questa una via per la sostenibilità economica delle squadre?

“Certo. È stata una delle direzioni che abbiamo preso negli ultimi due mesi per sviluppare l'azienda, non solo il team, ma l'azienda. Vogliamo capitalizzare l'asset F1 per poter sviluppare attività esterne, non è un processo breve e non è facile, perché spesso i team di F1 non sono abituati ad operare nella vita…normale (Vasseur sorride). Abbiamo dovuto cambiare un po' la mentalità, ma siamo sulla strada giusta. Il lavoro per ‘terzi’ è una voce in crescita all’interno dell’azienda Sauber, ed è una crescita che presto avrà un peso importante nei bilanci”.

Hai elogiato il sistema di divisione degli introiti, giudicandolo un passo avanti per i piccolo team.

“È stata una trattativa lunga (Vasseur sorride) ed ovviamente ognuna delle parti sedute intorno al tavolo ha cercato di tutelare i propri interessi. Ma alla fine abbiamo trovato un accordo, e credo che sia stato un buon accordo anche per noi, ora la sfida principale è quella di aumentare le entrare complessive della F1ed è ciò su cui tutti stanno lavorando. Ci tengo a sottolineare che lo scorso anno Formula 1 ha svolto un ottimo lavoro in condizioni decisamente non facili, siamo stati il primo sport mondiale a riprendere l’attività riuscendo a tornare in pista, e quest’anno è incoraggiante vedere l’interesse crescente da parte di sponsor e promotori”.

Probabilmente sei uno dei massimi esperti in questo paddock sul tema ‘giovani piloti’.  Negli ultimi anni abbiamo visto arrivare in Formula 1 una generazione di piloti davvero giovani: credi che sia positivo avere degli under-20 nel mondiale o c’è una pericolosa corsa alla precocità?

Ma il problema non è la F1, bensì il karting. Hanno anticipato tutto, oggi a 12 anni un ragazzo può già partecipare ai Mondiali, e quando ne hanno 13 o 14 hanno concluso il loro percorso, o comunque hanno la sensazione di aver fatto tutto ciò che è possibile fare nel karting. A quel punto vogliono passare in monoposto, e trovano sempre un promotore di un campionato che decide di aprire ai quattordicenni o quindicenni, quindi a 16 anni te li ritrovi in Formula 3. Theo Pourchaire (recente vincitore a Monaco in F2 a soli 17 anni) è un buon esempio in questo senso. Non voglio parlare come un vecchio, ma ne discutevo poco fa con Giedo van der Garde, il quale mi ricordava che quando aveva la stessa età di Pourchaire era campione del mondo karting. Il problema nasce da lì, e paradossalmente credo che sarebbe interesse anche del karting trattenere i giovani un po' più a lungo. Questo però non vuol dire che i ragazzi non siano preparati, anzi, la professionalità delle serie junior è cresciuta moltissimo, e questo consente a piloti anche giovanissimi di essere in grado di fare un buon lavoro quando arrivano in Formula 1. Un aspetto impressionante…”.

L’aspetto forse più impressionante non è tanto la velocità in pista, ma vedere dei ragazzi di 18 o 19 anni tenere dei briefing con un pool di ingegneri intorno.

“Probabilmente per questi ragazzi il motorsport, con tutte le sue problematiche, è una sorta di confort-zone. È il loro mondo, si parla di corse e lo fanno da diversi anni, e sono abituati ad affrontare questo tipo di tematiche. Anche quando si ritrovano con dieci ingegneri intorno al tavolo, la cosa più importante per un giovane pilota è costruire un rapporto molto forte con il suo ingegnere di pista, ed è un qualcosa che hanno già fatto, sono abituati. Probabilmente per questi ragazzi è più difficile gestire la pressione mediatica rispetto alle problematiche tecniche, perché il mondo dei media che c’è in Formula 1 per loro è una cosa mai vista prima. Paradossalmente a volte le problematiche maggiori per un giovane esordiente sono quelle che lo aspettano fuori dalla macchina e dal box”.

Negli ultimi due anni è capitato di vedere il tuo nome tra i candidati a ruoli dirigenziali in Mercedes e Renault. Hai mai avuto la tentazione di accettare un’altra sfida?

“Avere un contatto è fondamentale per la vita in F1. Quando i giornalisti mi chiedono “Hai parlato con altri piloti?", rispondo “Ovviamente si!”. Passiamo la vita insieme, voli, hotel, paddock, ci si vede un po' ovunque. Tornando al mio ruolo, la cosa che ritengo più importante è costruire qualcosa, e penso che con l'Alfa Romeo Racing e Orlen ho la possibilità di farlo. I prossimi 24 mesi saranno cruciali perché ci attende la sfida legata al nuovo regolamento e dovremo rinnovare l'accordo con lo sponsor. Sono sfide, e se posso costruire qualcosa di solido non vedo motivi che possono portarmi a cambiare”.

Dove immagini Fred Vasseur tra cinque anni? Ancora in Formula 1?

“Tra cinque anni? Devo partecipare alle Olimpiadi di Parigi! Non so ancora in quale sport, ma devo esserci! Tornando alla domanda, da una parte aumentano il numero di Gran Premi, sta diventando sempre più faticoso, ma la vera motivazione viene dalla passione per le corse. Lo stesso per me, per te, per tutti coloro che sono nel paddock. Finché hai la passione, penso che questo non sia un lavoro, quindi…mi sa che andremo avanti ancora un po'”.

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