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Analisi Toro Rosso STR13: nessuna rivoluzione, ma tanto coraggio

La squadra faentina per la prima volta dispone di un motore ufficiale fornito in esclusiva dalla Honda: la STR13 è una monoposto che ha la sospensione posteriore tipo McLaren e una "monorotaia" come slot nel fondo.

Toro Rosso STR13

Toro Rosso STR13

Scuderia Toro Rosso

Toro Rosso STR13
Toro Rosso STR13
Mercedes W08 eToro Rosso STR12, design della sospensione anteriore
Toro Rosso STR13
Toro Rosso STR13

La Toro Rosso adotta il motore Honda in esclusiva con l’ambizione di regalare qualche soddisfazione ai giapponesi che iniziano il quarto anno dopo il rientro in Formula 1, sperando che non sia di nuovo un Calvario come il terribile triennio appena concluso con la McLaren.

La squadra faentina con la STR13 ottiene un riconoscimento insperato perché per la prima volta nella sua storia di undici anni diventa il team di riferimento di un Costruttore. Dietrich Mateschitz, titolare della Red Bull, si era stufato di vedere il team diretto da Franz Tost concludere per il quarto di fila al settimo posto del mondiale Costruttori pur disponendo del quinto budget del Circus.

L’abbinamento con la Honda è una grande opportunità perché i proprietari austriaci possono ridurre l’esposizione economica in quello che dovrebbe essere lo junior team, dal momento che i nipponici hanno portato le power unit gratis insieme a un budget di sviluppo (che non sono i 100 milioni di dollari di cui disponeva la McLaren) ma che aiuteranno a valutare il vero potenziale di un motore che è considerato un piccolo capolavoro di packaging, dopo aver mostrato gravi carenze di potenza e di affidabilità.

Vedremo se nella STR13 curata da James Key, nel ruolo di direttore tecnico, il 6 cilindri giapponeseo troverà una base importante per crescere e ambire caso mai a motorizzare anche la Red Bull Racing in un futuro prossimo. I tecnici della Toro Rosso hanno mostrato una grande duttilità perché per il terzo anno di fila sono stati costretti a cambiare power unit: Ferrari (2016), Renault (2017) e Honda (2018).

La nuova monoposto che si è vista nella pit lane di Barcellona alle 8,10, prima dell’inizio dei test collettivi, mostra una sua personalità spiccata e una certa raffinatezza nelle scelte. La Toro Rosso non ha niente di rivoluzionario, ma porta in pista delle soluzioni che possiamo definire coraggiose.

Nel retrotreno, per esempio, si è vista una sospensione posteriore che ingloba un triangolo superiore con un bracket che esce molto dal porta mozzo, riprendendo un concetto che ha destato grande curiosità sulla McLaren MCL33.

Come sulla macchina di Woking, anche sulla STR13 c’è il tirante che s’infulcra a metà del braccio per cercare di ridurre la resistenza all’avanzamento. E, proprio come sulla “papaja” c’è il fondo con una lunga feritoia longitudinale: se la McLaren ha una sorta di “binario”, la Toro Rosso dispone di una grande… “mono-rotaia” nella quale il flusso può infilarsi per energizzare l’aria che viene convogliata nella parte inferiore per arrivare al diffusore posteriore.

Si cerca di aumentare il carico aerodinamico senza penalizzare l’efficienza: la Toro Rosso, recentemente, si è sempre distinta nelle piste medio-lente, andando in crisi sul veloce. A Faenza contano di correggere questo difetto migliorando il comportamento anche nei curvoni veloci.

Il muso della STR13 è più “filante”: lo si nota in alto con l’estrusione dell’attacco del triangolo superiore sulla scocca che denota il tentativo di ridurre la resistenza all’avanzamento, mentre in basso ha mantenuto il tradizionale “nasino” caratterizzato da una piccola apertura sulla punta. I piloni che reggono l'ala hanno tre soffiaggi proprio come la McLaren.

Sotto al muso ci sono i turning vanes con ben undici slot orizzontali e la presa dell’S-duct che sfoga in alto in prossimità del vanity panel che copre il pozzetto della sospensione anteriore. Lo schema è rimasto il collaudato push rod, ma la realizzazione è piuttosto spinta. È stato mantenuto il triangolo superiore disassato grazie al pivot che esce dal porta mozzo: il braccio è stato alzato alla massima altezza per ragioni aerodinamiche. Il puntone è molto inclinato in avanti e denota un certo allungamento del passo.

In basso, invece, c’è il braccio a “diapason” che quest’anno la Mercedes ha ripudiato per ragioni di peso e che a Faenza portano avanti con fierezza contando sulle qualità aerodinamiche che può dare essendo piuttosto vicino a quello superiore.

Il complicato bargeboards si collega ai deviatori di flusso a due elementi verticali posti ai lati delle fiancate. La bocca dei radiatori di forma quasi triangolare è sovrastata da un profilo alare di chiara derivazione Red Bull che si collega ai deviatori di flusso. La pancia svasata in basso si stringe molto dietro alle masse radianti. L’impressione è che sia stata molto curata l’installazione della power unit Honda liberando un posteriore molto pulito.

L’Halo s’integra bene nell’abitacolo di colore blu: la protezione della testa evidenzia un profilo aggiuntivo che serve a mitigare le turbolenze negative del “tubo”, mentre è molto curata la zona dietro alla testa del pilota: la presa d’aria dinamica del motore Honda è piuttosto generosa: quella centrale, all’interno del roll bar, alimenta il motore, mentre quelle laterali sono destinate al raffreddamento dell’ibrido.

Il cofano motore scende presto verso il retrotreno, lasciando in vista una deriva verticale piuttosto grande. Per il momento non c’è la gear-wing, mentre l’alettone posteriore è sorretto da un mono-pilone che diventa un tutt’uno con il comando del DRS. Nel cerchio anteriore non manca il mozzo soffiato. E la presa dei freni anteriore è tutta nuova con la forma a palpebra che utilizza la gomma Pirelli come elemento di chiusura riprendendo un’idea McLaren, proprio come gli upper flap a cactus nell’ala anteriore...

 

 

 

 

 

 

 

 

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