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Racing Point: perché è un caso che può cambiare la F1

Ross Brawn ha ammesso candidamente che copiare è un comportamento molto radicato in F1 da sempre. C'è chi lo fa meglio di altri e sa ottenere i risultati: la Racing Point ha estremizzato il concetto potendo acquistare molte parti della Mercedes. Ma Andreas Seidl della McLaren si domanda se i GP debbano diventare "...un campionato di monoposto copiate".

Sergio Perez, Racing Point RP20

Sergio Perez, Racing Point RP20

Andy Hone / Motorsport Images

La decisione che la FIA dovrà prendere in merito al caso Racing Point, sarà di grandissima importanza ed è destinata ad avere un impatto enorme sul futuro della Formula 1. Non si tratta solo di valutare la paternità di una presa d’aria dei freni, ma di un verdetto che legittimerà o meno la possibilità di avere nel campionato Mondiale dei ‘customer’ team, ovvero squadre che possono programmare la partecipazione al campionato contando sul pieno supporto tecnologico da parte di un altro team.

La patata è decisamente bollente, anche se il tema non è inedito. “Copiare fa parte del quotidiano della Formula 1 – ha spiegato Ross Brawn - ogni squadra ha i suoi fotografi in pit-lane che scattano migliaia di foto poi analizzate dagli ingegneri. Non c'è una solo team nel paddock che non sia copiato dagli avversari, se chiedessimo ai direttori tecnici di alzare la mano se non hanno mai copiato nulla, credo che non vedremmo molte mani, compreso me stesso. Ricordo che fornivamo ai nostri fotografi una ‘lista della spesa’ sui particolari di nostro interesse”.

Racing Point inaugura il concetto di copia 2.0

“Racing Point è passata alla fase successiva - ha chiarito Brawn - svolgendo un lavoro più approfondito e quando ti porti a ridosso delle prime posizioni finisci sotto i riflettori, ma resto della mia idea: copiare in Formula 1 è una procedura standard”.

Il concetto di Brawn è molto chiaro, ma per la FIA si prospetta una questione spinosa. Lo scorso anno la Racing Point ha avuto accesso alle prese d’aria Mercedes, perché non era una componente inclusa nelle ‘listed parts’, ovvero gli elementi che la squadra deve progettare e realizzare autonomamente.

Dal 2020 i ‘brake duct’ sono entrati nell’ormai famosa lista, ma dodici mesi fa non lo erano: “È difficile sostenere che Racing Point abbia dimenticato quanto visto nel 2019 – ha sottolineato Brawn – hanno avuto a disposizione quelle componenti, e non si può ipotizzare che i tecnici non abbiamo potute copiarle autonomamente. È un problema complicato da risolvere per i tecnici della Federazione Internazionale”.

Gli effetti della decisione FIA

In ballo però c’è di più della paternità delle brake duct in esame. Da molti anni in Formula 1 c’è uno scontro tra chi sostiene che la proprietà dei singoli progetti sia nel Dna del campionato, e si dovrebbe proseguire su questa strada vietando alle singole squadre di poter accedere alla tecnologia di altri team. C’è però anche chi sostiene che l’evoluzione tecnica si è spinta così in avanti (soprattutto tra le squadre di vertice) da creare di fatto una Formula 1 di serie B, ma soprattutto da scoraggiare l’ingresso nel Mondiale di nuove squadre.

L’unica new-entry vista negli ultimi anni è stata la Haas, che ha attinto a piene mani dalla tecnologia Ferrari riportando di estrema attualità il tema del travaso tecnico. La squadra statunitense non si è però mai affacciata nelle posizioni frequentate oggi dalla Racing Point, ed in Formula 1 se un avversario non crea problemi può anche correre con una ruota in più senza che gli animi si surriscaldino.

Il caso Racing Point ha alzato la portata del problema e per questo motivo la decisione FIA è destinata ad avere un grande impatto sul futuro del Circus. Se la squadra di Lawrence Stroll la spunterà, c’è da scommettere che il modello di gestione del team di Silverstone sarà valutato anche da altre squadre.

Se, ad esempio, acquistare oggi la Williams non dà garanzia di poter ambire a grandi risultati, con la possibilità di poter accedere in modo massiccio alla tecnologia di altri top-team le prospettive potrebbero cambiare.

Potenzialmente ci sarebbero molte più possibilità di garantire un futuro a chi è in difficoltà, ma ci sono le controindicazioni del caso, sottolineate da chi, come McLaren e Renault, continuano a finanziare e realizzare i loro progetti in autonomia.

“Vogliamo davvero avere un campionato Mondiale di monoposto copiate?”, ha sottolineato il direttore sportivo della McLaren, Andreas Seidl, sposando una causa che sarà anche d’interesse, ma che si basa su timori molto concreti.

Il problema si sposterebbe da chi oggi non ha potenziale tecnico per emergere o anche solo sopravvivere, a squadre che pur potendo essere tecnicamente indipendenti rischierebbero di soccombere a team clienti che portano in pista materiale acquistato. Il futuro è nelle mani della FIA, e qualunque sarà la decisione che sarà presa, c’è da aspettarsi una lunga coda polemica.

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