Nervi tesi in casa Sauber all'indomani di Baku
Il licenziamento della boss Monisha Kaltenborn e un paio di episodi nel corso del GP dell’Azerbaijan hanno contribuito ad esacerbare le incomprensioni già presenti tra Marcus Ericsson e Pascal Wehrlein.
Xevi Pujolar, Sauber F1 Head of Track Engineering and Jorg Zander, Sauber Technical Director on the Sauber pit wall gantry
Sutton Motorsport Images
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato quanto successo alla vigilia del round di Baku, o meglio le voci diffuse a proposito dei motivi della cacciata improvvisa della responsabile del muretto Monisha Kaltenborn, imputabili a un suo disaccordo con la gestione Longbow Finance che avrebbe voluto qualche spintarella in più a favore dello svedese.
Ed infatti nel paddock del giovedì non si è fatto che parlare di questo. In particolare, in contemporanea al comunicato ufficiale a firma del CEO Pascal Picci che negava ogni cosa, incalzato sull’argomento, Pascal Wehrlein mostrava evidente imbarazzo e preferiva evitare di rispondere, quasi a far capire che in effetti qualche tentativo di sabotarlo, o di favorire l’altro, c’era stato.
Dal canto suo Marcus rispondeva di non saperne niente e di essere consapevole che “come in tutte le squadre ci sia sempre qualcosa di cui discutere”, chiara ammissione di incomprensioni sulla strada da seguire, salvo poi esprimere sorpresa e rammarico (di circostanza?) per la scelta dei neo proprietari.
Domenica poi un altro episodio. Questa volta regalato dalla pista. Un contatto nelle fasi finali del Gran Premio, mentre il pilota di origine mauriziana tentava di prendersi la decima posizione.
“L’ho toccato perché non mi aveva dato abbastanza spazio all’esterno. Anche queste sono le corse”, si è giustificato il 22enne.
Diversa e ancora più pungente la versione del driver di Kumla, che ha sottolineato, quasi a voler negare i chiacchierati atteggiamenti a suo pro, “via radio mi è stato chiesto di lasciarlo passare e io l’ho fatto”.
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