Nel declino della McLaren quale aiuto può dare un test di Alonso alla ripresa?
La squadra di Woking con la Williams è l'unica a non aver preso punti in Australia: mentre la MCL34 di Sainz è andata a fuoco per il ko del motore Renault, la Honda con la Red Bull ha conquistato il primo podio dell'era ibrida. E Fernando che contributo può dare al cambiamento?
Carlos Sainz Jr., McLaren MCL34, si ritira dalla gara
Rubio / Motorsport Images
C’è chi è convintissimo: “nel motorsport la sfortuna non esiste”, affermazione che da sempre il via a lunghe discussioni con due schieramenti contrapposti che solitamente restano della propria. Ci sono vicende di gara realmente estranee al lavoro di una squadra e di un pilota (non esiste, ad esempio, un errore che provoca una foratura…) ma ci sono situazioni determinate da una o più scelte errate, decisioni che cambiano il corso della storia di un team o di un pilota.
Terminato il Gran Premio di Melbourne, sui lunghi voli di ritorno in Europa c’è tempo per commenti sulla prima gara stagionale, partendo dalle prime file fino alle retrovie. Classifica alla mano ci sono due team che hanno lasciato l’Australia a zero punti, la facilmente prevedibile Williams e la McLaren. Non è solo una questione di top-10 mancata, quanto di un quadro negativo che è diventato un esempio di come alcune decisioni possano cambiare il corso della storia sportiva di un team. Qui non c’è sfortuna, ma solo valutazioni errate e mancanza di visione.
Nel 2017 la squadra che una volta vinceva mondiali a raffica (con al timone Ron Dennis) remava nelle retrovie per la disperazione di Fernando Alonso e Stoffel Vandoorne. Il motivo della mancanza di competitività venne identificato esclusivamente nella power unit Honda, per il resto in Inghilterra c’era chi indica il telaio McLaren come il ‘best chassis’ della griglia di partenza.
Alonso per restare nel Mondiale 2018 chiese di non vedere più alle sue spalle il motore giapponese, ed i responsabili della squadra, con Zak Brown davanti a tutti, decisero di puntare sullo spagnolo, rinunciando ad un motore ufficiale (gratuito) e ad un corposo contributo garantito dalla Honda (si parla di oltre 50 milioni di euro a stagione) e da fornitori tecnici.
Dodici mesi i risultati non hanno dipinto proprio il quadro che si erano immaginati a Woking. La McLaren si è ritrovata ancora nelle posizioni della stagione precedente, un passettino avanti, ma davvero poca roba.
La power unit Renault (pagata a prezzo pieno) abbinata ad Alonso ed uno chassis che prometteva meraviglie, ha formato un cocktail che si è confermato lontanissimo dalla Red Bull equipaggiata con lo stesso propulsore. Ma le brutte notizie non vengono mai da sole.
Nel frattempo la Honda ha confermato una buona crescita sulla Toro Rosso, ma soprattutto al management giapponese è riuscito il colpaccio di legarsi alla Red Bull, creando un binomio che solo un anno prima sarebbe sembrato fantascienza. Ma almeno la McLaren ha…Alonso. Macché. Via anche lui, ovvero la squadra ha perso anche il motivo per cui aveva rinunciato alla Honda esattamente un anno prima.
E al primo GP del 2019, ecco proprio la Honda festeggiare il primo podio ibrido con Max Verstappen, mentre la McLaren ha visto andare a fuoco la power unit Renault sulla monoposto di Carlos Sainz. La rivincita dei giapponesi è stata clamorosa, e buon per Brown che gli ingegneri Honda non amino rilasciare dichiarazioni per togliersi qualche sassolino dalle scarpe.
Solo la Red Bull ha voluto sbertucciare con un tweet l’affermazione di Fernando Alonso del 2018 “ora possiamo lottare”, frase che non portò fortuna allo spagnolo dopo il quarto posto di Melbourne, che restò poi suo il migliore risultato della stagione. “Now we can fight”, ha replicato la Red Bull dopo il podio australiano, con tanto di occhiolino.
Siamo solo ai primi passi della stagione, e la McLaren ha comunque fatto vedere un buon spunto in qualifica con Lando Norris, che forma con Sainz l’inedito tandem a cui il team si è affidato per il dopo Alonso.
Ma all’orizzonte prende forma un’altra nuvola: sembra sempre più probabile che nei test in programma in Bahrain due giorno dopo il Gran Premio, la McLaren potrebbe far salire sulla monoposto 2019 proprio Alonso. Una scelta destinata a far notizia, e che sarà probabilmente anche apprezzata dai ‘media’, ma che riesce difficile da comprendere nell’ottica dei programmi del team.
Se lo spagnolo completerà un gran test, minerà la fiducia del team nei confronti del tandem di titolari, andando a indebolire anche la stima che lo staff tecnico ha riposto nei confronti di due ragazzi di 24 e 20 anni. Se invece Nando andrà male… ecco servito l’alibi perfetto: “su quella macchina neanche Alonso è riuscito a combinare qualcosa”.
Le operazioni nostalgia in Formula 1 tradizionalmente non funzionano, e chi gestisce una squadra dovrebbe saperlo bene, ma anche davanti all’evidenza c’è chi non si arrende. Questione di scelte, visto che alla McLaren la volontà di Alonso è costata la partnership con la Honda, ma a Woking sembrano avere la memoria corta.
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