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Mo Nunn si è spento a 79 anni: dall'Ensign in F1 ai successi con Zanardi in Indycar

Con talento e pochi soldi Nunn aveva tentato la carriera del pilota, ma poi senza risorse aveva preferito trasformarsi in Costruttore di F3 dando vita all'Ensign. Il team ha resistito in F1 per quasi dieci anni. Ma le soddisfazioni poi sono arrivate dall'America.

Mo Nunn

Mo Nunn

Championship Auto Racing Teams

Morris Nunn
Rikky von Opel, Ensign N174
Rikky von Opel, Ensign N173
Vern Schuppan, Ensign-Ford
Nelson Piquet, Ensign N177 Ford
Patrick Gaillard, Ensign N179 Ford
Alex Caffi, Ensign MN176
#14 Ensign N180 (1980): Simon Fish
Ensign N180
Ensign MN177
Clay Regazzoni
Mo Nunn
Alex Zanardi, Chip Ganassi Racing Reynard Honda

Il suo destino era di non arrivare mai alla cifra tonda. L’Ensign in F1 era giunta alla soglia del Club dei 100 GP, ma si era arresa a 99 e Mo Nunn, il suo ideatore, si è spento mercoledì 18 luglio senza chiudere il traguardo degli 80 anni che avrebbe compiuto il 27 settembre.

Persona cordiale e garbata. Aveva un grande talento. Più da ingegnere che da pilota. La sua carriera nell’abitacolo era durata il giusto dopo un avvio molto promettente, ma senza soldi sapeva che non sarebbe potuto andare lontano.

Nato a Walsall nel 1938, Morris Nunn aveva cominciato a correre in moto nel 1962, finché non mise piede nell’officina di West Bromwich che era gestita dall’ex pilota di F.1 Chris Ashmore e da suo fratello Gerry. Se ne tornò a casa con una Cooper-Climax F2 pagata solo 850 sterline: per questo mise da parte le due ruote e andò a correre a Silverstone.

L’anno dopo corse sporadicamente con la Cooper, prima di passare alla Lotus 23B, la piccola Sport con la quale iniziò a ottenere qualche risultato. Nel 1966 si era messo in mostra con la Lotus 41, la F3 che curava personalmente. Non si capiva se stesse andando forte perché guidava molto bene, oppure perché sapeva mettersela a punto a meraviglia, tanto che nel 1969 fu chiamato da Colin Chapman per guidare una monoposto ufficiale nei colori Gold Leaf.

Mo tentò anche una breve incursione in F5000 con una Lola nei primi anni ‘70 ma non ebbe fortuna. Così inseguì la strada che doveva portarlo in F1 attraverso un’altra via: a 31 anni decise di diventare Costruttore.

Ripartì dalla F3 che conosceva bene: investì tutti i suoi risparmi in un piccolo garage nel quale costruì la prima Ensign. Guidata da Bev Bond raggiunse buoni risultati nel 1971 tanto che Nunn cominciò a raccogliere prenotazioni di macchine da altri clienti.

Uno di questi era Rikky von Opel, un rampollo del Liechtenstein che spinse Nunn a finanziare una F1 nel 1973 che non combinò molto: in 7 gare la N 173 aveva ottenuto solo un 13esimo posto. Il riccone si disamorò subito dei GP, ma Morris si era fatto apprezzare per essere un tecnico in gamba e trovò il supporto di Teddy Yip, il magnate di Hong Kong della Theodore, che gli portò l’australiano Vern Schuppan nel 1974, mentre nel 1975 era toccato all’olandese Gjis van Lennep regalargli il primo punto con il sesto posto al Nurburgring.

La Ensign si batteva sempre in problemi di soldi, ciò nonostante Nunn chiamò a guidare la sua macchina un certo Chris Amon per un paio di gare nel 1976. Il neozelandese ha proseguito anche nel 1976 centrando una clamorosa terza posizione in griglia ad Anderstorp nel GP del Belgio e poi sesto a Brands Hatch nel GP di Gran Bretagna.

Amon, poi si decise per il ritiro, per il posto del kiwi fu preso prima da Jacky Ickx e poi, nel 1977, da Clay Regazzoni. Lo svizzero per cinque volte aveva portato la N177 a punti, mentre al suo fianco era arrivato il francese Patrick Tambay con la seconda monoposto supportata dalla Theodore.

Nel 1978 Nunn aveva dato l’opportunità a un giovane Nelson Piquet di debuttare in F1, alternando poi altri piloti come Derek Daly, Harald Ertl, Geoff Lees, Lamberto Leoni, Brett Lunger e Danny Ongais.

Sembrava che le difficoltà economiche dovessero essere superate nel 1980 quando con la sponsorizzazione della Unipart era tornato Clay Regazzoni, ma il grave incidente dello svizzero a Long Beach fece crollare il castello di carte della Ensign: Clay rimasto senza freni si schiantò contro la Brabham di Zunino che non era stata rimossa e finì su una sedia a rotelle.

La Unipart lasciò la squadra a fine anno, e non bastò il quarto posto di Marc Surer corroborato dal giro più veloce in un GP del Brasile 1981 bagnatissimo a salvare l’Ensign che fece ancora 8 GP nel 1982 con Roberto Guerrero prima che Morris vendesse tutto all’amico e sostenitore Teddy Yip. L’avventura in F1 si era chiusa al 99esimo GP visto che a Las Vegas il colombiano non era partito.

Non riuscendo a festeggiare il decennale nel Circus, Nunn aveva deciso di seguire Guerrero in Indycar al team Bignotti-Cotter, diventando, senza l’ansia di trovare i soldi, uno degli ingegneri specializzato nella messa a punto delle monoposto sugli ovali.

Dopo un periodo con Mario Andretti al team Newman-Haas, aveva aiutato Emerson Fittipaldi a vincere la 500 Miglia di Indianapolis e il titolo CART del 1989 con il team Pat Patrick. Poi è diventato il direttore tecnico di Chip Ganassi, vincendo il titolo 1996 con Jimmy Vasser, prima di vivere altre due stagioni straordinarie con Alex Zanardi: il bolognese aveva instaurato un legame speciale con Mo e i due titoli erano arrivati quasi di conseguenza.

Quando l'italiano è tornato in F1 alla Williams, Nunn ha convinto Ganassi a ingaggiare Juan Pablo Montoya per vincere il quarto titolo USA di fila con il colombiano.

Nel 2000, grazie all'appoggio della Mercedes, Nunn si era fatto tentare a costituire di nuovo una propria squadra con base a Indianapolis per partecipare alla serie CART. Inizialmente aveva curato la monoposto di Tony Kanaan, prima di riunirsi con Zanardi l'anno seguente. Nei giorni che avevano sconvolto il mondo per l’attentato alle Torri Gemelle, Alex ebbe il terribile crash al Lausitzring nel quale perse entrambe le gombe.

Sembrava una maledizione per il Nunn imprenditore ma che poi ha stretto i denti proseguendo la sua attività con Tora Takagi nel 2004 e con Adrian Fernandez solo per Indy nel 2005. Poi di nuovo la voglia di darci un taglio. Vendere tutto, per restare in contatto con il motorsport come consulente di Ganassi. Mo, adesso, avrà trovato la sua pace…

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