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Villeneuve: "La F.1 è roba da uomini, non da bambini!"

Jacques critica le monoposto troppo facili da guidare e l'accesso ai Gp del 17enne Max Verstappen

Villeneuve:

Jacques Villeneuve: il pilota ha vinto il mondiale di Formula 1 nel 1997 con la Williams FW19-Renault e in precedenza la 500 Miglia di Indianapolis nel 1995 con la Reynard-Cosworth del team Green, centrando anche il titolo di Formula Indy. Il commentatore tv di SKY dai Gp di F.1, invece, è una voce libera che dice sempre quello che pensa.

A 43 anni il canadese non ha ancora appeso il casco al chiodo: nel poco tempo libero lasciato dai Gp, ha partecipato al mondiale Rallycross con una Peugeot 208 di un team privato che non stava insieme sui salti, raccogliendo meno risultati di quanto avrebbe meritato. E allora ha accettato l’invito di partecipare al Memorial Bettega con una Ford Fiesta RS WRC dell’M-Sport, conquistando subito il terzo posto nel Bettega Night.

L’occasione è stata buona per fare una bella chiacchierata con Jacques e la sua visione delle corse e della Formula 1. Persona molto schietta e intelligente, a dispetto dei piloti che vanno per la maggiore e che sembrano “radioguidati” dai team manager, Villeneuve ha una visione del mondo delle corse molto cristallina. Ecco cosa ne è venuto fuori da un confronto acceso…

Quello al Motor Show è stato un ritorno?
“Sì, ero venuto a Bologna nel 1991 per partecipare alla gara di Formula 3: mi ricordo che l’ambiente era bellissimo e devo dire che tale è rimasto anche con il passare degli anni. Vieni qua e percepisci qual è la passione della gente. È una cosa molto bella per un pilota. Ci sono tornato volentieri: avevo il week end libero e non abito lontano. Ma ci tornerei ancora perché mi sono divertito…”.

Come hai trovato la pista?
“Era molto impegnativa, ed è andata bene che nessuno sia caduto dal ponte che per me era pericoloso. Andava affrontato con una velocità dosata, perché con i solchi nella terra c’era il rischio di finire di sotto”.

Ha dominato Robert Kubica…
“Conosce bene la sua macchina, ha preso dei rischi e al Memorial Bettega pagano. E’ stato sempre molto veloce per cui era il punto di riferimento per noi tutti”.

Ken Block è un performer di Youtube o un pilota vero?
“E’ un performer che riesce ad andare anche forte in pista, quindi è un pilota a tutti gli effetti…”.

Hai corso il mondiale Rallycross, ma con pochi risultati: come mai?
“La macchina si rompeva in ogni gara. In Canada si è staccato perfino il serbatoio! Ogni volta che la mia Peugeot non andava a pezzi ero nel gruppo davanti, però non c’era un week end che stesse insieme. Ripeterei l’esperienza se ci fosse l’opportunità di disputare un campionato fatto bene. Mi sarei divertito se non si fosse rotto ogni volta un pezzo nuovo perché la 208 era fatta in casa e allora dopo un po’ mi sono stufato: in Franciacorta abbiamo scoperto con l’ingegnere che i semiasse erano stati addirittura saldati, ma il campionato è bello…”.

Hai contestato anche le regole del mondiale Rallycross…
“In passato si contavano due risultati su tre e se anche si rompeva qualcosa in una manche non si penalizzava il risultato finale, mentre il promotore, la IMG, ha cambiato le norme per cui contavano le quattro gare, non c’erano le qualifiche e normalmente eravamo in quaranta iscritti ad ogni appuntamento e in finale entravano solo in sedici, per cui era facile avere contatti e danni”.

È sbagliata la norma?
“Basterebbe tornare all’esperienza degli anni precedenti, reintroducendo le qualifiche”.

Lo spettacolo però è divertente…
“Sì è vero è molto bello”.

Passiamo alla F.1: fra Vettel che è andato alla Ferrari e Alonso che ha scelto la McLaren, chi ci ha guadagnato nel cambiamento?
“Tutti e due. Entrambi si trovano in una condizione migliore di quella che hanno lasciato. Vettel non era più voluto dalla Red Bull. Non era più considerato il “ragazzo d’oro”: se avesse vinto ancora lui il merito non sarebbe stato della Red Bull Racing, ma solo di Sebastian. La Red Bull non è una famiglia come vuole far credere, ma ha un solo interesse: vendere molte lattine e, quindi, la squadra si è “innamorata” di Daniel Ricciardo e Vettel non aveva altra alternativa che chiudere con Milton Keynes. Ha fatto bene ad andare via perché non c’era più il clima giusto per lui e arriva alla Ferrari nel momento in cui il team si sta ricostruendo. Ci vorrà un po’ di pazienza nel 2015, ma i risultati si vedranno nel 2016”.

E su Alonso che ne pensi?
“Non sono sicuro delle scelte che ha fatto. Aveva bisogno di aria nuova, perché è arrivato alla Ferrari vincendo, ma poi quando le cose sono andate male, non è rimasto un uomo Ferrari. Fernando, purtroppo, non era più l’uomo squadra di Maranello. Proprio come era successo nella prima esperienza alla McLaren. A mio parere è il miglior pilota che c’è in Formula 1 quando abbassa la visiera del casco, ma fuori dell’abitacolo non ragiona in funzione del team, ma solo per se stesso. Usa Twitter e internet a suo vantaggio e questo a un top team non piace. Specie con una squadra come la Ferrari che ha sempre protetto i suoi piloti anche quando le cose non sono andate bene. L’esempio è dato da Kimi: la Ferrari, a differenza della Red Bull, è una famiglia. Fernando dall’anno scorso si è chiamato fuori, per cui è giusto che se ne sia andato”.

La McLaren, però, non sembra migliore della Ferrari attuale?
“E’ per quello che ho dei dubbi. La McLaren era fornita del migliore motore in circolazione, ma andava meno della Williams e a volte anche della Force India che disponeva di un budget che era la metà del loro. E’ il segno evidente che lì c’è un problema. E la Honda? Sarà in grado di fare una power unit competitiva? Sento dire che è nella tradizione dei giapponesi costruire un motore turbo, ma questo V6 è qualcosa d’altro. La Ferrari sapeva fare ottimi propulsori turbo negli Anni ’80, proprio come la Renault, ma chi è che vince adesso? La Mercedes che sa sfruttare meglio la parte ibrida. La Honda, quindi, è un’incognita. Cosa farà Fernando? Con queste premesse è difficile da dire, ma meno male che a Woking hanno tenuto Button, così ci sarà l’esperienza di Jenson che sarà utile a risolvere i problemi più in fretta”. La Honda può aspettare per tornare al successo, mentre Alonso ha fretta… “La Honda non si dà troppo tempo: è un marchio che entra ed esce dalla Formula 1. Non è come la Mercedes che segue un programma e lo porta a termine. La Honda era rientrata con me alla BAR e ha cominciato a vincere quando i giapponesi se n’erano appena andati via”.

La Mercedes, però, se dovesse vincere altri due mondiali di fila potrebbe uscire dal Circus…
“Non lo escluderei, visto che avrebbero raggiunto il loro obiettivo. Anche negli Anni ’50 quando hanno dominato la scena con le frecce d’argento subito dopo se ne erano andati, lasciando l’immagine degli imbattibili. Ma è giusto così: la presenza dell’Audi alla 24 Ore di Le Mans non ha più senso, perché dopo una striscia di successi incredibile potrà solo cominciare a perdere. Credo sia meglio fermarsi prima”.

È stata la power unit l’arma vincente della Mercedes nel 2014?
“Non solo, perché i tedeschi avevano anche la migliore monoposto e due piloti al top che non si sono risparmiati la battaglia. Avevano tutte le condizioni per dominare la scena come poi hanno fatto”.

Nel 2015 sarà più difficile trovare un punto di equilibrio fra Lewis e Nico?
“Sì, perché Hamilton arriverà alla fine del suo contratto”.

Resterà con il team di Brackley?
“E chi lo capisce? Alla McLaren sembrava che dovessero tenere Kevin Magnussen e poi hanno rinnovato l’accordo con Jenson Button. A volte succedono cose nei team che non si capiscono…”.

Promuovi o bocci la nuova Formula 1?
“Il campionato è stato bello, avvincente. Non si può criticare. E nemmeno l’assenza del rumore è stato un male così grave: anzi io sono contento che non ho più il male alle orecchie. Però in pista le monoposto non sembrano grintose da guidare. Arriva Verstappen, fa dieci giri e va subito forte. Sale in macchina la Wolff e si difende. Sembra che chiunque possa guidare una F.1, mentre all’epoca dei turbo di mio padre i piloti erano considerati degli eroi che domavano macchine quasi impossibili. La F.1 mi aveva impressionato quando avevo debuttato, anche se arrivavo dall’esperienza della Formula Indy. Questa F.1 non è eccitante, le macchine sembrano lente”.

E tornare alla 500 Miglia di Indianapolis che effetto ti ha fatto?
“E’ stato meraviglioso, mi ha fatto battere il cuore. Subito temevo qualche problema di adattamento e, invece, in poco tempo ho ritrovato i meccanismi che avevo memorizzato 19 anni fa. Ho fatto una gran fatica nella prima ora di test: il mio cervello non era più abituato a quella velocità. Non avevo la percezione di quello stava succedendo. Poi sono sceso dalla monoposto, mi sono bevuto un caffè e quando sono risalito in macchina ho ritrovato le informazioni che avevo in un angolo della testa. E allora è diventato tutto bellissmo…”.

Torniamo alla Formula 1: cosa cambieresti?
“Intanto l’età minima. Non deve essere di 18 anni, ma deve essere portata a 21 anni. Si deve arrivare alla Formula 1 che si è vinto qualcosa, avendo sviluppato un bagaglio di esperienza. Non è una categoria dove si allevano i piloti!”.

Verstappen, allora, come lo giudichi?
“Vuoi che ti dica la verità? Max è un abuso. Quelli della Red Bull si rendono conto che mettono un bambino dentro ad una Formula 1? Non metto in dubbio che sia naturalmente veloce, ma non ha alcuna esperienza. Io sono arrivato ai Gp a 25 anni dopo aver vinto in Formula Indy e, diciamolo, che avevo già fatto le mie cagate per cui avevo un bagaglio di esperienza che Max non può avere. Prima di lottare con la vita degli altri, devi imparare. E non è compito della F.1 insegnare. Ci si arriva solo per andare sempre più veloce”.

Il pilota-bambino, però, ha fatto riempire le pagine dei giornali…
“Sì, subito. Ma l’impatto non penso che sia stato quello che la Red Bull si aspettasse. Per l’immagine della Formula 1 il debutto di un 17enne è un messaggio negativo. Credo che questa volta l’impatto mediatico non sarà così positivo come si possa pensare”.

Christian Horner, che ha condiviso le regole del Circus, se n’è uscito lanciando l’idea di tornare ai motori bi-turbo togliendo l’ibrido…
“Christian non decide niente. E’ solo il megafono della Red Bull. Ha fatto queste sparate solo perché non dispone di un motore Mercedes. Altrimenti non vorrebbe cambiare le regole. Non pensa al bene della Formula 1, ma a quello della sua squadra e al suo futuro. Il resto non gli interessa”.

E tu cosa modificheresti sui motori?
“Metterei solo un limite: 100 kg di carburante per un Gp. Poi lascerei piena libertà ai costruttori di realizzare l’unità che preferiscono: con il frazionamento libero e senza vincoli. Toglierei anche la parte ibrida, lasciando la possibilità di usare il turbo e la cilindrata che si vuole”.

E poi?
“Gomme larghe e niente elettronica per vedere come il pilota sa gestire tutta quella potenza. La F.1 deve tornare ad essere fisica e non virtuale. La gente va a vedere i piloti…”.

Il crollo dell’audience televisiva è colpa delle tv a pagamento o perché?
“No, SKY ha fatto un ottimo lavoro. Il fatto è che questa F.1 non ti fa sognare. E’ diventata troppo facile. I piloti in passato erano considerati degli eroi perché rischiavano la vita guidando macchine che sembravano dei mostri. Quando correvo in F. Indy io stesso mi domandavo come farò a guidare queste bestie? E, invece, la Formula 1 attuale rende la guida delle monoposto troppo simile alla playstation, troppo facile. Così non va bene. E’ tanto complicata, ma anche tanto facile che la possono condurre i bambini…”.

Manca la paura?
“No, mancano i personaggi. Alonso è un tipo che ti fa sognare, Jean-Eric Vergne no. Charles Pic guida la Formula 1 e quando torna a casa può giocare con il Lego. E poi ogni volta che un pilota tenta un sorpasso e c’è un contatto si comminano le penalità: non ha senso. La F.1 ha ascoltato il parere dei fan che chiedevano più sorpassi: è stato istituito il DRS e adesso ci si lamenta di sorpassi troppo prevedibili”.

Quale sarà il futuro della Formula 1?
“Il giorno che non ci sarà più Bernie Ecclestone la Formula 1 sarà finita. Deve decidere un uomo solo, altrimenti entra in gioco la politica e basta guardare come vanno le cose in Italia o in Francia per capire che sarebbe la paralisi. Perché senza business non ci può essere Formula 1: almeno quella che conosciamo oggi e che è stata possibile grazie a Bernie”.

Sull’incidente di Jules Bianchi pensi che…
“La squadra ti spinge, con la bandiera gialla bisogna andare solo più piano del giro precedente per essere in regola. E’ sbagliata la norma…”.

Ma daresti la colpa a Jules, visto che c’è chi ha parlato anche di un problema al brake-by-wire della sua Marussia?
“Alla fine chi è uscito di pista? Anche se avesse potuto frenare di più avrebbe rallentato solo di qualche chilometro all’ora. Riguardo al controllo elettronico della frenata posteriore sono d’accordo che è un sistema molto pericoloso. Sono tanti i piloti che hanno avuto problemi nella stagione 2014 e non è facile trovare una giusta ripartizione quando al freno motore si aggiunge l’energia della ricarica dell’ibrido”.

Parteciperesti al mondiale rally come Kubica?
“E’ bellissimo, ma non mi piace avere nelle mie mani la vita del copilota. Non saprei accettare la responsabilità che l’esistenza del navigatore, di cui mi fiderei ciecamente, dipendesse da un eventuale mio errore. Un conto è finire in un fosso da solo e un altro sapendo di avere al fianco un’altra persona”.

Come ti è sembrata la Ford Fiesta RS WRC?
“Una macchina molto bella e competitiva”.

Rifarai il mondiale Rallycross?
“Se avrò l’offerta di una Casa ufficiale…”.

E a Le Mans non ci hai più pensato?
“Mi piacerebbe molto, ma non c’è nessuno che sia seriamente interessato alla mia partecipazione”.

Saresti l’unico pilota nella storia ad aver vinto il mondiale di F.1, la Formula Indy e la 500 Miglia di Indianapolis e la storica 24 Ore…
“Purtroppo sono arrivato solo secondo con la Peugeot”.

Hai perso una grande occasione nel 2008…
“E’ vero, nella notte eravamo secondi, ma ancora in lotta per la vittoria, quando aveva cominciato a scaldarsi il motore mentre pioveva. In un meeting con la squadra avevo proposto di andare all’attacco, perché magari anche l’Audi avrebbe potuto avere un problema. Se ci fossimo fermati sarebbe comunque arrivata seconda l’altra 908. Poi sono andato a riposare convinto che si tentasse il tutto per tutto e, invece, quando sono tornato al box ho scoperto che stavamo difendendo il secondo posto. Ho protestato con il team principal, Quesnel, e l’anno dopo non ho più fatto parte della squadra!”.

Non avevi mai spiegato le modalità della rottura con la squadra del Leone… “Non ho mai instaurato un vero rapporto con il capo perché non mi amava e non ho mai capito cosa ci fosse che effettivamente non andasse. Mi ricordo che non prese nemmeno il telefono per dirmi che sarei stato fuori dalla squadra 2009: mi scrisse solo una mail per comunicarmi che la Peugeot cercava un pilota francese per l’anno dopo. Punto. Peccato che poi abbiano preso David Brabham!”.

Foto Gianni Vanacore

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