Hamilton non penalizzato: perché in F1 non c'è più la certezza della pena?
E' possibile che il taglio della linea bianca fra la pit lane e la pista di Lewis sarebbe dovuto costare come un contatto fra due piloti in gara. E' evideente che c'è qualcosa da rivedere nella scala delle penalità nei GP.
Lewis Hamilton, Mercedes-AMG F1 W09 taglia sull'erba all'ingresso della pit lane
Rubio / Motorsport Images
Cara FIA è arrivato il momento di mettere ordine nelle regole, perché ad ogni Gran Premio si applicano delle sanzioni da parte del collegio dei commissari sportivi che sono sempre più difficili da spiegare agli appassionati. È scomparsa qualsiasi uniformità di giudizio, per cui ogni fatto diventa opinabile, perché non vi è più traccia della certezza della pena.
Lewis Hamilton ha vinto un GP di Germania strepitoso: mentre Sebastian Vettel è andato a sbattere la sua Ferrari alla Sachs kurve sull’asfalto viscido, l’inglese sulla stessa pista bagnata ha fatto lo differenza, sembrando un redivivo Ayrton Senna guidando con perizia, coraggio e talento a un passo insostenibile per tutti. L’accostamento con “Magic” questa volta non è affatto blasfemo, e così si finirà col dire che l’inglese vince perché dispone della macchina migliore.
Questa premessa era necessaria per dire che l’eventuale (giusta) penalizzazione di 5 secondi di Lewis Hamilton per aver tagliato al 52esimo giro la linea che divide l’ingresso della corsia dei box dalla pista avrebbe cancellato dalla storia della F1 un’impresa che resterà negli annali del Circus. L’inglese sarebbe finito al secondo posto dietro a Valtteri Bottas, sgonfiando tutta l’enfasi che accompagna l’impresa del quattro volte campione del mondo.
Se non si voleva lasciare traccia della (piccola) irregolarità commessa da Hamilton sarebbe stato meglio voltare pagina e pensare all’Ungheria senza convocarlo dai commissari sportivi due ore dopo che la corsa si era conclusa con la bandiera a scacchi. Non avendolo messo sotto investigazione durante il GP nessuno avrebbe avuto niente da ridire, ma nel momento in cui è scattata un’indagine non si può chiudere un occhio e nemmeno tutti e due.
Mika Salo e soci si sono arrampicati sugli specchi per trovare le attenuanti utili a non sanzionare Lewis e alcune sono risibili: tanto Hamilton quanto la Mercedes hanno ammesso candidamente che è stata commessa l’irregolarità, per il fatto che in quel momento c'era una gran confusione all'interno della squadra sull'idea che l’inglese dovesse restare fuori o dovesse rientrare nei box.
E siccome l'infrazione è avvenuta durante un periodo di neutralizzazione della gara con la Safety Car, in nessun momento vi è stato alcun pericolo per gli altri concorrenti per cui il repentino cambiamento di direzione di Lewis è stato eseguito in modo sicuro.
Insomma Hamilton se l’è cavata con una reprimenda, alla faccia di tutte le regole scritte. Ma nel momento in cui la “cannonata” di Sebastian Vettel contro Valtteri Bottas in Francia è stata sanzionata con 5 secondi di penalità come sarebbe stato possibile attribuire a Lewis una sanzione uguale?
E, volendo essere pignoli, anche il bloccaggio di Carlos Sainz in Austria da parte di Sebastian Vettel non ha creato alcun danno allo spagnolo, ma il tedesco è stato retrocesso di tre posizioni nella griglia del GP d’Austria. Perché si è creata una situazione di pericolo?
Ma allora qual è l’unità misura? Le regole in Formula 1 sono vessatorie nei confronti dei pilota quando in ballo ci sono delle sostituzioni di parti della power unit o della trasmissione e diventano labili per tutto il resto. Ma un conto è liquidare un incidente come un normale fatto di gara (giusto non calcare la mano quando non c’è volontarietà) e un altro è “appiattire” le pene fino a rendere il Codice Sportivo inutile. La F1 è la vetrina dell’automobilismo mondiale: cosa potranno mai imparare i giovani piloti da questa “semplificazione”?
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