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Hamilton ha costruito la pole del Mugello come un... puzzle!

Il Mugello è una pista old school, che va rispettata. Hamilton lo sa e per questo ha studiato settore per settore, firmando una grande pole questo pomeriggio, la 95esima della sua carriera in F1.

Lewis Hamilton, Mercedes-AMG F1, festeggia la pole sulla griglia

Foto di: Steven Tee / Motorsport Images

Messaggio ai giovani che ambiscono ad una carriera in Formula 1: non si smette mai di imparare, neanche se si ha un palmares con 6 titoli mondiali, 89 vittorie e 95 pole position (su 28 circuiti differenti). Il weekend del Mugello di Lewis Hamilton è esemplare in questo senso, e conferma che il talento sono le fondamenta, ma poi bisogna costruirci sopra mattone dopo mattone.

Hamilton ha iniziato il fine settimana del Mugello con qualche insolita difficoltà. “È una pista che non permette di scherzare”, ha subito chiarito, iniziando in FP1 dalla quarta posizione. È salito al secondo posto in FP2, sessione in cui ha messo a posto l’ultimo settore, e durante il turno pomeridiano Hamilton ha avuto un filo diretto con il suo ingegnere Peter Bonnington, con una continua richiesta di informazioni sui riscontri dei rivali diretti.

Nella sessione FP3 (che ha visto Bottas ancora leader) Hamilton si è dedicato al primo settore, poi è andato in qualifica con tutto ciò di cui aveva bisogno. Ha lasciato il Q1 a Bottas, poi è salito in cattedra componendo il puzzle che gli ha assicurato la pole position, con un asterisco per il finlandese poiché la bandiera gialla innescata dall’uscita di pista di Esteban Ocon non ha permesso a Valtteri di utilizzare l’ultimo set di soft a disposizione. Ma già in Q2 Hamilton aveva messo insieme i pezzi, salendo in cattedra e infliggendo l’ennesimo colpo psicologico al compagno di squadra.

“Ho sempre pensato che uno dei miei punti di forza è quello di trovare il feeling con una pista nuova in breve tempo – ha spiegato Lewis – ma alla vigilia di questo weekend, per non lasciare nulla al caso, sono anche andato al simulatore, cosa che non faccio mai. Non sono convinto di averne beneficiato in modo particolare, mi ha aiutato molto di più il lavoro che ho fatto con i miei ingegneri tra ieri e oggi. Quando ieri abbiamo iniziato a girare Valtteri si è confermato molto più avanti, in diversi punti, ed ho sentito un po' di pressione che però non mi ha impedito di rimboccarmi le maniche e mettermi sotto. Abbiamo a disposizione una miriade di dati, ma vanno analizzati e studiati, così la notte scorsa l’ho trascorsa a sezionare ogni singolo dettaglio, settore per settore, cercando di capire cosa ottimizzare”.

“C'è una vera scienza dietro questo lavoro – ha concluso Lewis – per questo ho molto rispetto per questa generazione di piloti, non si tratta più solo di garantire la capacità di guidare, ma di capire molte cose e di essere in pratica degli ingegneri. Abbiamo la possibilità di lavorare con dei grandissimi professionisti, ma poi bisogna anche essere in grado di trasferire in pista questo lavoro”. Un messaggio chiaro quello di Hamilton, un’analisi che fotografa ciò che è oggi la Formula 1 e ciò che viene richiesto ai piloti, compreso il più titolato di tutti.

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