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Intervista

Giovinazzi ci svela le sliding doors che lo hanno portato in F1 con l'Alfa Romeo Racing

Antonio Giovinazzi è il pilota italiano che, seppur senza soldi, è riuscito a meritarsi un posto in F1: il pugliese si è concesso a Motorsport.com in una lunga chiacchierata che abbiamo diviso in due puntate. Qui ci racconta i punti cardine di una carriera fatta di... sliding doors.

Antonio Giovinazzi, Alfa Romeo Racing, e Roberto Chinchero

Foto di: Alfa Romeo

Antonio Giovinazzi, Sauber C37
Antonio Giovinazzi, Sauber C37
Antonio Giovinazzi, Sauber
Antonio Giovinazzi, Sauber C37
Antonio Giovinazzi, Sauber C37
Antonio Giovinazzi, Sauber
Antonio Giovinazzi, Sauber C37
Antonio Giovinazzi, Sauber C37
Antonio Giovinazzi, Sauber
Antonio Giovinazzi, Sauber C37
Antonio Giovinazzi, Sauber
Antonio Giovinazzi, Sauber C37
Antonio Giovinazzi, Sauber C37
Antonio Giovinazzi, Sauber
Antonio Giovinazzi, Sauber C37
Antonio Giovinazzi, Sauber C37
Antonio Giovinazzi, Sauber

Lo scenario è quello tipico che precede i test invernali, ma la neve a bordo strada non comporta alcun ritardo nel raggiungere la sede di Hinwil, dove campeggiano ancora le indicazioni “Sauber”.

Presto saranno sostituite da Alfa Romeo Racing, ma ci vorrà del tempo per abituare gli abitanti della cittadina svizzera al cambio di nominativo. L’attività nella sede è frenetica, e non è da meno quella di Antonio Giovinazzi, arrivato nella factory della squadra con cui disputerà il prossimo Mondiale di Formula 1 in gran forma.

Riunioni, presentazioni, impegni media, poi si dedica a Motorsport. La chiacchierata va avanti senza freni superando di gran lunga quelli che sono i tempi normali concessi per un’intervista. Abbiamo così deciso di proporre la chiacchierata in due puntate, iniziando dalla storia che ha portato Giovinazzi in Formula 1, un percorso caratterizzato da una serie di ‘sliding-doors’, incroci in cui Antonio ha colto al volo opportunità diventate cruciali.

“Sembra sempre impossibile, finché non viene fatto”. La frase, di Nelson Mandela, si sposa bene con la storia di Antonio. Nel momento in cui il venticinquenne di Martina Franca è stato informato che sarebbe stato al via del Mondiale 2019 di Formula 1 con l’Alfa Romeo Racing, ha avuto la certezza che stava per iniziare un nuovo percorso.

Il semaforo verde è coinciso anche con una bandiera a scacchi, quella della storia che ha portato Giovinazzi dai primi passi in kart alla Formula 1. Una storia che merita di essere raccontata, e nessuno può ricostruirla meglio di chi l’ha vissuta in prima persona.

La tua storia conferma che si può ancora arrivare in Formula 1 senza avere a disposizione un supporto economico familiare in grado di spianare la strada. Cosa serve oggi per farsi largo senza capitali?
“Partiamo da un primo aspetto fondamentale: serve il supporto della famiglia, ed in questo caso non intendo quello economico. Nel karting si inizia così presto in termini di età da rendere indispensabile il supporto dei genitori, altrimenti non sai neanche come andare in pista”.

“La famiglia deve credere in te, e poi ovviamente serve la determinazione, la stessa che hai quando muovi i primi passi. Più vai avanti e più capisci che il percorso è molto difficile, ma nel mio caso è stato un grande aiuto non perdere mai la determinazione iniziale. Ci ho sempre creduto, non è stato facile, e poi ci vuole anche un po' di fortuna… quelle a volte chiamate ‘sliding-doors’”.

Credi nella fortuna?
“Diciamo una serie di incontri che nel mio caso hanno determinato il percorso che mi ha portato dove sono oggi: di programmato in certi momenti c’era poco, ma sono arrivate della chance”.

Ti va di raccontarlo?
“Certo! Nel karting non avevo le possibilità economica per il salto dal mini-kart alle serie maggiore, la KF3, e ai relativi campionati internazionali. Mi ero fatto notare, ma ero in un vicolo cieco. Mi salvò la top-kart, nella persona di William Santini che mi trattò come un figlio, e diventai pilota ufficiale. Quindi questo è stato il primo passaggio cruciale, altrimenti sarei probabilmente tornato a casa”.

Seconda porta…
“Proprio mentre ero alla top-kart conobbi Sean Gelael, e suo padre Ricardo mi chiese di essere una sorta di coach del figlio, che aveva bisogno di colmare il divario d’esperienza. Quando Sean terminò con il karting per passare in monoposto, mi ritrovati un’offerta per seguirlo… non ci potevo credere! Ero certo che non sarei uscito dal karting. Così mi ritrovai in Asia a correre nel campionato Formula Abarth, serie che vinsi. Ricardo Gelael mi chiese cosa volessi in premio, ricordo che mi propose un computer…”.

E invece?
“Io risposi deciso: una gara nella Formula Abarth italiana, perché le mie vittorie asiatiche in Europa erano state giudicate come successi facili. Così mi ritrovati a Monza, nell’ultima gara dell’Europeo, e vinsi due delle tre gare in programma, di cui una rimontando dall’ultimo posto al via. Mi presi una rivincita, fu un bel momento. Poi, sempre con Gelael, approdai in Formula 3, nel team Double R”.

“A proposito una di quelle ‘R’ era di Kimi Raikkonen, il mio attuale compagno di squadra, l’altra di Steve Robertson, suo manager, che erano soci in quel progetto. Comunque, eccomi in Formula 3 inglese, secondo. Poi nel 2015 ancora secondo nel campionato Europeo".

A quel punto sembrò che il tuo futuro fosse nelle ruote coperte…
“L’Audi mi voleva nel DTM, ed ero davvero contento per l’opportunità. Poi ecco un’altra sliding door: scoppiò lo scandalo dieselgate, l’Audi tagliò il programma in LMP1 e trasferì diversi piloti (già sotto contratto) nel DTM, e così mi ritrovati a piedi, senza neanche la possibilità di tornare in Formula 3, visto che era stato introdotto un limite di permanenza di tre stagioni nella categoria”.

Una prospettiva poco incoraggiante in vista del 2016…
“A fine 2015 avevo preso la decisione di farmi aiutare da Enrico Zanarini, un manager di grandissima esperienza. A gennaio 2016 ero in Thailandia per una gara LMP2 con Sean Gelael, e il padre Ricardo decise di aiutarmi per un’altra stagione. Così velocemente Enrico chiamò il team Prema e mi ritrovai in GP2 al fianco di Pierre Gasly. La Prema era al primo anno nella categoria, ma avevo grande fiducia nei loro mezzi, ma essendo stato loro avversario in Formula 3 ne conoscevo le loro capacità”.

E di colpo il 2016 diventa una stagione d’oro.
“Mi sono giocato il campionato fino all’ultima gara, ha vinto il mio compagno di squadra ma ad inizio anno avrei firmato per una stagione così! Pierre aveva un anno d’esperienza in più nella categoria, ed in GP2 era un valore aggiunto non indifferente, e si è dimostrato un grande avversario. È stato un anno fantastico, ho vinto due gare partendo dall’ultima posizione, e questo mi ha fatto notare molto ai piani alti”.

Al punto che…
“Al punto che a fine anno è arrivata la chiamata del Presidente Sergio Marchionne. Altra sliding-door, ed eccomi qui. Aggiungo, però, che se da una parte non si possono programmare le opportunità, dall’altra bisogna saperle cogliere. Se avessi fallito, non sarei qui”.

C’è stato un momento che ricordi come il meno piacevole della tua carriera?
“Cina 2017, senza alcun dubbio, ed intendo i giorni dopo la gara di Shanghai. Commisi due errori, sapevo bene che le chance per essere in Formula 1 sono pochissime, e per la prima volta sentii di non aver colto l’opportunità, Non ero contento di me stesso, avrei potuto dimostrare molto di più. Dopo quel weekend è tornato in pista Wehrlein, come da programma, così non ho avuto la possibilità di dimostrare che non ero il pilota visto a Shanghai, e così sono rimasto a lungo il pilota che aveva sbattuto due volte in Cina”.

Quanto è durata quell’amarezza?
“Dopo la giusta autocritica mi sono concentrato su me stesso. Per due anni ho cercato di ricambiare chi ha proseguito a darmi fiducia lavorando al meglio delle mie possibilità. Sono stato in ‘panchina’, preparandomi sempre al meglio, e sono contento oggi di constatare che il lavoro ha pagato. Ma sono anche cosciente che il ruolo di pilota titolare Alfa Romeo Racing è un punto d’arrivo ma soprattutto, di partenza. Dovrò dimostrare in pista di meritare questa opportunità, ci sono venti posti in Formula 1, e solo pochissimi piloti hanno la certezza del…’posto fisso’”.

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