Ferrari: lo sviluppo della Rossa è diventato una questione di... fondo
La SF71H ha ottenuto la vittoria in Usa con Raikkonen e il secondo posto con Vettel in Messico in versione "standard", senza le soluzioni che sono state ripetutamente provate nelle prove libere. Idee bocciate? No, concetti per il 2019 che sono stati copiati anche dalla Red Bull.
Foto di: Mark Sutton / Motorsport Images
Non si fa che un gran parlare sulle nuove soluzioni aerodinamiche della Ferrari che ultimamente non sono più andate sulla SF71H dopo che si sono viste nelle prove libere. Da Singapore in poi è sembrato che non tutto sia filato liscio sulla Rossa, come se all’improvviso lo sviluppo aerodinamico, portato avanti da Enrico Cardile e David Sanchez, si sia fermato e la ricerca di più carico si sia trasformata solo in maggiore resistenza aerodinamica.
È stato proprio così? L’ultimo sviluppo è stato portato ad Austin: le novità riguardavano il fondo e il bargeboard oltre a una piccola pinna aggiuntiva all’interno della paratia laterale dell’ala anteriore e una deriva sulla brake duct anteriore.
Ferrari SF71H bargeboard, GP degli Stati Uniti
Photo by: Giorgio Piola
Ferrari SF71H, dettaglio dell'ala anteriore
Photo by: Giorgio Piola
Ferrari SF-71H, mozzo della ruota anteriore
Photo by: Mark Sutton / Sutton Images
Insomma, un pacchetto consistente che non è stato promosso per il GP delle Americhe (se non per per la deriva sulla brake duct) dopo un breve test in FP1 portato avanti solo da Kimi Raikkonen, mentre Sebastian Vettel si è dedicato alla SF71H in versione standard.
Ferrari SF71H fondo, GP degli Stati Uniti
Photo by: Giorgio Piola
Va detto che la sessione era stata condizionata dal maltempo per cui la raccolta dei dati aerodinamici non è stata efficace come potevano aspettarsi i tecnici di Maranello, per cui le nuove soluzioni sono state riproposte a Città del Messico a distanza di una settimana, dopo che la Ferrari era tornata al successo con la 21esima vittoria in carriera di Kimi Raikkonen.
Kimi Raikkonen, Ferrari, 1° classificato, festeggia all'arrivo nel parco chiuso
Photo by: Zak Mauger / LAT Images
La Rossa in versione standard ha rotto un digiuno che durava da quattro GP, avvalorando la teoria che il materiale nuovo era da buttare via e bastava tornare indietro per ritrovarsi una Ferrari competitiva. Chi ha sposato questa teoria è stato lo stesso Sebastian Vettel che ha focalizzato su Singapore il punto di non ritorno nella lotta mondiale, più che sui suoi errori di Hockenheim e Monza ai quali ha fatto seguito proprio quello di Austin.
Ferrari SF-71H: il fondo della monoposto
Photo by: Mark Sutton / Sutton Images
Fatto sta che su un tracciato non ideale per gli esperimenti aero, dal momento che la pista Sud americana si trova in altura a 2.240 metri, per cui con l’aria rarefatta si ha una perdita di carico stimabile in circa il 30%, tanto che Raikkonen ha raggiunto una velocità massima di 362,6 km/h con profili alari degni di un circuito cittadino come Monte Carlo (il valore più alto in gara è stato raggiunto da Esteban Ocon con la Force India VJM11 con 364,9 km/h), il fondo e il bargeboard il venerdì sono stati prima montati sulla Rossa #7 del finlandese e poi anche sulla #5 del tedesco.
È stata evidente la sensazione che la Ferrari stia lavorando già per il 2019 quando l’ala anteriore semplificata e il bargeboard più basso, oltre alle brake duct senza appendici, imporranno di ritrovare i vortici perduti con nuove soluzioni.
E allora il fondo con i tre binari dotati di tre file con tre piccoli deviatori di flusso nei punti di congiunzione dei soffiaggi è stato riproposto per definire dei concetti utili per l’anno prossimo.
Ferrari SF71H, dettaglio del fondo con lo slot ostruito in Giappone
Photo by: Giorgio Piola
Lo stesso fondo privo dei "funghetti" visti ad Austin, ma dotato del lungo slot trasversale davanti alle ruote posteriori, aveva già fatto una breve apparizione in Giappone: funzionava tanto bene nell’indirizzare i vortici verso il soffiaggio che i murble di gomma e lo sporco presente in pista veniva aspirato in quel punto nevralgico che si è rapidamente intasato, rendendo vana la soluzione che doveva, invece, aumentare l’efficienza del diffusore posteriore.
I piccoli deviatori di flusso, dunque, avevano una funzione doppia: deviare i detriti (che in galleria del vento non ci sono) e generare nuovi vortici che saranno utilissimi con i vincoli aerodinamici 2019.
Red Bull Racing RB14, fondo, GP del Messico
Photo by: Giorgio Piola
Questa soluzione ad Austin ha attizzato la curiosità di Adrian Newey: il genio della Red Bull ha chiesto ai suoi tecnici di copiare sulla RB14 il concetto visto sulla Rossa in Texas a tempo di record. Scattate alcune foto delle piccole appendici della Ferrari, sono state disegnate a Milton Keynes al CFD e poi realizzate in prototipazione rapida.
C’è chi sostiene che le pinne siano state prodotte grazie a una piccola stampante in 3D, in modo da essere incollate in modo un po’ rudimentale sul fondo della RB14 di Max Verstappen in tempo per la prima sessione di libere di Città del Messico.
Red Bull Racing RB14, il fondo della vettura
Photo by: Giorgio Piola
A differenza della versione Ferrari, che presenta tre pinne per fila, la Red Bull ne aveva solo due per la semplice ragione che la RB14 dispone solo di due slot sul fondo e non tre come la SF71H.
Il pilota olandese ha dedicato a questa soluzione il primo run, giusto in tempo per accogliere dei dati, e poi i piccoli deviatori di flusso sono stati strappati via dal pavimento senza troppi complimenti dai meccanici di Milton Keynes.
Red Bull Racing RB14, dettaglio del fondo senza i deviatori di flusso
Photo by: Giorgio Piola
Sarà interessante vedere quale sbocco avranno queste originali soluzioni sul fondo di Ferrari e Red Bull e quando si vedrà la prima applicazione in gara…
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