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F1: vogliamo che restino le prove libere del venerdì!

IL GP dell'Emilia Romagna si è disputato con un programma condensato in soli due giorni. Piloti, manager e addetti ai lavori si sono dichiarati favorevoli a quest' format di gara che permette di allargare il calendario con meno prove libere e più gare. Ma non è tutto oro quello che luccica: vi spieghiamo perché siamo contrari a sminuire il DNA della F1 trasformandola in una dispolina sportiva quasi solo virtuale, dove rischierebbero di contare troppo i simulatori.

Sergio Perez, Racing Point RP20, lascia il garage

Sergio Perez, Racing Point RP20, lascia il garage

Glenn Dunbar / Motorsport Images

Il Gran Premio dell’Emilia Romagna è stato denso di significati storici, dal ritorno della Formula 1 sul circuito di Imola dopo sedici anni fino alla conquista da parte della Mercedes del settimo titolo Mondiale Costruttori consecutivo.

Il weekend scorso sarà ricordato anche per altri motivi, tra i quali né spicca uno in particolare, ovvero il primo fine settimana in formato ridotto, con l’attività in pista condensata nelle giornate di sabato e domenica.

Non è prima volta che accade, ma nelle precedenti occasioni la riduzione dell’attività in pista dai tradizionali tre giorni a due, è stata dovuta a cause di forza maggiore, generalmente legate al maltempo.

A Imola tutto, invece, è stato pianificato per andare incontro alle esigenze logistiche delle squadre che provenivano via-terra da Portimao. Nel Mondiale 2020 va accettato, considerando che ad essere a rischio è stato il Mondiale stesso e ben venga un aiuto logistico in un momento così complesso. C’è però chi spera che questo format possa diventare abituale, soprattutto quando (si spera presto) il calendario tornerà ad essere quello tradizionale.

I motivi che spingono diversi addetti ai lavori in questa direzione sono diversi: puramente economici, gestionali e sportivi.

Riducendo l’attività in pista nel weekend si risparmia qualcosa in termini di logistica e materiale di consumo e se questo tempo lo si reinveste in qualche gara in più, a fine anno gli introiti sono maggiori. È un vecchio concetto sposato dalla Formula 1 diversi anni fa quando si decise di eliminare i test: ogni chilometro deve essere venduto a sponsor, televisioni, circuiti. Quindi, meno prove e più gare.

La riduzione dei costi (presentata come il motivo dell’abolizione dei test) fu di fatto una scusa, visto che dal giorno stesso in cui le prove private furono abolite, le risorse si spostarono sul fronte “simulatori”, chi aveva a disposizione del budget lo ha rigorosamente investito, come è sempre accaduto in Formula 1.

Quindi stop ai test e più gare in calendario, poi però è emerso che i 22 o 23 Gran Premi mettono a dura prova il personale, ed ora c’è chi pensa di ridurre ancora di più il tempo in pista, eliminando 3 delle 4 ore di prove libere che di disputano attualmente.

La simulazione diventerebbe cruciale

Può uno sport delegare gran parte della sua preparazione al mondo virtuale? Un fine settimana di due giorni impone alle squadre di arrivare in pista con un setup praticamente perfetto, poiché in novanta minuti di prove libere (in cui teoricamente un team dovrebbe provare long-run, simulazioni di qualifica, assetto, eventuali pezzi nuovi etc.etc) qualcosa deve inevitabilmente essere lasciato indietro, con tutte le conseguenze del caso.

Terminate le prove ogni squadra ha a disposizione due ore di lavoro prima di andare in qualifica, quindi i giochi sono fatti.

In un contesto simile la preparazione in sede diventa cruciale  ed è un’attività che si svolge ben lontano da piste, pubblico, media, appassionati. Al di là dell’aspetto puramente tecnico, c’è ovviamente anche una riduzione dei ‘track-time’ a disposizione di pubblico in pista e televisivo.

A rimetterci sarebbero anche i giovani piloti che in questi anni hanno sfruttato la possibilità di scendere in pista nelle sessioni FP1 del venerdì mattina, un ruolo che sarebbe di fatto cancellato.

Il sogno di una F1 a prevedibilità zero

Chi strizza l’occhio a questa idea mette sul tavolo anche un potenziale aumento dell’imprevedibilità, supportando la linea di pensiero che punta a creare, con regole sportive, ciò che avrebbe dovuto garantire un buon regolamento tecnico.

Creare imprevedibilità andando a togliere certezze in modo artificiale, quel concetto che ha portato alla proposta della griglia invertita (fortunatamente cancellata) e che aleggia sempre nel paddock tra coloro che sognano una Formula 1 a prevedibilità-zero.

È il sogno di tutti coloro che gestiscono e vendono uno sport, uno show dagli esiti imprevedibili che tiene lo spettatore con il fiato sospeso in tribuna o davanti alla televisione.

Copioni che abbiamo visto, senza artifizi, in stagioni come il 2007, 2008, 2010, 2012, quando si girava regolarmente il venerdì ed anche durante la settimana tra un Gran Premio ed il successivo. Il problema è nato con regolamenti tecnici e sportivi che evidentemente sotto questo aspetto non hanno funzionato, creando una Formula 1 a più velocità.

Soluzioni o toppe?

L’obiettivo dovrebbe essere quello di rivedere ciò che non ha funzionato, e non cercare di rimediare con toppe che vanno a toccare il ‘dna’ stesso della Formula 1. I

l messaggio che passa con la proposta dei weekend di gara ‘compressi’ è che chi lavora meglio deve essere messo in condizioni di poter commettere un errore, a vantaggio di chi insegue, ma solitamente chi eccelle nel lavoro nelle difficoltà emerge anche maggiormente, creando un effetto boomerang. Un esempio è arrivato anche nel Mondiale in corso, con l’imposizione della mappatura unica delle power unit.

Normalmente è proprio chi insegue che ha bisogno di lavorare di più, e passare da 240 a 90 minuti di prove libere, non sembra essere proprio una carezza nei confronti di chi deve recuperare terreno.

La mancanza di track-time può creare un imprevisto, certo, ma i valori in campo restano gli stessi, e con meno possibilità che possano essere cambiati. Parliamo di corse, di squadre e piloti che devono confrontarsi con la pista prima ancora di potersela giocare con gli avversari. Quella pista che sembra essere diventata un problema, da evitare, ridurre, centellinare, a favore di lunghe giornate da trascorrere davanti a schermi e computer che provano a riprodurla sempre più fedelmente. È questo il futuro della Formula 1?

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