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Toro Rosso-Renault: porte aperte a Faenza

Mentre la Red Bull è polemica con i francesi, il team romagnolo collabora. Scopriamo la struttura diretta da Tost

A Milton Keynes hanno imbracciato il mitra e hanno sparato ad alzo zero: la Renault dopo il Gp d’Austria è stata “impallinata” dalle polemiche degli uomini Red Bull. Un crescendo rossiniano a partire dal capo Dietrich Mateschitz, passando per Helmut Marko e Christian Horner: un coro unanime di proteste contro il motore Energy F1 Hybrid colpevole di essere poco competitivo e di condizionare le prestazioni delle RB10 di Sebastian Vettel e Daniel Ricciardo. La power unit come capro espiatorio di una gara di casa che non è andata secondo le aspettative degli austriaci (forse troppo alte). Come se a Montreal, quindici giorni prima, non avessero vinto il primo Gp con il V6 Turbo con il pilota australiano, rompendo l’egemonia della Mercedes.

LAVORO E NIENTE POLEMICHE Da Milton Keynes hanno minacciato di costruirsi un motore in proprio, lasciando intendere che potrebbero addirittura comprare la struttura di Viry Chatillon per inseguire il loro progetto. Mentre partivano i colpi più duri eravamo a Faenza alla Scuderia Toro Rosso: temevamo di trovare identici… venti di guerra, visto che la squadra italiana diretta da Franz Tost è “cugina” di quella inglese. E, invece, abbiamo respirato un clima completamente diverso. Per niente polemico, ma anzi molto collaborativo proprio con i criticati francesi. Olivier Gillet, responsabile marketing e comunicazione di Renault Sport F1, non poteva che sorridere quando gli venivano riportare le ultime “cannonate” di Milton Keynes. Il capo delegazione transalpino non stava recitando una parte di fronte a un qualificato gruppo di giornalisti che ha avuto il privilegio di andare alla scoperta di cosa si cela dietro a due monoposto che corrono il mondiale di Formula 1. Il simpatico biondino non ha fatto una piega, sapendo che la realtà spesso è molto diversa dai proclami.

NESSUN COMMENTO SUL CAPO “Non commento le dichiarazioni di Dietrich Mateschitz. È il mio capo…” dice sorridendo Franz Tost. Ma per farsi un’idea della buona relazione fra Toro Rosso e Renault Sport F1 bastava guardare l’intesa che c’era fra Laurent Mekies, ingegnere che studia le prestazioni della Scuderia Toro Rosso, e François Champod, il tecnico transalpino destinato a seguire la squadra romagnola.

MONOPOSTO NUDE L’incontro è avvenuto nell’area di montaggio delle STR9, dove si stavano preparando le monoposto che Daniil Kvyat e Jean-Eric Vergne guideranno a Silverstone nel Gp di Gran Bretagna. Le scocche erano completamente nude, mostrandosi senza segreti agli occhi indiscreti. In questo reparto è vietato scattare delle fotografie, ma le vetture non erano state coperte: i meccanici stavano continuando l’assemblaggio. Riprendendo un vecchio slogan, verrebbe da dire: porte aperte dalla… Renault.

DA 85 A 350 PERSONE La sede della Toro Rosso si trova nella zona industriale di Faenza: il cuore è in via Spallanzani dove sventolano tre bandiere: italiana, austriaca e in mezzo quella del marchio. Quando il team era ancora Minardi raccoglieva circa 85 dipendenti, oggi sono attive oltre 350 persone. E da allora è passato solo un decennio che sembra un secolo. La factory, infatti, si è gradualmente estesa per rispondere alle esigenze della Formula 1 moderna: il dipartimento aerodinamico si trova in Gran Bretagna a Bicester dove ha sede la galleria del vento (con 70 persone), ma tutto il resto è cresciuto nel reticolo di strade adiacenti.

OBIETTIVO CRESCERE I GIOVANI PILOTI “La Toro Rosso ha rilevato la Minardi con la finalità di crescere i giovani piloti del Red Bull Young Driver Programme – racconta Franz Tost – e all’inizio per le opportunità regolamentari concesse dal presidente della FIA, Max Mosley, era possibile utilizzare vetture simili a quelle della Red Bull, mostrando un buon potenziale visto che nel 2008 abbiamo colto la prima vittoria a Monza con Sebastian Vettel. Poi sono cambiate le regole e siamo dovuti diventare dei Costruttori”.

TRASFORMAZIONE IN ATTO Un cambiamento di status che può essere riassunto in una riga del regolamento, ma che ha imposto una vera rivoluzione nella squadra, rendendo necessari grossi investimenti: “Bisognava adeguare la struttura – prosegue Tost - Trovare lo spazio e realizzare l’ufficio tecnico, il dipartimento aerodinamico, con la galleria del vento e il CFD, il reparto della produzione oltre a quello della gestione in pista. Sono stati costruiti intorno a noi diversi impianti e per il 2016 contiamo di completare questa trasformazione che è in atto mentre la squadra partecipa regolarmente alle corse”.

LA NUOVA STRUTTURA IN COSTRUZIONE Di fronte alla struttura di due piani che ospita l’area dei compositi completata l’anno scorso c’è un cantiere aperto dove verrà trasferita la produzione dei pezzi e all’ultimo piano ci sarà l’assemblaggio delle vetture con in mezzo l’ufficio tecnico: “Finalmente potremo spostare gli ingegneri che oggi sono in… cantina”.

CRESCITA GRADUALE L’obiettivo della ristrutturazione è di accorciare i tempi di produzione e di sviluppo della monoposto perché la Toro Rosso possa essere più competitiva in pista. La factory, quindi, deve essere all’avanguardia e la macchina che va in pista è l’espressione di ciò che la fabbrica è in grado di realizzare.
“La cosa difficile è portare tecnici con esperienza a Faenza. La Romagna è bella, si vive bene, ma non è certo l’ideale per convincere i tecnici a venire qui dalla Gran Bretagna”. Un refrain che il team principal ripete a ogni intervista per motivare la progressiva inglesizzazione della squadra voluta dal direttore tecnico, James Key che non si è fatto vedere.

IL TALENTO KVYAT La STR9 progettata da Luca Furbatto ha dimostrato una buona base, ma i due piloti stanno pagando la mancanza di affidabilità nella fase di sviluppo: “In effetti le performance in qualifica sono state buone specie nell’ultima gara - prosegue Tost -, mentre in gara abbiamo avuto problemi di affidabilità, spero che si migliorino i controlli e si possa fare meglio nella seconda parte della stagione perché i piloti stanno facendo un buon lavoro. Daniil è un giovane talento che sta crescendo molto bene: sono felice di averlo in squadra”.

PROTOTIPAZIONE RAPIDA Gianfranco Fantuzzi, responsabile delle infrastrutture della Toro Rosso, ci accompagna in un interessante giro della factory. Il tour inizia nell’area destinata alla produzione: ci sono macchine a controllo numerico collegate direttamente al CAD. Mentre passiamo si realizzano i gallettoni delle ruote. Poco oltre c’è la modellazione per la prototipazione rapida. Rispetto alle lavorazioni meccaniche tradizionali che operano per asportazione di materiale, la rapid prototyping si realizza su una base concettuale inversa, ossia per addizione di materiale, con la possibilità di poter ottenere forme molto complesse semplicemente aggiungendo materiale strato per strato.

MICROSFERE DI NYLON Si usano microsfere di nylon caricate al carbonio per realizzare pezzi che si possono montare sulla monoposto in parti che non siano strutturali: “La macchina genera uno strato di un decimo con questo cumulo di polvere e solo dove colpisce il laser si sinterizza, vale a dire che si solidifica. Da un blocco di polvere si possono ottenere centinaia di pezzi. La produzione è tutta automatizzata”. C’è un operatore per ciascun macchinario che segue ogni fase della lavorazione. A seconda della complessità del particolare si può avere un pezzo finito in pochi minuti o in un paio di ore. Colpisce il fatto che l’ambiente sia silenzioso e ospiti la STR8 con cui ha corso Daniel Ricciardo lo scorso anno.

PER UN'ALA CI VUOLE UN MESE Si corre contro il tempo: i tecnici vorrebbero le modifiche della macchina in più presto possibile. “Le parti in prototipazione rapida sono disponibili in fretta – prosegue Fantuzzi - diverso è il discorso con le parti in carbonio che hanno bisogno di essere cotte in autoclave. Per un’ala anteriore ci vuole un mese di tempo dal momento in cui viene deliberato il disegno dall’ufficio tecnico a quando può essere montata sulla monoposto. Se consideriamo che si corre un Gp ogni due settimane diventa facile capire i tempi di sviluppo. L’importante pacchetto di novità che abbiamo portato a Spielberg per il Gp d’Austria che comprendeva ali, fondo, carrozzeria, sospensione posteriore è stato deliberato più di un mese fa e avrebbe dovuto andare sulla STR9 con una gara di anticipo”.

REPARTO COMPOSITI Attraversiamo la strada ed entriamo in una struttura modernissima di due piani: è l’area dei compositi. Lungo le scale e i corridoi è possibile ripercorrere la storia della Toro Rosso per immagini. Quadri, gigantografie e pannelli “raccontano” ai pochi visitatori ammessi in quest’area le gesta dei piloti che si sono avvicendati nel team. Di fronte alla sala del caffè (ovviamente c’è anche un dispenser di Red Bull) c’è un enorme plotter che taglia le pelli di carbonio: le fibre sono già coperte dalla resina e protette da un microfilm. Il materiale viene trasferito al secondo piano dove c’è la… sartoria: è qui che i componenti in fibra di carbonio vengono laminati. L’ambiente è controllato come una sala operatoria: temperatura e umidità devono essere costanti. Tutti operano con camice e guanti di lattice. Molte sono le donne. Gli operatori tolgono il microfilm e sovrappongono le pelli secondo il disegno previsto: il carbonio ha fibre unidirezionali per cui ci possono stendere pelli con inclinazioni diverse. La resina fa aderire le parti prima che ogni pezzo venga messo in autoclave secondo un ciclo di cottura che varia e può arrivare fino a qualche ora, con tempistiche e temperature graduate. Alla Toro Rosso ci sono ben quattro autoclavi: nella più grande ci sta una monoscocca completa o il fondo che è la parte della monoposto di maggiore estensione.

SVILUPPI IN PREPARAZIONE Tanto per dare un’unità di grandezza vi ricordiamo che ogni monoposto è costituita da circa otto mila pezzi in carbonio. Al piano terra un lungo corridoio vetrato taglia in due le varie aree nelle quali si curano le modifiche alle singole parti della STR9. È tutto a vista, nella massima trasparenza. Anche se nella massima segretezza. Ali anteriori, posteriori, upper flap, paratie laterali, monkey seat, brake duct, bracci delle sospensioni, cofano motore, carrozzeria, muso, fondo: basta guardarsi in giro e si possono vedere i vari componenti della macchina che saranno montati a Silverstone, Hockenheim e Hungaroring.

STESSA POWER UNIT DELLA RED BULL RACING Torniamo nel cuore della Toro Rosso e dall’accettazione entriamo nel reparto montaggio: ci sono tre isole per l’assemblaggio delle monoposto. Le due STR9 di Daniil Kvyat e Jean-Eric Vergne sono senza motore Energy F1 Hybrid. Laurent Mekies, il tecnico francese di Tour che si occupa di migliorare le prestazioni della macchina faentina, spiega che il passaggio alle power unit Renault è stato deciso per avere lo stesso fornitore della Red Bull Racing, con la quale condivide anche l’ingranaggeria del cambio, per sfruttare al massimo le sinergie concesse dal regolamento.

LO STAFF RENAULT Olivier Gillet spiega, invece, qual è il supporto di Renault Sport F1 ai team clienti: “Ciascuna squadra dispone di un’equipe composta da un ingegnere e un elettronico per ogni pilota più tre meccanici. Questa è la prima volta che vengo in visita alla Toro Rosso e sono rimasto favorevolmente colpito dalle strutture del team”.

LA VOGLIA DI CRESCERE Quali sono le prospettive di sviluppo in questa stagione, considerato il fatto che le power unit sono congelate? “Lavoriamo sull’affidabilità dei sistemi e sul software – ammette François Champod - Cerchiamo più potenza alzando le temperature di utilizzo per ridurre le masse radianti e migliorare le prestazioni riducendo la resistenza all’avanzamento, favorendo così strategie di gara più aggressive. A Viry Chatillon è in corso una rivoluzione: la questione non si limita a pistoni e valvole, ma l’esercizio è molto più complesso alla ricerca dell’efficienza di un sistema che deve produrre energia anche dai sistemi elettrici”.

COLLABORAZIONE PREZIOSA Franz Tost si augura una seconda parte della stagione più positiva: “La difficoltà sta nello stabilire una buona comunicazione fra i diversi sistemi che compongono la power unit: motore, turbo, MGU-H e MGU-K, elettronica e controllo del consumo di benzina. L’input per la Renault è di ottimizzare i sistemi per scoprire quali sono le migliori strategie per sfruttare al meglio la potenza. È un lavoro complesso, ma conto molto su una collaborazione proficua…”.

STRATEGIE DI CRESCITA Olivier Gillet non si nasconde: “Dobbiamo arrivare al limite delle norme. C’è una parte del regolamento che è libero e lo stiamo scandagliando per incrementare le prestazioni. Ci può essere anche un diverso uso della power unit fra le qualifiche e la gara”.

ANCHE NEL 2015 CON RENAULT La Toro Rosso ha bisogno di punti per far muovere la classifica del mondiale Costruttori: il ritiro del giovane pilota russo per il cedimento della sospensione posteriore nuova in Austria ha costretto la squadra a fare un passo indietro per la Gran Bretagna. Nessuno vuole correre dei rischi, ma da Faenza la spinta è di trarre il massimo dalla cooperazione con Renault, ben sapendo che si stanno già mettendo le basi anche al 2015, quando la power unit verrà rifatta al 95%...

 

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