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Banco dinamico dei freni? Una mini galleria del vento

Alcune squadre hanno sviluppato un impianto specifico per la ricerca intorno alle ruote

Lo chiamano banco dei freni dinamico, ma in realtà è una piccola galleria del vento con tanto di ventolone. Non tutte le squadre ne dispongono e ciascuna si è sviluppata il suo sistema secondo le proprie esigenze. Finora c’è sempre stata una certa reticenza a parlarne, perché è una delle aree dove si possono trovare le prestazioni su una Formula 1, per cui meno se ne sa e meglio è. MICRO GALLERIA DEL VENTO Di che si tratta? Di un ambiente relativamente piccolo nel quale si riproduce fisicamente un quarto di monoposto: per esempio la ruota anteriore con i bracci delle sospensioni, l’alettone anteriore e i deviatori di flusso. A cosa serve? A studiare annessi e connessi dell’impianto frenante. Funzioni primarie, ma anche tutte quelle secondarie. L’aerodinamico, infatti, lavora fianco a fianco con il veicolista e l’esperto di sospensioni. In primis, quindi, si cerca la migliore frenata possibile in funzione del circuito dove si va a correre: si definisce il tipo di disco in carbonio e del tipo di pinza da usare. Ma fino a qui siamo nella norma, davvero niente di strano. La musica cambia quando si coinvolge nell’analisi la brake duct e il cestello in carbonio. LA FUNZIONE DEL CESTELLO In questo caso il flusso di aria che viene convogliato dalla presa (o meglio dalle diverse prese d’aria) ha funzioni sempre più specifiche e non solo di raffreddamento dell’impianto frenante. I dischi in carbonio lavorano con temperature che arrivano a 800 gradi durante le staccate: il calore prodotto va disperso. Un tempo veniva semplicemente dissipato dalle aperture del cerchio, mentre oggi anche questa energia viene sfruttata per generare prestazione. Come? Da dire è piuttosto semplice: per mandare in temperatura le gomme Pirelli nel primo giro da qualifica, per esempio, quando il pneumatico è in grado di offrire la massima resa, è indispensabile mandare in temperatura la copertura. SCALDARE LE GOMME Le termo-coperte che avvolgono gli pneumatici fino a pochi secondi prima di scendere in pista, portano la temperatura del battistrada intorno agli 80 gradi. Ne mancano circa 25 per arrivare alla soglia dell’ottimale funzionamento delle Pirelli, ma si deve considerare che si perdono altri 4 gradi al secondo di temperatura nella corsia dei box, dove si deve procedere alla velocità concessa dallo speed limit. La caduta, quindi, è notevole: diciamo che un pilota si può trovare con una gomma che non supera i 50 gradi all’ingresso in pista. E, dunque, si capisce come mai sia importante riuscire a scaldare la copertura in modo graduale, senza provocarle uno stress termico che ne renderebbe nulla l’efficacia. CAMBIA LA FUNZIONE DEI CERCHI Ecco perché i tecnici del Circus hanno pensato bene di “vestire” il porta-mozzo di un cestello in carbonio grazie al quale è possibile determinare specifiche aperture per scaldare opportunamente i cerchioni. La Red Bull Racing utilizza anche un pre-riscaldatore dei cerchi che viene utilizzato nei box, ma è molto più importante capire quale deve essere la giusta temperatura dei cerchi per fare in modo che la gomma sia subito competitiva. FERITOIE MCLAREN La McLaren è stata la prima a introdurre lo scorso anno dei cestelli con la feritoia: ai pit stop un meccanico dotato di un banale cacciavite era in grado di registrare l’apertura e la chiusura della feritoia in funzione del variare delle temperature in pista o delle condizioni meteo, adeguando il riscaldamento dei cerchi alle esigenze delle gomme. È evidente che per avere informazioni precise sul come intervenire è necessario disporre di una enorme mole di dati. IMPORTANZA DEI BANCHI Ed ecco perché si sono sviluppati i banchi dei freni dinamici. Le squadre che conservano bene le gomme si impegnano a “riscaldare” i cerchi, mentre quelle che hanno una eccessiva usura provano a ridurre la temperatura per evitare che le coperture si cuociano prima del previsto. E così si scopre che ci sono cerchi chiari che sono riflettenti al calore e quelli scuri più utili a raccogliere il calore. Come si può ben capire da questa analisi, ogni elemento della monoposto, che fino a ieri era solo strutturale, assume una nuova funzione che diventa anche prestazionale. Niente è lasciato al caso. Perché dall’impianto frenante adesso si possono trarre anche importanti vantaggi di natura aerodinamica. BANDITO LO SCOTCH SULLE PRESE? Un tempo era frequente vedere delle prese dei freni parzializzate da pezzi di scotch per determinare la giusta portata d’aria ai caliper. Oggi sarebbe quasi un’eresia... La presa d’aria, infatti, si trova in una zona molto importante della monoposto che influisce sull’efficienza aerodinamica della vettura. Tanto più è grande e tanto maggiore è la resistenza all’avanzamento, senza contare che questo corpo rompe i flussi d’aria che sarebbero indirizzati verso il diffusore posteriore, riducendone la portata, e generando anche delle nocive turbolenze. FUNZIONE AERODINAMICA Le brake duct, quindi, sono diventate degli strumenti aerodinamici sempre più sofisticati utili a raffreddare i freni, ma anche a generare carico o a raddrizzare i flussi, riducendo, per esempio, le inevitabili turbolenze generate dalla rotazione della ruota. E così abbiamo visto nascere le palpebre in carbonio all’anteriore, con la presa d’aria fra la gomma e l’orecchio e mini flap e deviatori nella faccia più esterna. I fori sono sempre perfettamente dimensionati alle necessità e sono il frutto del lavoro di simulazione al banco. I tecnici, infatti, hanno anche differenziato i flussi interni portando aria in modo specifico alle pinze e ai dischi, per sfruttare ogni passaggio di flusso per le più varie funzioni. MOZZO CON FORO CENTRALE È diventato importante anche estrarre l’aria dal cerchio nel modo più corretto: Williams e Red Bull Racing hanno sviluppato un sistema che permette di evacuarla grazie al mozzo forato nella parte centrale. Si tratta di aria che non vortica e permette di far riattaccare meglio i flussi che dalle complesse paratie dell’ala anteriore vengono convogliati verso i deviatori di flusso delle pance che li dirigono al diffusore posteriore. Le ruote oltre ad essere un “muro” aerodinamico, in movimento creano molte turbolenze negative che sporcano i filetti di aria: estrarre sapientemente l’aria dai cerchi significa ridurre questi effetti e contribuire ad aumentare il carico. CAMPO DI RICERCA INNOVATIVO Si può ben comprendere, quindi, quanto sia importante disporre di un banco dei freni dinamico efficace nel quale indagare in maniera scientifica ciascuno dei flussi che abbiamo descritto, non solo adeguando l’impianto dei freni al variare dei tracciati. E viene da chiedersi quali siano le squadre che hanno investito di più e meglio in questo campo. Ma forse a parlare sono i risultati…

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