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F1 spaccata in Messico: il gruppo a due giri dai top team! E' allarme regole?

Il GP in altura ha amplificato le differenze fra i top team (ma anche la Mercedes ha pagato un gap di un giro!), mettendo in rilievo quali sono le grandi differenze che separano le squadre di vertice dal gruppo. Scopriamo cosa è successo in Messico. E' una spia per il futuro?

Nico Hulkenberg, Renault Sport F1 Team R.S. 18

Nico Hulkenberg, Renault Sport F1 Team R.S. 18

Glenn Dunbar / Motorsport Images

Le statistiche della Formula 1 riportano il Gran Premio d’Australia del 1995 come l’ultima gara in cui si è registrato un distacco di ben due giri tra il vincitore, in quel caso Damon Hill, e il secondo classificato, la Ligier di Olivier Panis. Senza scomodare casi estremi, ha comunque colpito le due velocità con cui si è corso lo scorso Gran Premio del Messico. Da una parte Red Bull e Ferrari, dietro il resto del gruppo a due giri, con in mezzo (udite, udite) le due Mercedes: Bottas ad un giro, Hamilton quasi.

Lewis Hamilton, Mercedes W09, con le gomme usurate dal graining anteriore e posteriore

Lewis Hamilton, Mercedes W09, con le gomme usurate dal graining anteriore e posteriore

Photo by: Mark Sutton / Sutton Images

Una Formula 1 spaccata in due, in cui è emerso in modo clamoroso il divario tecnico tra le squadre di vertice ed il resto del gruppo.

La Renault, parliamo una Casa ufficiale, ha visto Nico Hulkenberg terminare il Gran Premio del Messico in sesta posizione, ma il tedesco è riuscito a completare solo 69 dei 71 giri previsti nel tempo in cui Max Verstappen ha vinto la sua seconda gara messicana. Una delle domande che in molti (compresi diversi addetti ai lavori) si sono posti dopo la corsa è stata quella relativa all’enorme differenza dei valori in campo.

E la risposta, pur interpellando anche personale delle squadre, non è emersa in modo chiaro. I motivi sono differenti, e su tutti c’è la particolare configurazione del tracciato di Città del Messico.

Williams FW41, sfoghi delle pance

Williams FW41, sfoghi delle pance

Photo by: Giorgio Piola

A 2.240 metri di altezza l’aria è molto più rarefatta, una condizione anomala per la Formula 1, poco abituata a correre in… quota. Le squadre, pur dovendo pensare ad un rettilineo che per estensione è il secondo dell’intero Mondiale, corrono con il massimo carico aerodinamico possibile, un setup molto simile (in termini di carico) a quello utilizzato a Budapest.

Una condizione che ha esaltato le doti del telaio Red Bull, a cui ha saputo tenere testa solo la Ferrari. L’effetto delle differenze di carico si è manifestato chiaramente nella gestione degli pneumatici.

 

La pista Hermanos Rodriguez esalta molto la trazione, elemento fondamentale per essere competitivi, e si è visto come molte monoposto abbiano sofferto la gestione delle gomme. Le Pirelli, per loro natura, tendono a perdere velocemente il grip posteriore, e le vetture con meno downforce hanno avuto grossi problemi si scivolamento. Più pattinamemento equivale ad una maggiore temperatura che si genera sulle gomme, con le pressioni che si alzano e la trazione che progressivamente peggiora.

In gara Verstappen aveva chiaramente una marcia in più, girando sui tempi avvicinabili saltuariamente dalle Ferrari, ma proibitivi per il resto del gruppo. Una differenza di secondi, proprio perché la Red Bull ha potuto godere di una maggiore trazione che ha aiutato anche a preservare al meglio le gomme.

Mentre Verstappen dettava il ritmo, con Vettel che per qualche giro ha sperato di poter insidiare l’olandese, dal quarto posto in avanti è stata una corsa in cui l’obiettivo è diventato quello di portare la monoposto sotto alla bandiera a scacchi, girando su tempi incredibilmente lenti.

C’è anche un altro elemento che ha contribuito ad amplificare le differenze in campo: il raffreddamento. I top-team hanno a disposizione i costosi banchi dyno (dove si usa tutta la macchina), che le squadre minori non utilizzano, e hanno potuto simulare al meglio la difficile gestione delle temperature prima di arrivare a Città del Messico.

Dopo le prime prove libere sono state parecchi i team che hanno rilevato valori troppo elevati e problemi di surriscaldamento, e a quel punto il problema è stato risolto con varie aperture di prese d’aria (che comportano un notevole costo aerodinamico) o calando di potenza le power unit, due rimedi decisamente penalizzanti.

È vero che di corse a 2.300 metri di altitudine non ce ne sono altre in calendario, ma i riscontri emersi dal weekend di Città del Messico non devono essere sottovalutati da chi gestisce la Formula 1. La forbice che divide i top-team dal resto del gruppo è sempre più aperta, e non è un buon segnale.

Liberty Media sta puntando molto sul budget cap, che secondo le ultime indiscrezioni girate nel paddock di Città del Messico dovrebbe essere (nel caso fosse approvato) progressivo, partendo da una base di 200 (nel 2021) milioni di dollari fino a scendere alla soglia di 150 nell’arco di tre stagioni.

“Ma il problema restano i regolamenti – ha commentato un addetto ai lavori – prima dell’eventuale entrata in vigore del budget cap le squadre con grandi disponibilità economiche daranno fondo a tutte le loro risorse per rafforzare le infrastrutture, e se il regolamento prevedrà ancora di poter lavorare con gli attuali sistemi di simulazione, allora il vantaggio resterà immutato per anni".

"Appena sarà reso noto il regolamento 2021 partiranno a razzo con il nuovo progetto, mentre i team medio-piccoli penseranno al 2020, e poi quando sarà operativo il budget cap, saranno già su un altro pianeta. La FIA deve capire che serve una revisione tecnica del regolamento aerodinamico, è su quel fronte che vengono spesi fiumi di denaro. Bisogna avere il coraggio di andare contro le squadre di vertice e semplificare il tutto, allora sì che avrebbe anche senso il budget cap”.

La palla rimbalza tra Formula 1, FIA e squadre, ed il tempo passa velocemente verso la scadenza del 2021, che sembrava futuro remoto ed invece anno dopo anno sta diventano una deadline ormai dietro l’angolo, soprattutto se si intende cambiare davvero qualcosa.

Charles Leclerc, Sauber e Frederic Vasseur, Team Principal, Sauber nelle FP1

Charles Leclerc, Sauber e Frederic Vasseur, Team Principal, Sauber nelle FP1

Photo by: Mark Sutton / Sutton Images

"Ma nella prima parte dell'accordo, trarranno vantaggio dai vantaggi che hanno fatto", ha aggiunto Vasseur, facendo un punto che poi è stato riecheggiato anche da Gunther Steiner della Haas.

Franz Tost, team principal della Toro Rosso, l'operazione di bilancio all'interno della famiglia Red Bull, la vede allo stesso modo, ma aggiunge un altro fattore:
"Perché i migliori team possono investire tanto quanto vogliono nel 2020 per sviluppare l'auto per il 2021, e una volta hanno questo grande vantaggio è difficile per le altre squadre di recuperare.

"Dipende ora da quale regolamento vorrà la FIA. Se minimizzano davvero lo sviluppo e se vengono usate parti standard, allora forse il divario verrà chiuso prima. Altrimenti bisognerà aspettare fino al '23, '24, qualcosa del genere, perché il vero limite dei costi arriverà nel '23. Il resto è solo un gradiente che sta scendendo. Vedremo. Dipende ancora una volta dai regolamenti".

Il messaggio è: nonostante abbia avuto quasi sei anni per prepararsi a un reset totale di uno sport i cui occhi e ricavi televisivi mostrano una preoccupante tendenza al ribasso indipendentemente da ciò che potrebbero essere suggeriti dai comunicati multimediali abilmente predisposti, le indicazioni sono che la F1 è ancora una volta pronta per andare sull'orlo prima di battere le palpebre - si spera prima che sia troppo tardi - e nel processo che spende energie che sarebbero meglio dispiegate in modo costruttivo.

Non è ancora troppo tardi, ma presto minaccia di esserlo...

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