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Ecco il segreto della Red Bull RB6!

Newey sfrutta i gas roventi per accelerare i flussi nell'estrattore posteriore

La supremazia incontrastata della Red Bull Racing con la sorprendente RB6 comincia a dare fastidio. Mark Webber e Sebastian Vettel coabitano al vertice della classifica mondiale piloti e, soprattutto, il tedeschino ha di che recriminare per l'affidabilità che lo hanno privato di alcuni risultati che aveva già in saccoccia, altrimenti la fuga della squadra di Milton Keyned avrebbe connotati ancora più evidenti. Del resto le sei pole position su sei Gp testimoniano quanto la monoposto progettata da Adrian Newey sia prestazionale. Va forte su una pista che esaspera le qualità aerodinamiche e resta competitiva anche su un tracciato guidato come quello di Monaco, dove le doti meccaniche esaltano la qualità del telaio. Nel Circus gli avversari si stanno scervellando per capire dove nasca la superiorità della RB6 in qualifica. In un primo momento si era messo l'accento sulla sospensione posteriore autolivellante, capace di variare l'altezza da terra in funzione del carico di carburante, mantenendo un assetto costante, utile a sfruttare al massimo il carico del doppio fondo estrattore posteriore. Quelli della McLaren avevano pensato che ci fosse un vero e proprio correttore di assetto, ma le verifiche svolte dalla FIA hanno scongiurato ogni irregolarità. A Montecarlo l'attenzione si è concentrata sugli scarichi: quelli della Red Bull hanno un andamento insuale rispetto a tutti gli altri che soffiano l'aria rovente dei gas in alto. Newey ha studiato il modo di convogliare il flusso caldo verso la “finestra” che alimenta il diffusore posteriore dalla parte superiore del fondo. L'aria calda opportunamente indirizzata ha il potere di accelerare i flussi, aumentando in maniera considerevole il carico aerodinamico nel zona nevralgica della monoposto. Adrian è un maestro nello sviluppare questi concetti limite: vale la pena di ricordare la McLaren Mp4-18 (l'ultima vettura di Woking di suo disegno) che non ha mai corso perché era troppo instabile nel comportamento in pista. Velocissima quando i piloti avevano il piede sul gas, ma terribilmente imprevedibile in fase di rilascio, proprio perché gli scarichi andavano direttamente ad alimentare il fondo estrattore. Newey deve avere fatto tesoro di quell'esperienza fallimentare e alla Red Bull ha trovato il modo di riproporre il concetto, senza i deficit che avevano bocciato il progetto a Woking. Gli osservatori più attenti sono rimasti colpiti dalla facilità con cui i due piloti portano le RB6 in prima fila. E i tecnici più maliziosi sostengono che Newey abbia chiesto alla Renault una speciale mappatura del motore: per i decisivi giri della qualifica Vettel e Webber potrebbero portare il regime di rotazione al limite dei 18mila giri (di solito il cambio marcia avviene a 17.700 giri, per evitare dei fuori giri in caso di patinamento delle ruote), rinunciando al freno-motore. Insomma la Red Bull potrebbe sfruttare un propulsore che ai piloti consente di tenere di più il piede sull'acceleratore, caricando di più il profilo estrattore posteriore grazie ad un afflusso quasi continuo dei gas di scarico. Un modo di guidare certo complesso che pare essersi adattato di più alle caratteristiche di Mark Webber e che, invece, porta Vettel a strafare in alcune occasioni e a commettere piccoli errorini che lo relegano al posto di rincalzo, mentre sarebbe il pre-destinato al titolo mondiale. Occorre aggiungere che Newey ha impostato la progettazione della monoposto intorno ad un cambio molto stretto e lungo che ha un grande pregio: nella parte inferiore lascia molto spazio libero al fatidico estrattore, perché gli elementi meccanici che compongono la trasmissione sono stati distribuiti nella scatola in modo insolito, tale da darle uno sviluppo molto verticale. E se fosse proprio quello il segreto?

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