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F1 | Red Bull in lutto: è morto Mateschitz, austriaco illuminato

Si è spento all’età di 78 anni dopo una rapida malattia il titolare del Gruppo Red Bull, grande appassionato di motorsport che ha saputo trasformare le corse e le sponsorizzazioni in un’opportunità di business. Ora resta da compiere l’eredità di questo visionario che aveva l’ambizione di trasformare i “bibitari” in Costruttori.

Dietrich Mateschitz, fondatore della Red Bull

Il mondo Red Bull è in lutto: si è spento Dietrich Mateschitz all’età di 78 anni. Una malattia se l'è portato via in poco tempo. L’imprenditore austriaco nato a Sankt Marein im Murtzal si è aggravato negli ultimi tempi e non si è più ripreso.

Insieme al thailandese Chaleo Yoovidhya, nel 1984 ha fondato la Red Bull GmbH senza sapere che avrebbe dato vita a un vero impero nel settore delle bevande energetiche, anche se Dietrich ha sempre avuto lo spirito del “visionario”, di chi cioè è in grado di vedere nel futuro, intercettando con un fiuto straordinario mode e tendenze di una società in continua e sempre più rapida evoluzione.

Laureato all’università di Vienna, grande esperto di marketing prima ha lavorato all’Unilever e poi è passato alla Procter & Gamble e alla Blendax che produceva dentifrici, prima di decidersi di mettersi in proprio, dopo aver scoperto in un viaggio d’affari Krating Daeng, la bevanda energetica prodotta dalla società thailandese T.C. Pharmaceuticals molto diffusa in Asia.

Era una bevanda che si era diffusa fra gli Anni 70 e 80 in particolare fra i camionisti, i muratori e i contadini, vale a dire categorie di lavoratori sottoposte a lunghi cicli di lavoro o fatiche fisiche prolungate. Il simbolo effigiava già due tori che si scontravano: siccome Krating Daeng si rivolgeva a un cliente popolare e il marchio sponsorizzava gli incontri di boxe thailandese, era stato pensato un logo che racchiudesse il concetto di forza a quello di combattimento.

Mateschitz ha avuto il merito di capire quale potesse essere la portata a livello mondiale di una bevanda che è diventata la Red Bull. Dietrich secondo Forbes nel 2021 era la 21esima persona più ricca al mondo, con un patrimonio personale di 25 miliardi di dollari.

E l’espansione del Gruppo Red Bull non si è fermata, basti dire che l’anno scorso a livello globale sono state vendute qualcosa come 10 mila miliardi di lattine, tant’è che il fatturato in un anno è passato da 6.307 miliardi di euro a 7.816 miliardi con un incremento superiore al 24%.

Stiamo parlando di cifre da capogiro innescate da una politica di marketing geniale che ha saputo attrarre i giovani attraverso gli sport estremi. Grande appassionato di motori, Dietrich non poteva restare estraneo al fascino delle corse: nel 2004 ha rilevato la Jaguar per dare vita alla Red Bull Racing in F1, prima di acquisire la Minardi per farne la Toro Rosso (oggi AlphaTauri), la squadra junior per allevare i giovani piloti.

 

Una scelta che poteva sembrare incomprensibile, ma che poi ha dato un grande valore all’investimento: nel paddock della F1 i “bibitari” sono stati accolti un po’ come dei parvenu, ma Dietrich ha saputo prendere in contropiede anche Bernie Ecclestone il padrino del Circus.

Avendo due team, il mondo Red Bull aveva preteso di unire gli spazi destinati alle hospitality in un’unica struttura, creando un “castello” enormemente più grande e più alto di un piano rispetto a tutti gli altri, dal quale era possibile sovrastare le aree di accoglienza dei grandi Costruttori.

E, dopo aver mostrato i “muscoli” nel paddock, la squadra ha alzato la voce anche in pista vincendo quattro titoli mondiali con Sebastian Vettel dal 2010 al 2013 grazie alle monoposto disegnate da Adrian Newey, il genio indiscusso della F1. E così le Case hanno dovuto chinare il capo a chi le automobili non le ha mai costruite subendo uno smacco pesante.

Mateschitz, come abbiamo detto, ha allargato il mondo delle sponsorizzazioni anche alla MotoGP, diventando in particolare partner della KTM, marchio austriaco stufo di vincere solo nell’off road e alla Dakar.

Dietrich è sempre stato molto sensibile a far ricadere la ricchezza del suo gruppo in Austria: a differenza di altri imprenditori che hanno scelto di portare la sede  delle loro aziende in Olanda per ragioni fiscali, non ha mai tradito i connazionali ma ha sentito come un dovere rilevare quello che era l’A1-Ring in cattive acque finanziarie per farne a Spielberg il Red Bull Ring, uno degli impianti con le strutture più belle ed efficienti del mondo, capace di ospitare tanto la F1 che la MotoGP.

Provetto pilota d’aereo a Salisburgo, sua città d’adozione, Mateschitz ha voluto affidare a Volkmar Burgstaller la realizzazione dell’Hangar 7, un museo fatto di grandi vetrate che ospita una collezione di aeroplani unica, e che comprende jet, aerei da combattimento degli anni quaranta e cinquanta e velivoli da esibizione, oltre a idrovolanti ed elicotteri di ogni epoca e grandezza.

Tifoso di calcio non ha rinunciato ad acquisire le squadre di Salisburgo e New York, allargando la sua influenza anche in Brasile con il RB Bragantino. Mateschitz non si è mai sposato anche se ha un figlio che erediterà il suo patrimonio.

Viste le sue condizioni che sono andate rapidamente precipitando, per dare continuità alla squadra di F1 aveva pensato di chiudere un accordo con la Porsche, desiderosa di entrare nel Circus, specie dopo il titolo mondiale vinto nel 2021 con Max Verstappen. Quando sembrava che l’accordo potesse essere siglato, c’è stata una rottura: Christian Horner e Helmut Marko sono andati a cercare Chaleo Yoovidhya in Thailandia, titolare del 51% del Gruppo Red Bull, per impedire che l’ingresso della Casa tedesca potesse trasformare il team di Milton Keynes in un’antenna tecnologica controllata dal Gruppo Vw ed è stato lo stesso Dietrich a comunicare dal letto di ospedale ai vertici della Porsche che non se ne sarebbe più fatto niente, assecondando il volere dei suoi.

Lo strappo c’è stato, così come la volontà di diventare anche Costruttore: è stata costituita la Red Bull Powertrains che ha l’ambizione di realizzare in proprio la power unit 2026 per la F1. Un progetto ambizioso che in seguito porterà Milton Keynes a realizzare anche delle Supercar. I “bibitari” sono pronti a cambiare pelle. Dovranno portare avanti l’eredità che un illuminato come Mateschitz gli ha lasciato. La Formula 1 perde una figura di primo piano della quale si sentire la mancanza…

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