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F1 | Quando i team iniziarono a credere alla maledizione del 13

Il 18 febbraio il team Mercedes di F1 svelerà la sua W13 E Performance, un modello che incorpora un numero, il 13, che per diversi decenni ha avuto un significato legato alla sfortuna...

Pastor Maldonado, Lotus F1 Team

Foto di: XPB Images

Da sempre il 13 è un numero che in tante culture è considerato sfortunato. E la Formula 1 fa parte di queste. Un numero malvisto da centinaia, se non migliaia di anni e la paura nei suoi confronti è nota come Triskaidekaphobia. E' così potente che anche nel 21esimo secolo, alcuni aerei, non hanno la fila 13 e gli edifici sono costruiti senza il 13esimo piano.

Qualche settimana fa la Mercedes ha annunciato di voler chiamare la propria monoposto 2022 F1 W13 E Performance e poi, successivamente, ha fatto sapere di aver passato i crash test il giorno 13 gennaio, sottolineando che anche i regolamenti dei crash test siano contenuti nell'articolo 13.

"Meno male che non siamo superstiziosi su queste cose!", ha scherzato un portavoce del team di Brackley. Infatti la Mercedes è la sesta squadra dell'attuale griglia di F1 ad aver ignorato qualunque legame con la sfortuna potenziale utilizzando il numero 13 nella numerazione di un proprio modello.

Quattro di quelle auto hanno vinto delle gare, una ha anche vinto un campionato del mondo. Quindi in Mercedes non si sono certo avventurati in un territorio sconosciuto. Tuttavia d'è stato un tempo in cui usare il 13 nelle corse automobilistiche era quasi impensabile.

Infatti Colin Chapman, Jack Brabham, Bruce McLaren, John Surtees e Ken Tyrrell sono tra boss di team che sono rimasti ben lontani dal numero 13. E così le rispettive vetture sono passate dal modello 12 al 14, saltando ovviamente il numero ritenuto sfortunato.

Non sorprende che la superstizione abbia giocato un ruolo importante nei decenni precedenti. In altri sport i concorrenti potevano preoccuparsi di avere una giornata no o di perdere una partita, ma nelle corse, in agguato, c'era la morte. E c'era dietro ogni angolo.

Non si tratta solo del 13. In Italia il 17 è un numero impopolare, mentre negli Stati Uniti - soprattutto a Indianapolis - il verde è stato considerato per molti anni un colore da non scegliere per dipingere le proprie vetture.

Il 2 volte campione del mondo di Formula 1 Alberto Ascari, nato il 13 giugno, è stato ostaggio della numerologia e le statistiche della sua morte sono ben note. Il padre Antonio fu ucciso mentre guidava al Gran Premio di Francia del 26 luglio 1925, e per il più giovane Ascari il 26 (il doppio di 13) divenne significativo.

Nel 1955 si schiantò nel porto mentre correva al GP di Monaco, ma in qualche modo se la cavò con ferite lievi. Quattro giorni dopo, indossando un casco preso in prestito invece del suo fortunato, di colore blu, morì in un incidente nel corso di una prova, a Monza. Era il 26 maggio e aveva vissuto per 13.466 giorni, solo tre in più di suo padre.

 

I numeri hanno avuto un impatto notevole anche su altri. Nel 1966, incoraggiato dalla sua ragazza di allora, il giovane pilota di F3 François Cevert andò da un chiaroveggente solo per sentirsi dire che non avrebbe raggiunto il suo 30esimo compleanno.

Poco prima delle qualifiche per il GP degli Stati Uniti del 1973, a Watkins Glen, fece notare ai suoi meccanici della Tyrrell che era il 6 ottobre e stava guidando la Tyrrell 006, il suo numero di gara era il 6 ed era seduto davanti alla DFV numero 066. Era, disse, il suo giorno fortunato. Quando morì a causa di un terribile quanto macabro incidente, quel pomeriggio aveva 29 anni.

E' stato un francese di una generazione molto precedente che si crede sia stato il fattore scatenante legato alla paura del numero 13 nelle corse automobilistiche. Nel 1925, 13 macchine iniziarono il GP di San Sebastian e Paul Torchy stava correndo proprio con quel numero quando, ad un certo punto, andò largo mentre cercava di passare un rivale. Il pilota della Delage scivolò finendo contro un albero e morì sul colpo.

Solo un anno dopo, anche il conte Giulio Masetti rimase ucciso in una Delage quando si schiantò alla Targa Florio mentre correva con il numero 13. In seguito gli organizzatori di gare, in particolare quelli Francesi, evitarono di assegnare alle vetture il numero 13. Questa filosofia continuò nell'era del campionato del mondo di Formula 1 e così dal 1950 quella cifra si è vista raramente sulle monoposto.

Quando il messicano Moises Solana ha usato il 13 sulla sua BRM affittata per la sua gara di casa, nel lontano 1963, fu visto come un avvenimento insolito. Il 13 riapparse al Gran Premio di Gran Bretagna del 1976, quando Divina Galica - che lo usava in altre corse - non riuscì a qualificare la sua Surtees privata.

Per molti anni i numero di F1 sono stati assegnati a caso tra le squadre, ma anche quando è stato introdotto il sistema di distribuzione in ordine legato al Mondiale Costruttori, gli accoppiamenti FIA sono stati creati in 11-12 e 14-15.

 

Solo nel 2014, quando i piloti hanno avuto la possibilità di scegliere un numero che avrebbero poi potuto mantenere per tutta la carriera, che il 13 è diventato presenza fissa. Pastor Maldonado lo scelse immediatamente e lo usò per 2 stagioni in Lotus, con risultati modesti.

Al di fuori della F1 un altro pilota a scegliere il 13 fu Yves Courage, il quale lo usò per molti anni sulle sue Cougar e Courage, mentre il campione del mondo della 500, Franco Uncini, fu un altro pilota a usarlo. I numero di gara sono una cosa, ma che dire delle denominazioni delle vetture, che potrebbero essere associati a più auto e piloti?

Colin Chapman fu probabilmente il primo in Formula 1 a saltare consapevolmente il numero 13. Il numero, probabilmente, non sarebbe stato comunque usato nel Circus iridato. La Lotus Type 12 era una vettura di F1/F2, ma la successiva - la 14 - era il numero interno per la vettura Elite GT.

"Papà non era superstizioso", ha detto Clive, figlio di Chapman. "Ma ha ragione a dire che il team Lotus ha sempre evitato il numero 13. E lo fa ancora. Anche se c'era una 33/R13, sospettiamo che questo fosse numerato da Reg Parnell Racing. Non è mai stato un telaio di fabbrica".

Il nome importante successivo a evitare il 13 fu Brabham. Il cofondatore del team, Ron Tauranac, è nato il 13 gennaio e ha anche usato il numero delle sue prime attività di sport a motore. Fu quindi il suo partner Jack Brabham a decretare che non ci sarebbe stata nessuna BT13, saltando così dalla BT12 alla BT14.

Nessuno dei due marchi di cui abbiamo parlato avrebbe usato il numero 13 in F1. Ma Bruce McLaren aveva la possibilità di farlo. La sua M12 era un'auto per clienti, dedicata alle corse CanAm. Ma il modello successivo costruito dal suo team per l'ingresso in F1 nel 1970 fu chiamato M14. In un tragico colpo di scena Bruce McLaren iniziò appena 3 gare al volante di quella vettura, prima di perdere la vita in un test CanAm nel giugno dello stesso anno.

McLaren è anche un raro esempio di un team di Fa che evita il 13 nell'assegnazione del numero di telaio, semplicemente perché non furono costruite molte auto in grandi numeri. Tuttavia, quando nel 1077 McLaren costruì il 13esimo telaio M23 per far correre Brett Lunger e il team BS Fabrications venne nominato con il numero 14.

Come Brabham e McLaren prima di lui, John Surtees fu un altro proprietario/pilota che evitò di usare il 13, anche se aveva appena appeso il casco al chiodo quando optò per saltarlo e chiamare la sua monoposto di F1 del 1973 TS14. Se questa scelta gli abbia portato fortuna è un punto controverso. E' noto infatti che al GP di Gran Bretagna di quell'anno tutte e tre le sue vetture vennero distrutte nell'incidente innescato da un testacoda id Jody Scheckter.

Al di fuori delle organizzazioni britanniche, Guy Ligier fu un altro che scelse di non usare il 13 sebbene avesse la nota preferenza a usare i numeri dispari alle iniziali del suo amico Jo Schlesser, che morì al GP di Francia del 1968. Le auto di F1 di Ligier passarono dalla JS11 del 1979 alla JS11/15 aggiornata del 1980 e alla JS17 nel 1981.

L'ultimo grande nome della F1 a evitare di usare il 13 fu Ken Tyrrell. La sua prima monoposto motorizzata Renault, quella del 1985, avrebbe dovuto chiamarsi 013, invece venne chiamata 014.

 

"Ken non era particolarmente superstizioso", ricorda il figlio Bob, ma aveva la decisa volontà di saltare il numero 13, considerato sfortunato. Perché tentare la sorte?".

Anche alcuni costruttori clienti hanno evitato quel numero. Non ci fu nessuna Merlyn Mk13, mentre il capo della Chevron, Derek Bennett, non fece una B13. In modo intrigante saltò anche la B11 e i suoi multipli (quindi le B22, B33 e B44). Questo avvenne dopo un incidente che lo coinvolse a Oulton Park mentre era al volante di una vettura contrassegnata dal numero 11.

Fu solo 4 anni dopo che Ken Tyrrell ignorò il 13, che fu invece usato per la prima volta da un importante team di F1: la Williams. "E' divertente perché la FW07 è l'unico nostro progetto di cui sono state fatte 13 o più esemplari", ricorda il figlio Jonathan.

"C'erano 16 telai in totale, ma non assegnarono intenzionalmente il numero 13 al telaio essendo questi numerati da 01 a 12, e poi da 14 a 17. Ho chiesto a mio padre di questa faccenda molti anni dopo e lui ha detto che era dovuto alla superstizione delle corse. Ho poi chiesto come mai aveva assegnato il numero 13 a un progetto, la FW13. Ha pensato un momento e poi ha risposto: 'Dobbiamo aver dimenticato la superstizione!'".

 

La FW13 fu la prima Williams appositamente costruita con motore Renault. Il team iniziò la stagione 1989 con la FW12C, convertita perché l'anno precedente ospitava il V8 Judd. Intanto, Patrick Head e il reparto progettazione si stavano dedicando alla nuova monoposto.

I primi segnali non erano stati positivi. La macchina era in ritardo, erano stati capiti tardi i requisiti del nuovo motore e la vettura ha fatto il suo esordio a 4 gare dalla fine della stagione.

Al suo debutto, avvenuto in Portogallo, sia Riccardo Patrese che Thierry Boutsen si ritirarono a causa dell'eccessivo riempimento dei radiatori con detriti di gomma. La gara successiva, a Jerez de la Frontera, le ali anteriori urtarono così forte l'asfalto che quella di Boutsen cedette nel corso delle prove e Patrese si rifiutò di correre con quella macchina.

Tuttavia, solo poche settimane dopo, in condizioni di bagnato estremo, Boutsen vinse ad Adelaide. A quel punto ogni cosa legata alla sfortuna della FW13 si dissolse. Nel 1990 Patrese vinse a Imola e Boutsen trionfò in Ungheria sempre con lo stesso modello. Head, però, non conserva un grande ricordo di quella vettura: "Non è un'auto che ricordo con piacere!".

"A partire dalla FW13, le squadre di F1 sembrano aver avuto poche remore nell'utilizzare il numero 13. Nel 1992 Michele Alboreto e Aguri Suzuki corsero con la Footwork FA13 con poca fortuna. A questa è succeduta la FW13B all'inizio dell'anno successivo, quando Derek Warwick sostituì il pilota giapponese.

 

Nel 1994 la Sauber diede la denominazione C13 alla sua seconda monoposto di Formula 1, guidata da Heinz-Harald Frentzen e Karl Wendlinger. Quello sarebbe poi stato un anno a dir poco turbolento per la Formula 1, con le tragiche morti di Roland Ratzenberger e Ayrton Senna nell'indimenticabile fine settimana di Imola. Le tensioni, poi, aumentarono la gara successiva, a Monte-Carlo.

Nelle prove del giovedì mattina, Wendlinger subì gravi lesioni alla testa quando ebbe un terribile incidente alla chicane. Fortunatamente l'austriaco sopravvisse e riuscì addirittura a tornare a correre l'anno successivo. La C13, quindi, fu una macchina sfortunata o fortunata? E' una scelta difficile da fare.

 

4 Anni più tardi arrivò l'auto che mise davvero a tacere ogni dubbio sul numero 13. Per coincidenza Ron Dennis fece la sua prima apparizione a un gp come meccanico di Moises Solana, in Cooper, nel 1966. Anche se non con la numero 13, in quell'occasione. Dato il suo approccio logico applicabile a ogni aspetto della vita, forse non fu una sorpresa che il capo della McLaren fosse felice di usare la denominazione MP4/13 nel 1998.

Tra loro Mika Hakkinen e David Coulthard avrebbero ottenuto 9 vittorie in quella stagione, con il finlandese che riuscì a laurearsi campione del mondo nella gara finale di Suzuka.

 

La vettura successiva a utilizzare il numero 13 riuscì a vincere una gara, nel 2003. "Non ricordo alcuna vera discussione sull'utilizzo del numero 13 nella sigla della vettura", ricorda Ian Phillips, ex direttore commerciale della Jordan. "Era un segnale con cui Eddie Jordan voleva dire: 'Non sono affatto superstizioso'".

"L'unica volta che ha affermato di essere superstizioso è stato quando Benson&Hedges ha proposto il design del serpente per il 1997. Non gli piaceva, sosteneva che tutti in Irlanda avevano paura dei serpenti e che lui sarebbe stato lo zimbello di tutti. Fu però messo in minoranza. E quella fu probabilmente la nostra livrea più ammirata!".

Nel 2003 il team di Silverstone era finanziariamente alle corde, aveva motori Ford non amati e Giancarlo Fisichella affiancato da Ralph Firman, un pilota pagante. La monoposto ha avuto pochi exploit in stagione. Solo una volta è finita in Top 6. Quella volta fu la famosa vittoria al Gran Premio del Brasile proprio con il pilota italiano.

Quello fu il giorno in cui Fernando Alonso e Mark Webber ebbero terribili incidenti sul rettilinei dei box e la gara fu fermata dall'esposizione della bandiera rossa. Non prima però che Fisichella riuscisse a ottenere la prima posizione grazie a una buona strategia e a una guida ottima in condizioni molto difficili (pioveva, e non poco). La squadra era convinta di avere vinto, avendo tagliato il traguardo per due volte davanti a tutti prima dell'interruzione della gara. Tuttavia la vittoria fu assegnata a Kimi Raikkonen.

Più avanti ci si rese conto che i cronometristi della F1 avevano commesso un errore e Fisichella ricevette il trofeo del vincitore alla gara successiva, davanti ai propri tifosi, sul tracciato Enzo e Dino Ferrari di Imola.

 

Nel 2017 la Red Bull ha usato la sigla RB13 per il quarto anno del regolamento ibrido. Era una macchina buona, date le prestazioni del suo motore Renault e la grande forma di Mercedes e Ferrari. Daniel Ricciardo e Max Verstappen riuscirono a collezionare tre vittorie totali. Tuttavia il team segnò 100 punti in meno rispetto alla stagione precedente.

Un anno dopo la squadra sorella, la Toro Rosso (ora AlphaTauri), mise in campo la STR13 per Pierre Gasly e Brendon Hartley. Il team riuscì a portare a casa punti, ma non andò oltre il nono posto nel Mondiale Costruttori, in quella stagione.

Dalla prima volta in cui venne utilizzato il numero 13 in Formula 1 all'ultima, grazie alla Mercedes F1 W13 E Performance, sono passati 33 anni.

Nelle epoche precedenti, quando le squadre erano picche e gestite da un solo uomo e la sicurezza era scarsa, nessuno aveva mai messo in discussione la volontà di non utilizzare il numero 13.

Al giorno d'oggi è più difficile giustificare una scelta del genere. Ci sono sponsor, affari, proprietà provenienti da paesi in cui il numero 13 non ha alcun significato e ci sono centinaia di ingegneri che usano il pensiero logico, non superstizioni. Quest'ultime non possono più giocare un ruolo attivo.

Tuttavia, un singolo pilota può ancora avere pensieri personali sulla questione. Così sarà interessante sentire cosa pensano Lewis Hamilton e George Russell del numero 13 della loro... W13.

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