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Tronchetti Provera: "Pirelli modello di fiducia per l'Italia"

La F.1 per il presidente della Bicocca è un acceleratore di innovazione. Serva la ricerca per uscire dalla crisi

Tronchetti Provera:
L'ingresso della Pirelli in Formula 1 è stato un successo più grande di quanto si aspettassero gli stessi uomini della Bicocca. Il ritorno 2011 nel Circus dopo circa 20 anni è stato accompagnato da consensi unanimi. Adesso c'è da confermare tutto il buono mostrato l'anno scorso con i nuovi prodotti che dovranno incentivare lo spettacolo, permettendo strategie di gara sempre meno prevedibili, in modo da assicurare Gp combattuti fino alla fine. Marco Tronchetti Provera, Presidente e Ceo di Pirelli, guarda al futuro con fiducia... “Abbiamo ottenuto quello che volevamo. Vincere due sfide: una tecnologica e l'altra di comunicazione. Non era facile, ma ci siamo riusciti. Entrare in F.1 dopo tanti anni non era impresa semplice, ma sapevo che avevamo un team di persone capaci che avrebbero dato il meglio. È stato impegnativo anche fare capire quanto fosse difficile quello che stavamo facendo. Ero convinto che con il tempo sarebbe emerso il frutto del nostro lavoro. E il risultato è stato che tutto ha funzionato”. Sebastian Vettel ha dominato: il primo vincitore del mondiale può diventare un vostro testimonial? “Beh, ora sta facendo altro. Noi siamo legati a tutti i team e a tutti i piloti. E anche Vettel porta il logo Pirelli”. Ritorna il marchio Cinturato per le gomme da bagnato: è un salto nel passato, ma apre le porte al futuro: si può prevedere un target ecologico anche in F.1? “Basta sollevare un pneumatico di F.1 per rendersi conto di quanto sia leggero. La riduzione del peso è il primo elemento che può contribuire alla riduzione delle emissioni. Siamo in grado di produrre pneumatici di altissime prestazioni che pesano poco”. C'è trasferimento di tecnologia dai Gp alla strada? “Il grosso salto tecnologico degli ultimi dieci anni è avvenuto per il cambiamento dei materiali con cui si realizzano le gomme, che sono in un'evoluzione continua. Basta guardare le gomme invernali: dieci anni fa il grip era tale che era obbligatorio tenere le gomme a bordo. Adesso, invece, un pneumatico winter ha una tenuta incredibile, grazie alla capacità di scaldare la mescola e alla struttura. La gomma è in una fase di grande evoluzione e la F.1 è certamente un acceleratore dell'innovazione. Abbiamo strumenti telemetrici utili allo sviluppo che nessun'altra disciplina sportiva può avere. Non c'è dubbio che l'esperienza dei Gp ci aiuti anche nel processo evolutivo degli pneumatici di serie”. Con il Racing Tyre System, Pirelli crea una sorta di carta di identità della gomma di F.1. Ci sarà una simile ricaduta anche nel prodotto? “Certamente, per quanto riguarda alcuni parametri. La strada è aperta e noi la seguiamo...”. Squilla il telefonino e il Presidente risponde, interrompendo la chiacchierata. “Era Luca di Montezemolo – ammette Tronchetti Provera – ma non abbiamo parlato di corse!”. Il tempismo del Presidente Ferrari è stato quasi... teatrale. Inevitabile, quindi, la domanda sulla Rossa: nel 2012 sarà vincente? “Penso che la competitività della Ferrari sia un asset della Formula 1. Il mondo dei Gp è legato alla Ferrari, per cui tutti si aspettano una Rossa competitiva. E sono sicuro che ce la possa fare”. Il mercato dell'auto sta vivendo una profonda crisi in Europa e anche la F.1 ha la tendenza a cercare approdo nei paesi emergenti, lasciando il Vecchio Continente. Non è un segnale positivo... “L'Europa è la culla della F.1. È qui che c'è la cultura e ci sono i più importanti costruttori. Così come le gare più prestigiose del calendario sono quelle continentali. Non credo che ci sia un vero pericolo incombente. Il mondo dell'auto risente dei riflessi economici del momento, ma spero che la situazione sia limitata nel tempo. Alla fine prevarrà il buonsenso e la crisi dovrà trasformarsi in una opportunità per crescere. Mi sembra che si stiano adottando i provvedimenti necessari a tornare più comptitivi e la F.1 può essere un simbolo, un veicolo per dimostrare che di tecnologia in Europa e in Italia ce n'è molta. Credo che la vecchia Europa e anche l'Italia abbia gli uomini e i mezzi per recuperare il tempo perso”. In questo momento quanto è importante l'esempio che possono dare Pirelli e Ferrari, due campioni di italianità nel mondo? “Credo che diano certamente dei segnali positivi, ma conta il fatto che l'Italia comincia a dare un segnale di credibilità: il Paese ha scelto un percorso ben chiaro che passa attraverso la competitività e le liberalizzazioni. E si richiama all'Europa. C'è una crisi di fiducia: bisogna cominciare a credere in noi stessi per creare aspettativa negli altri. Qualche apertura si vede: lo spread è anche della credibilità”. Il Governo ha tartassato l'automobile a cominciare dall'aumento delle accise sui carburanti: è necessaria qualche azione a sostegno di questo mondo? “Il Governo farà quello che potrà, ma mi sembra consapevole della scala di priorità che deve affrontare in questa fase. Noi ne risentiamo in una parte minore: nel primo equipaggiamento forniamo l'alto di gamma, vale a dire Ferrari e Maserati. E comunque l'Italia vale solo l'8% del nostro fatturato. È vero che l'automotive dei paesi meridionali dell'Europa vive un indubbio momento difficile.”. In F.1 l'Italia esprime il top nelle macchine e nelle gomme, ma da troppi anni mancha di piloti. Cosa si potrebbe fare? “Le gare in Italia ci sono e sono tante, ma non viene fuori il campione. Fra i giovani che disputano la Gp2 e Gp3 mi auguro che emerga qualche volto nuovo...”. Resterebbe in F.1 anche dopo la scadenza del contratto? “Se ci sono le condizioni perché non continuare? Ci siamo e vogliamo di dare il meglio”. Accetterebbe la sfida di chi volesse entrare nel Circus con le proprie gomme? “L'accetterei, certo. Ma la decisione dipende da altri. Noi siamo in competizione internazionale su tutto e anche questa sfida non ci spaventerebbe”. E l'idea di passare a gomme ribassate da 18 pollici è una sfida che vi affascina ancora? “Potrebbe essere una bella sfida anche quella, ma tutto passa dalle scelte dei team e dei piloti. Oltre che dalla Federazione. Servono investimenti e regole certe per lavorare in sicurezza”.

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