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F1 | Mercedes: perché il super-motore di Hamilton fa discutere?

La strepitosa vittoria di Hamilton a San Paolo ha scatenato forti dubbi sul 6 cilindri fresco che è stato montato sulla Mercedes W12 dell'epta-campione. I tecnici di Brixworth hanno deliberato un'unità pensata per durare solo quattro GP invece dei soliti otto e hanno cercato la prestazione in potenza media più che nel picco, tanto che velocità massime sono state importanti, ma non così straordinarie come si è detto erroneamente.

Il motore Mercedes F1

Il motore Mercedes F1

Giorgio Piola

La Mercedes ha fermato lo sviluppo aerodinamico della W12 al GP di Gran Bretagna, quando è apparso l’ultimo aggiornamento importante in particolare sul fondo della freccia nera che ha tolto una parte dell’instabilità fra i due assi che si portava dietro dall’inizio del campionato.

Poi abbiamo visto apparire solo un ultimo flap dell’ala anteriore più scarico, per compensare profili posteriori con minore incidenza per cercare di recuperare della velocità massima.

Davvero poca roba, considerato quanto siano tanto più esili le ali della Red Bull che devono compensare la maggiore potenza del motore Mercedes. Ad un certo punto della stagione sembrava che le differenza fra il 6 cilindri di Brixworth e l’unità RA621 H della Honda si fossero annullato, o quasi.

Red Bull Racing RB16B, dettaglio del motore

Red Bull Racing RB16B, dettaglio del motore

Photo by: Giorgio Piola

C’era chi parlava di una differenza di una decina di cavalli a favore della Stella, con i tecnici diretti da Hywel Thomas che non hanno mai spinto le mappature oltre certi limiti di sicurezza per garantire l’affidabilità delle power unit.

Una tattica perdente, perché l’efficienza aerodinamica della Red Bull era nettamente superiore: per ottenere una downforce vicina a quella della RB16B gli aerodinamici di Brackley erano stati costretti a utilizzare ali con corda molto più grande, spendendo parte della potenza in più per avere ragione del maggiore drag.

Un suicidio che ha portato Max Verstappen a condurre la classifica del titolo piloti, dando la chiara sensazione che il mondiale stesse prendendo la strada di Milton Keynes. E, allora, è cambiato lo scenario: la Mercedes ha deciso di rischiare il tutto e per tutto con la power unit, cercando di fare affidamento sul suo core business che l’ha resa imbattibile nell’era ibrida iniziata nel 2014.

Ma i motori hanno mostrato un preoccupante “invecchiamento” precoce, con una perdita di potenza non trascurabile da un GP all’altro che si è manifestata ben prima di arrivare a fine vita dell’unità e che ha richiesto, quindi, di smarcare dei 6 cilindri endotermici ben oltre il limite dei tre concessi dalla FIA.

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Valtteri Bottas è arrivato a sei, mentre Lewis Hamilton ha conteggiato il quinto proprio in Brasile. Ma quello utilizzato domenica dall’epta-campione lo abbiamo definito un super-motore, perché a Brixworth lo hanno pensato per una durata molto più limitata: 4 GP (le gare che erano ancora in calendario) contro i consueti 7-8 GP.

Pur usando gli stessi materiali omologati, Lewis si è trovato con un propulsore decisamente più potente, perché ogni elemento che compone l’unità 5 è stato estremizzato per durare al più 2.500 km in luogo dei quasi 7.000 km contati a inizio stagione per completare un ciclo di GP che comprendeva anche il chilometraggio delle prove libere.

Lewis Hamilton, Mercedes W12, festeggia col muretto il successo strepitoso nel GP del Brasile

Lewis Hamilton, Mercedes W12, festeggia col muretto il successo strepitoso nel GP del Brasile

Photo by: Steve Etherington / Motorsport Images

Il motore 5 di Lewis, invece, dovrà effettuare solo qualifiche e gara, perché le libere saranno coperte con uno dei propulsori che sono rimasti nella sua disponibilità, per quanto un po’ più sgonfi.

E così si è alzata la pressione in camera di combustione e si è deciso di sfruttare il turbo più al limite, mettendo a disposizione di Lewis una power unit indiscutibilmente più prestazionale di quella di Valtteri Bottas anche a livello di sfruttamento dell’ibrido: ciò ha permesso alla Mercedes di creare una grande differenza prestazionale in potenza media (nel range di utilizzo del 6 cilindri), più che in potenza massima.

La differenza, ovviamente, la si è potuta misurare nella diversa velocità massima alla speed trap: Hamilton ha toccato i 333,2 km/h, mentre il finlandese non è andato oltre i 321,7 km/h, con una differenza di 11,5 km/h che sono un’enormità fra due macchine che aerodinamicamente era molto simili, se non uguali, ma erano dotate di strategie di motore completamente diverse.

Il margine è salito a 15,2 km/h con Max Verstappen, ma l’olandese non ha mai beneficiato di una scia come il rivale. È bene ricordare che il picco di velocità in Brasile lo ha raggiunto Carlos Sainz con 336,7 km/h con la Ferrari SF21 con DRS aperto e scia di Leclerc, per cui i valori registrati sono meno sensazionali di quanto potesse sembrare.

I dati, quindi, vanno ponderati, ma è fin troppo evidente che c’è stata una profonda divaricazione gestionale dei motori da parte di Mercedes e Honda. A Brixworth hanno spinto alla ricerca della massima prestazione, mentre i giapponesi con Red Bull hanno puntato a un propulsore che deve durare la distanza prevista. Per stare al gioco saranno costretti ad adeguarsi con un motore fresco a Losail?

I maligni, però, sostengono che per supportare il super–motore di Hamilton serva anche una benzina con più potere calorifico, mentre il carburante utilizzato deve essere quello omologato secondo il campione fornito alla FIA.

In Brasile i commissari tecnici della Federazione Internazionale hanno prelevato un campione della benzina dalla Red Bull RB16B di Max Verstappen e dalla Mercedes W12 di Valtteri Bottas e non dal vincitore della gara.

Christian Horner, team principal di Milton Keynes, ha adombrato più di qualche dubbio sul motore di Hamilton: E' qualcosa che dobbiamo capire: giravano con ali adatte a Monte Carlo e avevano velocità impressionanti. Spetta alla FIA controllare lo sport e governarlo, quindi confidiamo in loro, nei loro test e nelle loro indagini".

La questione, dunque, resta apertissima...

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