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Max, l'imperturbabile che ha mosso la nazione orange

Oltre a Verstappen, il vincitore di Zandvoort è stato lo straripante pubblico olandese: 70 mila persone per tre giorni hanno sostenuto l'idolo di casa, trasformando il GP in un happening che ha avvicinato alla F1 una nuova generazione di appassionati. Ed è stata un'espressione alta di sportività (Hamilton non è stato fischiato) che testimonia la civiltà di un popolo. Vi raccontiamo la singolare esperienza che ha fatto bene al Circus.

Max Verstappen, Red Bull Racing RB16B

Max Verstappen, Red Bull Racing RB16B

Charles Coates / Motorsport Images

Zandvoort, domenica sera. Le due ali di folla che ad inizio giornata avevano atteso i protagonisti dalla Formula 1 all’ingresso del circuito, al termine della gara si sono ricomposte in senso contrario, per un ultimo saluto ai piloti che poche ore prima hanno disputato il Gran Premio d’Olanda.

C’è chi scruta nelle auto cercando di scorgere un volto conosciuto, applausi, cori, mani a caccia di un ‘cinque’ da portare a casa come un trofeo.

I più facilmente identificabili sono i piloti che escono con l’auto… aziendale, Ferrari per Leclerc, Alpine per Alonso e Ocon, giganteschi Suv per i piloti Mercedes.

C’è chi si ferma per una foto, un autografo, e nella confusione Sebastian Vettel (in bicicletta con uno zainetto in spalla) sfila tranquillamente senza essere intercettato dai tifosi, quasi fosse trasparente.

Nella marea orange spicca anche un tifoso ferrarista in divisa rossa, che con un certo orgoglio urla “tengo duro!”, raccogliendo anche un applauso di approvazione dal popolo di Max.

Già, perché la prima grande lezione arrivata dai 70.000 di Zandvoort, è stata probabilmente la più importante del weekend. Era stata preannunciata una fischiata collettiva all’indirizzo di Lewis Hamilton, con tanto di ‘buuu’ che avrebbero dovuto fare da colonna sonora durante la cerimonia della premiazione.

Una lezione di sportività

Invece no, splendidamente no. Per tre giorni un pubblico molto giovane si è goduto il weekend senza lasciarsi andare a gesti antisportivi, determinato a godersi un evento atteso per anni ed ora diventato una realtà da poter respirare a pieni polmoni.
“C’è un gruppo di fedelissimi di Max che va in trasferta – spiegava un addetto alla sicurezza che nel weekend si è astutamente ricavato un ruolo di controllo nel paddock – sono dai dieci ai ventimila che organizza viaggi in Austria, Ungheria, Francia e Belgio. Ma per la maggiore dei giovani presenti a questo weekend si tratta del primo Gran Premio a cui assiste dal vivo, visto che qui non si corre dal 1985”.

Negli ultimi anni si era percepito che l’effetto Verstappen stava contagiando l’intera nazione, i simpaticissimi giornalisti di Ziggo tv, l’emittente che trasmette la Formula 1 in Olanda, avevano più volte raccontato episodi che testimoniavano una passione esplosa con le prime vittorie di Max, e progressivamente cresciuta anno dopo anno.

Toccare con mano però è un’altra cosa e lo stupore degli stessi addetti ai lavori della Formula 1 davanti alla portata del fenomeno Verstappen è stato molto indicativo.

Sia in alcuni quartieri di Amsterdam, che nei paesi attraversati nei trenta chilometri che separano la capitale da Zandvoort, i balconi delle case erano addobbati con bandiere raffiguranti il classico Leone (presente anche sul casco di Verstappen) o striscioni con l’hastag #gomax.

Non c’è stato quotidiano o telegiornale nazionale che non abbia proposto in apertura il Gran Premio d’Olanda, evento assoluto del weekend.

La Formula 1 riscopre la presenza del pubblico

Ma al di là della portata mediatica, chi ha avuto la fortuna di assistere all’evento dal vivo, ricorderà a lungo i 70.000 spettatori sulle tribune. A due ore dal via del Gran Premio le terrazze delle hospitality erano affollate dal personale delle squadre che, telefonino alla mano, filmavano e fotografavano la coreografia offerta dagli spettatori, uno spettacolo che la Formula 1 non vedeva da molto tempo.

Gli organizzatori olandesi sono stati esemplari nella pianificazione dell’evento, e tra le tante trovate del weekend c’è stata quella di collocare in ogni tribuna una sorta di animatore, impegnato a promuovere cori, coreografie, canzoni e incitamenti al beniamino di casa, neanche a dirlo, Max.

“Senti che roba – sottolineava stupito un cuoco di una hospitality – lavoriamo con una colonna sonora che ormai sta diventando familiare, ma quando ieri Verstappen ha conquistato la pole, qui tremava tutto! Mai vista una cosa del genere”.

A contribuire alla festa di Zandvoort è stata anche la struttura dell’impianto, un circuito old-style con tribune che si affacciano sulla pista e spazi ridotti che hanno raccolto paddock, hospitality e attrezzature in meno della metà dell’area occupata solitamente.

Il tutto ha creato un effetto ‘stadio’, con i cori e l’odore dei fumogeni che dalle tribune entravano nelle stanze dei meeting, solitamente silenziose ed asettiche.

Il disagio iniziale ha presto lasciato spazio alla sensazione di essere testimoni di un evento, un contesto difficilmente vivibile su circuiti estesi come cittadine nei quali le tribune sono collocate a centinaia di metri di distanza dal paddock. A Zandvoort non è così, il pubblico è stato una presenza così forte da diventare una variabile da cui non si può prescindere nel racconto del weekend.

Un’ultima conferma è arrivata in serata, quando solitamente si commentano imprese, errori, strategie, classifiche o la parola di troppo scappata ad un team principal o ad un pilota.

Nella domenica sera di Zandvoort tutto questo è stato messo da parte, perché a tenere banco sono stati episodi, momenti e sensazioni, legati alla cornice che per tre giorni è stata parte integrante del Gran Premio d’Olanda.

Max oggi muove una nazione

E poi (non potrebbe essere altrimenti) c’è il fenomeno Max. Chi ha più memoria ha fatto fatica a ritrovare la figura di un pilota capace di mobilitare una nazione, e il cammino a ritroso ha portato all’impatto di Ayrton Senna sul pubblico brasiliano. Non è un confronto irriverente, perché le imprese di Max (che è bene ricordare, oggi ha solo 23 anni) sono riuscite a far breccia nell’interesse di un intero paese, andando ben oltre il confine del pubblico sportivo. Il tutto senza aver ancora vinto il suo primo titolo Mondiale, traguardo che dopo il weekend concluso ieri sembra essere un po' più vicino.

Resta, infine, un ultimo aspetto emerso dal weekend di Zandvoort, e riguarda un'altra caratteristica di Max Verstappen. È difficile spiegare come faccia questo ragazzo a restare apparentemente impassibile davanti a tutto ciò che abbiamo visto in pista per tre giorni.

Solo sul podio il viso ha tradito qualche smorfia d’emozione, colta nel momento in cui ha sfilato la mascherina, ma considerando la portate della sua impresa è ben poca roba.

Chissà cosa avrà pensato appoggiando la testa sul cuscino al termine della serata di ieri, se alla classifica di campionato, all’esplosione di entusiasmo che ha scatenato il suo passaggio sotto la bandiera a scacchi, o magari a nulla di tutto ciò. Se vorrà, quando vorrà, Max avrà tempo per mettere a fuoco la portata di ciò che è stato lo scorso weekend, per lui, per l’Olanda e per tutta la Formula 1.

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