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Maldonado: "Con la Lotus ricomincio quasi da zero!"

Nell'intervista esclusiva il venezuelano ci offre uno spaccato lucido del Circus vissuto dal di dentro. Perché...

Maldonado:

Pastor Maldonado ricomincia da zero. Aveva lasciato la Williams a fine 2013 dopo aver vinto un Gp in Spagna 2012. È passato l’anno scorso alla Lotus convinto di fare un salto di qualità importante nel Circus e, invece, è incappato nell’anno più difficile della storia di Enstone. Il venezuelano, 29 anni, è pronto a girare pagina per ripartire in un’avventura nella quale crede molto, nonostante le difficoltà economiche in cui si dibatte il suo team. Va in Australia nella convinzione di ricostruire una reputazione dopo un 2014 tutto da cancellare. Lo abbiamo incontrato per una chiacchierata senza filtri nella quale è emerso un Pastor molto genuino che ha idee chiare sul suo futuro. È uno dei pochi piloti del Circus che esprime liberamente il suo pensiero senza temere la censura della squadra e lo spaccato che emerge è quello di un uomo che dalla F.1 ha già avuto molto, ma ha ancora molto da chiedere…

E’ un anno molto importante dopo una stagione disastrosa…
“Quello che mi aspetto è di vincere, ma poi bisogna essere realisti: so che non abbiamo il potenziale economico per lottare con i top team. E questo è un dato di fatto, anche se penso che nella squadra ci iano delle persone molto valide che possono realizzare delle monoposto molto competitive”.

La Lotus ha perso tecnici importanti negli ultimi anni, eppure sembra sempre in grado di realizzare macchine interessanti, se escludiamo la E22 del 2014 che è stata tutta sbagliata. Come mai?
“Penso che a Enstone ci sia un grande potenziale che vada oltre le persone: ci sono strutture all’avanguardia e tecnici molto appassionati. Sulla E23 ci sono molte aspettative per fare dei risultati che cancellino la disastrosa scorsa stagione. Nel team c’è la volontà di dimostrare che quello che si è visto l’anno scorso non era la vera rappresentazione della Lotus. Credo che abbiamo reagito bene, con scelte azzeccate…”.

Beh, avete scelto il motore migliore, vale a dire il Mercedes rinunciando al Renault…
“Il cambiamento non è stato facile, ma confidiamo di disporre della migliore power unit disponibile e possiamo fare affidamento su un grande aiuto da parte della Mercedes”.

Ora che hai provato la E23 ci puoi dire che l’è la differenza fra la PU106B e il 6 cilindri della Renault?
“E’ molto grande, ma non c’è solo una differenza di potenza. Molti si sono soffermati sui cavalli disponibili e, forse, in modo un po’ sbagliato, perché l’analisi deve essere più ampia: conta molto come la power unit riesce a trasmettere questa potenza. Il Mercedes è un motore molto docile, elastico, non è affatto aggressivo sulle gomme, ma assicura una grande potenza. È stato studiato in ogni singolo particolare e riesce a dare il meglio sia in fase di qualifica che in gara”.

Ma non avete avuto dei vantaggi anche nell’installazione nella monoposto?
“Esattamente, l’adozione del motore Mercedes ha facilitato il compito dei nostri tecnici e posso dire che è stata possibile una vera e propria rivoluzione nel pensare la macchina che non ha più niente in comune con quella del 2014. Ed è per questo che all’inizio sarà più difficile per noi arrivare al 100% del potenziale che per gli altri, perché noi non ci siamo limitati a fare un’evoluzione della vettura dello scorso anno come hanno fatto molti, ma tutto è nuovo. Sono diverse le geometrie delle sospensioni, il disegno della scocca e la disposizione dei radiatori. Il primo aspetto importante è che questa è una macchina che parte con molti chili di peso in meno rispetto alla E22”.

L’anno scorso eravate sovrappeso?
“No, ma ai limiti di quanto concesso dal regolamento”.

Non disponevate, quindi, di zavorra?
“Diciamo che questa monoposto sarà più facile da adattare alle caratteristiche di ogni pista…”.

Non avevi completato l’analisi dei vantaggi del motore Mercedes…
“Beh è semplice, il motore è più piccolo e più leggero del Renault per cui ci ha permesso di affrontare temi aerodinamici più spinti nella parte posteriore, specie dove finisce il fondo dove si genera il carico aerodinamico”.

Dall’analisi dei test invernali sareste in quinta fila in una teorica griglia di partenza…
“Non guardare le prestazioni dei test. Siccome era tutto nuovo abbiamo lavorato con piani molto conservativi per fare dei chilometri. Abbiamo sempre fatto run da almeno 10/12 giri…”.

Non avrete girato con i serbatoi vuoti, ma bastavano 30 kg di carburante per quelle distanze…
“No, abbiamo sempre avuto più benzina di 30 kg, non eravamo troppo lontani dagli altri. La squadra non ha cercato il limite delle prestazioni, ma l’affidabilità dopo il disastro dello scorso anno. Devo dire, che tante cose non erano colpa del team, ma del progetto che nel suo insieme non ha funzionato”.

Ma il muso a "forchetta" quanto ha condizionato il modo di guidare?
“Non molto, avevamo molto sottosterzo perché la macchina era sbagliata nella distribuzione dei pesi, per cui non reagiva bene ai cambiamenti di direzione. La macchina era molto sbilanciata fra i due assi fino a metà stagione, poi a forza di lavorare siamo riusciti a migliorarla, ma non c’era l’affidabilità. Onestamente devo aggiungere che la macchina in gara non era da buttare via, perché aveva prestazioni da essere sempre in zona punti. Pagavamo l’impossibilità di lottare in qualifica, per cui scattavamo sempre molto indietro nella griglia. E avendo una pessima velocità massima, diventava difficile superare le altre vetture”.

Non sapevate sfruttare la meglio l’ibrido della power unit?
“Non era solo quello, ma avevamo anche ali troppo cariche. Insomma, un problema si sommava a quell’altro. Adesso abbiamo una monoposto che è ancora tutta da sviluppare, ma ogni volta che scendiamo in pista miglioriamo quello che stiamo facendo. Insomma c’è una strada da seguire che portiamo avanti con fiducia…”.

Dove collochi la Lotus quest’anno?
“Non è facile fare previsioni, ma i più hanno evoluto la macchina 2014, mentre noi siamo ripartiti da zero. È tutto nuovo. Sono sicuro che partiremo più avanti nello schieramento, anche se adesso non ti so dire dove. Non saremo primi, ma spero di stare nei dieci…”.

Ma la squadra ha la capacità economica per reggere lo sviluppo di una stagione?
“Abbiamo tutto per crescere durante il campionato. La metodologia della squadra è di gettarsi a capofitto su quello che è il problema principale da risolvere e non sono cercando una soluzione anche ai guai più piccoli. È per quello che si vede un netto miglioramento ogni volta che portiamo in pista un nuovo step. L’anno scorso avevamo un nuovo fondo ad Austin dove siamo subito andati a punti”.

Dove va a finire l’orgoglio di un pilota in una stagione come quella 2014, quando sapevi che non avresti fatto molta strada ancora prima di salire in macchina?
“E’ molto dura. Una situazione difficile da affrontare nella quale si può imparare molto. Dopo qualche gara avevamo capito che sarebbe stata un’annata improba, ma non ci siamo mai arresi. A fine campionato abbiamo disputato alcuni Gp nei quali abbiamo recuperato molto. Spesso nelle squadre ci sono i piloti e c’è il team, alla Lotus c’è un solo gruppo. L’unità ha permesso di superare i momenti peggiori”.

Con Romain non hai mai scatenato polemiche troppo violente contro la Lotus…
“Nonostante i problemi oggettivi, c’era la spinta per fare bene. Ti faccio un esempio: la squadra ha fatto dei pit stop in meno di due secondi! E’ il segno che ciascuno aveva continuato a dare il suo massimo. Che senso avrebbe avuto fare polemiche se sapevamo per filo e per segno quello che stava succedendo. Sono incappato, purtroppo, in un anno… nero, ma tutti cercavamo di dare più di quello che avevamo. Credimi non è facile tenere unito un gruppo in quelle condizioni e la Lotus c’è riuscita!”.

Hai vinto il Gp di Spagna 2012: nella griglia sono solo nove quelli che vantano un successo, eppure sei un pilota sottostimato. Perché?
“In questi quattro anni di F.1 non ho avuto la chance di dimostrare il mio vero valore. L’unica volta che ho avuto questa possibilità ho vinto il Gp. E se andiamo a vedere più indietro la Williams del 2012 non era certo la squadra che abbiamo visto nel 2014. Almeno questa è la mia opinione, eppure l’anno scorso non hanno vinto… Nel 2011 quando ho debuttato non avevo ancora abbastanza esperienza per dare il massimo nel Circus, ma sono molto cresciuto nel corso della stagione. La macchina era difficilissima, ma abbiamo disputato delle belle gare”.

Nel Circus a volte succedono cose strane: la Ferrari ha festeggiato nel 2013 i 60 di F.1 e Alonso ha vinto a Silverstone, nel 2012 Frank ha compiuto i 70 anni in occasione del Gp di Spagna e tu ti sei aggiudicato la corsa. Strano, no?
“La statistica dice che sono cose che accadono, ma credimi a ogni Gp tutte le squadre cercano di ottenere il massimo dalla gara. Non dimenticare che subito dopo la vittoria di Barcellona si è rischiata la tragedia con l’incendio nei box. Si erano ustionati dei ragazzi della squadra. Per me è stato un giorno indimenticabile che poi si è tinto di tristezza: la paura aveva preso il sopravvento sul fatto che la Williams non vincesse un Gp da otto anni. Per me quel successo rimane speciale. E so che quando arriverà il mio momento, perché prima o poi dovrà arrivare, qualcuno dirà che già sapeva che dentro di me c’è qualcosa…”.

A fine 2013 hai lasciato la Williams pagando anche una penale per andare alla Lotus: ti sei trovato una macchina inguidabile e hai lasciato una FW36 quasi vincente. Una gran decisione?
“Se il mio sponsor ha pagato una penale non lo so. Non sono direttamente legato a chi mi finanzia, anche se mi stanno seguendo dall’inizio della carriera. Il progetto PDVSA era nato per far crescere i giovani piloti e lo hanno portato avanti concretamente”.

Ma la scelta di lasciare la Williams è stata tua?
“Sì, è stata una mia decisione. Ho vissuto tre anni fantastici a Grove, ho avuto l’opportunità di imparare molto e mi sentivo in famiglia. Ho anche tantissimo rispetto per Frank perché ha creduto in me: avevamo cominciato a parlare ben prima che vincessi il campionato di GP2. Da un punto di vista tecnico posso dire che sono nato alla Williams, mi hanno insegnato tutto o quasi, però ad un certo punto un uomo deve prendere delle decisioni se crede in se stesso: dopo tre anni di Williams non sono riuscito a trovare i risultati che speravo di raccogliere per cui mi sono guardato intorno: in quel momento il team più competitivo raggiungibile era la Lotus”.

Sei arrivato a Enstone nell’anno peggiore…
“E’ come se avessi ricominciato tutto da capo. Diciamo che ho perso un anno, ma sono sempre convinto che la squadra abbia il potenziale per conseguire i risultati che aspetto. Sono sicuro che si può fare bene in F.1 anche se non si è un top team. Nel 2014 ho potuto conoscere le persone della squadra e credo nello spirito che si è creato del team. C’è un bel clima per lavorare bene: manca un po’ di macchina, ma arriverà…”.

Essere considerato un pilota pagante perché porti alla squadra un budget enorme, pensi che ti tolga qualcosa?
“No, in realtà io sono pagato. Se avessi trovato subito una macchina competitiva questo appellativo sarebbe scomparso subito. Se andiamo a guardare indietro negli anni anche Fernando ha portato degli sponsor molto grossi nei team dove è stato, ma lui non è mai stato considerato un pilota pagante. E come Alonso, che per noi tutti è un po’ il pilota di riferimento, è valso per tanti altri”.

Dove vuoi arrivare con la Lotus E23?
“Sarebbe bello essere costantemente in zona punti per sfruttare ogni situazione che si verrà a creare…”.

Speri in un podio?
“Ma direi dei podi. La speranza è di tornare a vincere. Nel 2012 non ero certo partito con l’intenzione di impormi, ma poi un Gp l’ho centrato. Oggi sappiamo che c’è la Mercedes davanti a tutti, ma capita di vincere anche con la monoposto che non è la migliore”.

In carriera sei stato spesso considerato il “pierino la peste”, mentre poi c’è stata una maturazione. A cosa è dovuta?
“Il modo di guidare non è cambiato. Conta l’esperienza che si accumula. Ancora oggi faccio degli errori, come tutti gli altri piloti. A differenza di altri io li ammetto. Credo sia piuttosto normale. Quando hai il pieno controllo della macchina devi decidere se andare oltre il suo limite o se è meglio non prendere rischi”.

La tua tendenza è di provare a vedere che succede?
“No, non sempre. Se potessi tornare indietro, per esempio, avrei aspettato di attaccare Lewis a Valencia al penultimo giro. Magari oggi avrei aspettato un altro momento per evitare il contatto e, invece, ci siamo toccati. Se l’avessi passato sarei stato un… Dio, mi è andata male e ho fatto una figuraccia, buttando via un podio. L’esperienza, comunque, insegna: si imparano quelle che sono le esigenze del team e ci si adegua un po’ a quelle aspettative. Prima esageravo perché volevo dimostrare più di quello che ero in grado di dare. Ma se non avessi avuto il mio temperamento la Williams non avrebbe vinto il Gp a Barcellona. A volte ho sbagliato, ma in altre situazioni ho portato a casa più del potenziale che c’era a disposizione. Quello credo sia il mio forte: in certe situazioni ci posso mettere del mio…”.

La F.1 cosa dovrebbe cambiare per attirare gli appassionati?
“I team dovrebbero avere più vicini in pista. La Red Bull Racing ha dominato quattro degli ultimi cinque anni. Sebastian ha vinto quattro titoli, ma senza rifilare due secondi a tutti: Fernando poteva lottare per vincere dei Gp, così come è successo a me. La Mercedes e la Lotus avevano centrato dei successi. Oggi contro le frecce d’argento sarà molto difficile…”.

Fra voi piloti quali sono i rapporti? Di chi hai più rispetto?
“Io stimo Fernando perché è un pilota guerriero. È tosto in pista e fuori. Ha un talento immenso. E come tutti fa degli sbagli. Mi è piaciuto molto anche l’atteggiamento di Lewis l’anno scorso: gli sono andate storte molte cose, ma non ha perso la lucidità e nel momento più difficile della stagione ha dimostrato di essere il migliore. Si è meritato il secondo titolo piloti. Fra i piloti che considero c’è anche Felipe: ha molta esperienza, ma sa essere ancora molto veloce. Non nascondo che siamo amici e ci parliamo spesso: credo che abbia ritrovato la stima in se stesso. Quello della Williams è un altro Felipe…”.

Ha pagato l’essere in squadra con Fernando?
“Non penso. Avevano e hanno un bellissimo rapporto. Ma a Maranello non deve essere facile dare sempre il 100% con una macchina che negli ultimi anni era difficile. È una squadra dove ti fanno stare bene, ma non basta per ottenere dei risultati…”.

Ci hai detto i piloti di cui hai stima, ma ci sono anche quelli che non temi?
“Tanti. O meglio, in pista non temo nessuno, ma porto rispetto. Anzi al momento della battaglia penso che siano più quelli che temono me che il contrario. Diciamo che mi piace combattere con piloti forti: ho lottato con Fernando a Barcellona quando ho vinto la gara. Ricordo belle sfide con Felipe e anche con Vettel che è bello tosto…”.

Sebastian come lo consideri? C’è chi lo critica perché ha vinto quattro mondiale con la macchina nettamente più competitiva…
“E’ un campione. Parlano i risultati. Per me è un grande e lo ha dimostrato. Non è mai facile vincere. Ha dimostrato di essere molto professionale e capace. Poi ha il suo stile e questo può piacere oppure no, ma non si può discutere che sia un pilota top…”.

La FIA vuole vietare ai piloti di cambiare la livera del casco per rendervi più riconoscibili. Come giudichi questo provvedimento?
“Non capisco: mi è capitato di vendere una parte del casco ad uno sponsor per una gara e potendo monetizzare qualcosa in più. Vedremo cosa si sarà concesso: il casco è una cosa molto personale. Ogni pilota ci tiene molto al proprio. La tuta è la divisa della squadra, mentre il casco rappresenta la tua personalità”.

Un tempo i piloti erano riconoscibili dal casco perché la livrea restava quella per una carriera intera. Ora non è più così…
“Si è vero, anche se quelli che cambiano spesso sono davvero pochi”.

La paura fa parte del bagaglio di un pilota?
“Non ho mai avuto paura. Anzi penso a come posso dare di più per cogliere l’obiettivo… Ho cominciato a correre che avevo solo sei anni, contro bambini che ne avevano dieci. Non esisteva la categoria per la mia età, per cui mi sono abituato a dover lottare e a non avere paura dei più grandi”.

Sei religioso?
“Si, sono cattolico. Ho studiato in una scuola religiosa italiana. Credo molto nella famiglia e ho una bella bambina di due anni che mi segue quando si può. La famiglia è utile al completamento del pilota, non è vero come diceva Enzo Ferrari che si va più piano quando si diventa padri”.

Perché abiti in Italia?
“Le mie radici sono italiane, come quelle di mia moglie. Ci troviamo bene e non vogliamo cambiare…”.

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