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Analisi

F1: i premi tagliati costano ai team piccoli senza bonus

L'introduzione del budget cap serve a limitare i costi della F1 e sarà fondamentale a rendere il Circus sostenibile dal punto di vista economico. Ma in attesa che il sistema diventi auto sufficiente il mondo dei GP divrà superare un altro anno difficile per l'influenza del COVID-19. Se i team più grandi possono sostenere la riduzione dei proventi grazie ai bonus storici elargiti da Liberty, quelli più piccoli rischiano di entrare in sofferenza. Scopriamo qual è lo scenario...

Mick Schumacher, Haas VF-20

Foto di: Zak Mauger / Motorsport Images

La Formula 1 inizia un nuovo capitolo della sua lunga storia. A partire da ieri, ogni spesa che sarà affrontata da una squadra non dovrà solo essere approvata per assicurarsi che ci siano in cassa i fondi necessari, ma dovrà superare anche il controllo del budget-cap, ovvero il limite complessivo di 145 milioni di dollari che rappresenta il tetto massimo di spesa a disposizione di un team nell’arco della stagione.

Le squadre sono ovviamente al lavoro da tempo per affrontare nel modo più efficiente possibile questa limitazione e, a partire da oggi, sono diventate operative delle scelte già pianificate con ampio anticipo, come la migrazione di gruppi più o meno folti di personale verso altre squadre o altri incarichi.

In casa Ferrari si è scelta una maggiore cooperazione con la Haas per garantire un futuro al personale in eccesso, ed anche in casa Mercedes si è arrivati ad una situazione simile con destinazione Aston Martin.

L’onda lunga del Covid

L’introduzione nel regolamento di un tetto massimo di spesa era già da tempo sul tavolo delle discussioni dei rappresentanti delle squadre di Formula 1 e della FIA, e i forti timori emersi con l’arrivo della pandemia dovuta al COVID-19 hanno accelerato il processo.

Non è stato un provvedimento precauzionale, ma una decisione provvidenziale (insieme al congelamento di diverse componenti delle monoposto e al posticipo del nuovo regolamento tecnico) per la sopravvivenza di alcune squadre.

Il COVID-19 non ha impattato con la stessa forza su tutti i team. Secondo alcuni dati sussurrati da alcuni addetti ai lavori (ma non confermati ufficialmente) nel 2020 la parte del fatturato complessivo che la Formula 1 ha distribuito alle squadre è stata circa il 60% di quella prevista ad inizio anno, a causa dell’azzeramento delle quote provenienti dai promoter dei Gran Premi e di tutte le attività promozionali che si svolgono in pista, ad iniziare dal proficuo Paddock Club.

La distribuzione ha preso forma secondo un articolato sistema di calcolo, che tiene conto di posizione nella classifica Costruttori della stagione precedente e bonus storici. Ne è emerso un quadro che ha visto alcuni team penalizzati di un quarto rispetto alla cifra prevista inizialmente, fino ad altri che si sono visti decurtare la metà della cifra originale.

A fare la differenza sono state le voci extra (quella maturate con diritti acquisiti con anzianità e risultati) che sono state garantite quasi integralmente, a beneficio delle squadre storiche e di quelle che hanno vinto maggiormente negli ultimi dieci anni.

Il futuro è roseo, ma c’è un percorso difficile

La buona notizia è che dopo un anno estremamente difficile tutti i team sono ancora al loro posto, scongiurando i timori che qualche squadra potesse pagare il prezzo massimo a questa situazione.

Nel frattempo, però, ci sono stati segnali da non ignorare, come il cambio di proprietà della Williams o la decisione della Haas di sposare una linea ‘giovane’ sul fronte piloti che di per sé è anche una bella notizia, ma alla cui base le motivazioni economiche sono state prioritarie, mentre la McLaren ha ipotecato la sua sede.

Il colpo, duro, è stato comunque assorbito, ma insieme a questa certezza c’è anche quella che una seconda stangata in qualche contesto sarebbe fatale.

L’adozione del sistema budget-cap è indubbiamente un piano ben studiato, che porterà la Formula 1 ad essere economicamente sostenibile. Il contenimento forzato dei costi garantirà alle squadre di poter autofinanziarsi con la distribuzione dei ricavi complessivi della Formula 1 (nel caso dei top-team) e con l’integrazione di un 25% del budget con sponsor per le squadre di media e bassa classifica.

Ma in vista di questa ‘terra promessa’ (ovvero il ritorno ai ricavi completi confermati fino al 2019) c’è un 2021 da traghettare in un contesto non semplice per almeno due o tre squadre.

Per questo sarà cruciale lo svolgimento del prossimo Mondiale, non tanto in merito alla disputa di un buon numero di gare (il sistema collaudato nel 2020 offre ottime garanzie) quanto alla possibilità che i Gran Premi si svolgano in presenza di pubblico, senza il quale i promoter non verseranno a Liberty Media quanto pattuito nei contratti.

In mancanza di spettatori in pista la prospettiva sarà la stessa del 2020, ovvero un’altra stagione con ricavi limitati alla sola vendita dei diritti televisivi e conseguenti contributi ridotti ai team, con grande preoccupazione delle squadre minori.

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