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Analisi

Honda: un colpo di... testa che si sta rivelando vincente

Yasuaki Asaki, responsabile dello sviluppo delle power unit Honda, ha spiegato, dopo il successo di Max Versappen a Imola, qual è stato l'impegno della Casa giapponese nella progettazione e costruzione dello RA621H. In sei mesi è nato un propulsore ultra compatto e potente, capace di sfidare ad armi pari la Mercedes con il telaio Red Bull RB16B.

Testata Honda

Honda

Max Verstappen con la vittoria nel GP del Made in Italy e dell’Emilia Romagna ha regalato alla Honda la prima vittoria con la power unit siglata RA621H. Per la Casa giapponese si tratta del 79esimo successo in Formula 1 che è anche il settimo dall’inizio dell’era ibrida che per i nipponici è iniziata un anno dopo tutti gli altri nel 2015.

La Red Bull RB16B ha iniziato la stagione 2021 rivelandosi la monoposto più competitiva: Adrian Newey ha interpretato le nuove norme aerodinamiche nel modo più efficiente, tanto che la vettura di Milton Keynes è quella che ha perso meno downforce rispetto a tutte le altre.

La supremazia di Imola, però, non è data solo dalle qualità di telaio e dell’aerodinamica della RB16B, perché anche la power unit ci ha messo la sua parte. Ricordiamo che la Honda, prima di ritirarsi dai GP a fine anno, ha deciso di introdurre un motore totalmente nuovo che rappresentasse il meglio della tecnologia giapponese. E stando alle indicazioni di chi ha elaborato dei dati a Imola sarebbe emerso che il 6 cilindri giapponese sarebbe il più potente del Circus, stando che l’unità Mercedes non è stata ancora sfruttata a pieno potenziale.

Yasuaki Asaki, responsabile dello sviluppo delle power unit, ci ha tenuto a sottolineare quale è stato l’impegno dei tecnici Honda che hanno prodotto uno sforzo immenso sia nella sede centrale di Sakura che in quella distaccata in Gran Bretagna, a Milton Keynes.

“Nel momento in cui il presidente Honda ci ha autorizzato a realizzare un motore totalmente nuovo è partita una sfida che ci ha impegnato l’anno scorso: è stato uno sforzo enorme perché abbiamo portato in pista un’unità totalmente inedita”.

I tecnici giapponesi hanno lavorato duramente non solo per estrarre delle prestazioni dalla power unit, ma si sono impegnati in interventi radicali nell’architettura del motore per assicurare alla Red Bull una serie di vantaggi che non si limitassero solo al miglior packaging possibile, ma anche al sensibile miglioramento dell’hardware.

"Prima di tutto abbiamo completamente ridisegnato la testata per rendere la parte alta del motore molto più compatta abbassandone il baricentro, spostando i pesi più in basso – ha proseguito Asaki – e per riuscirci abbiamo dovuto modificare l'angolo delle valvole e i condotti, per cui abbiamo potuto migliorare l'efficienza in camera di combustione. Ovviamente per ottenere questi risultati è stato modificato anche l’albero a cammes”.

"Il coperchio della testa è montato più in basso e questo permette anche una migliore fluidodinamica sotto al cofano motore”. Segno che l’estrazione dell’aria calda dalle fiancate è più efficace”.

In realtà gli interventi sono stati molto più radicali perché è stato ridotto sensibilmente l’interasse fra i cilindri…
“Certo e adesso il motore risulta più corto oltre che più piccolo. La vecchia power unit era leggermente disassata fra le bancate con quella di sinistra che era leggermente più avanti di quella di destra. Quello che abbiamo fatto è stato invertire l’offset sul nuovo motore in modo che la bancata destra sia davanti e quella di sinistra”.

Ovviamente non si ottengono dei vantaggi prestazionali cambiando la struttura del motore, ma si possono modificare i passaggi di acqua e collocare alcuni elementi ancillari nel modo migliore per ottenere il packaging più compatto che si può tradurre in un propulsore “size zero” capace di regalare importanti vantaggi di natura aerodinamica.

Asaki ha sottolineato anche il lavoro svolto in camera di combustione alla ricerca di una maggiore efficienza…

“Con il nuovo motore abbiamo dovuto lavorare molto per trovare un equilibrio tra l’energia di alimentazione e quella di scarico per assicurare lo stesso valore di ricarica dell’anno scorso. Quindi avevamo diversi obiettivi di sviluppo e crediamo di averli raggiunti".

Anche se tutto questo lavoro si è svolto in un periodo di sviluppo di appena sei mesi, finora non ci sono state grandi ripercussioni sull'affidabilità, sebbene i piloti di Red Bull e AlphaTauri hanno già dovuto fare ricorso alla seconda batteria e alla seconda centralina già alla seconda gara, avendo già ultimato lo stock disponibile per quest’anno senza entrare in penalità.

“Credo che siamo stati in grado di implementare un propulsore per competere con la Mercedes. Abbiamo avuto molta collaborazione dalla Red Bull, assicurandoci di trarre il massimo dal packaging di questo motore compatto. Perché fino all'estate scorsa stavamo lavorando sullo sviluppo del motore più grande precedente".

Il tecnico nipponico ci tiene a ricordare la collaborazione con Honda Jet per l’evoluzione della turbina, così come un trattamento fatto sulla canna del cilindro è frutto di una lavorazione del nostro stabilimento di Kumamoto, che in realtà è una fabbrica di moto, a dimostrazione della collaborazione esistente fra le diverse le aree di produzione delle due ruote e delle quattro ruote".

La Honda ha impiegato molto tempo a trovare la via della competitività, ma ora che sembra in grado di lottare per la vittoria ha deciso di andarsene. Potrà beneficiarne la Red Bull che erediterà la power unit nel suo nuovo polo dedicato ai motori. Ma giapponesi vogliono uscire dal Circus alla loro maniera. A testa alta…

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