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Ferrari: perché il dado (del pit stop) non è tratto

Diego Ioverno, Responsabile Operazioni Autotelaio della Scuderia, spiega come mai troppo spesso la Ferrari sia lenta nelle operazioni dei pit-stop: "La filettatura del dado non è robusta abbastanza, il che ha provocato più volte lo spanamento del dado stesso. È un problema di affidabilità su cui stiamo lavorando per cercare di risolverlo per il prossimo anno”. Il 22% dei cambi gomma è stato più lento di tre secondi e mezzo: troppo per un top team.

Sebastian Vettel, Ferrari SF1000, pit stop

Sebastian Vettel, Ferrari SF1000, pit stop

Steven Tee / Motorsport Images

La Ferrari si prepara a dare l’addio a Sebastian Vettel nel GP di Abu Dhabi, gara che chiude una stagione difficile per la squadra di Maranello. La SF1000 non è stata pari alle attese, ma anche lo staff ha ampi margini di miglioramento per esempio nei pit-stop.

Alla Scuderia le soste per il cambio gomme che superano i tre secondi e mezzo sono considerate frutto di un errore serio: quest’anno sono state il 22%, una percentuale ben lontana da quella delle squadre top in questo campo.

L’andamento della stagione non sarebbe sostanzialmente cambiato se ci fosse stato un numero inferiore di pit-stop senza gravi sbagli ma, probabilmente, ci sarebbe qualche punto in più nel mondiale Costruttori…

“È vero che il numero di soste superiore ai 3,5 secondi è troppo alto per quelli che sono storicamente gli standard della Scuderia ma il più delle volte le cause che hanno portato a un rilascio della vettura tutt’altro che ottimale sono dovute ad un problema specifico, legato al dado della ruota – spiega Diego Ioverno, Responsabile Operazioni Autotelaio della Scuderia –. La filettatura non è robusta abbastanza, il che ha provocato più volte lo spanamento del dado stesso. È un problema di affidabilità su cui stiamo lavorando alacremente per cercare di risolverlo per il prossimo anno”.

La consapevolezza del problema genera altre conseguenze?
“Sì, è così. È chiaro che i ragazzi sentono anche inconsciamente che, dovendo agire su un componente più a rischio, il margine d’errore nell’innesto della pistola sul dado è molto più ristretto, il che comporta un effetto perverso che rallenta complessivamente tutte le operazioni. Lo si vede anche nel tempo medio dei pit-stop definiti buoni, che è di 2”73: c’è anche qui un po’ di margine di miglioramento”.

Cosa si può fare per migliorare?
“Innanzitutto vale la pena sottolineare che la nostra è una squadra giovane anche in questo settore specifico. Nell’ultimo biennio è iniziato un importante processo di rinnovamento, sia nei ruoli operativi che in quelli di coordinamento. È ovvio, quindi, che ci sia bisogno di un po’ di tempo per migliorare l’amalgama fra tutti i componenti del team del pit-stop perché non c’è operazione in questo sport in cui la sincronizzazione fra il lavoro di oltre venti persone sia più importante”.

“Non è un caso che le crew migliori siano formate da un organico ormai stabile da tanti anni. Oltre al già citato lavoro sull’affidabilità bisogna quindi lavorare su questo fronte, sia attraverso allenamenti specifici che con sessioni di training psico-fisici: un’altra priorità dell’inverno che ci porterà al 2021”.

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