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Il capolavoro di Alonso, rende merito alla Ferrari

Lo spagnolo esalta con un doppio sorpasso storico e la squadra del Cavallino rivela il suo potenziale

Fernando Alonso il suo capolavoro se lo è costruito un po’ alla volta: non è stato il colpo di genio del momento, ma la fredda e scientifica focalizzazione di un piano d’attacco deciso a tavolino. Come solo i grandi campioni riescono a fare. Ha osservato la gara di GP2 e ha visto che qualcuno aveva provato la manovra di sorpasso alla curva 3. E nel giro della parata che ha preceduto il Gp (tutti i piloti salutano il pubblico da un semi-rimorchio della FOM) ha potuto analizzare che anche il tratto di asfalto all’esterno della curva 3 era stato debitamente pulito. Mettere insieme un puzzle di informazioni preziose non significa vincere una corsa: poi bisogna passare dalle parole (anzi dai pensieri) ai fatti. UN COPIONE PERFETTO È stata l’esecuzione di un copione che sembrava preordinato a stupire, quanto il doppio sorpasso perpetrato all’esterno a Kimi Raikkonen e Lewis Hamilton, due campioni del mondo. Una manovra che si è resa possibile grazie ad un’eccellente partenza (la Ferrari ha un sistema infallibile, perché anche Massa scatta come una… molla) e al programmato risparmio della carica del KERS subito dopo la partenza, il surplus di potenza (circa 80 cv) dovuto al recupero di energia cinetica che il pilota può scaricare una volta al giro. Alonso ci ha fatto apparire tutto terribilmente facile, mentre abbiamo assistito ad un sorpasso da cineteca che merita di entrare nella storia della F.1. RISPETTARE LE GOMME “Ho spinto al 90% per non compromettere le gomme”: l’asturiano ha ottenuto solo il quinto giro più veloce della corsa (la soddisfazione è andata ad Esteban Gutierrez, pilota della Sauber in bilico di mantenere il suo posto nel Circus), ma fatto meglio di tutti i pretendenti al titolo mondiale (Kimi Raikkonen, sesto e Sebastian Vettel, nono). Disponeva della F138 che è risultata la monoposto più veloce alla speed trap con 318,8 km/h, mentre il finlandese con la E21 non è andato oltre i 314,3 km/h come Felipe Massa, mentre Sebastian Vettel ha pagato un gap esagerato di 12,8 km/h non superando mai i 306,0 km/h. AERODINAMICA PIU’ SCARICA Fernando si è preparato una Ferrari da attacco, avendo la percezione che si poteva smitizzare anche a Barcellona il fatto che si potesse vincere non partendo dalla pole position. Ha scelto una configurazione aerodinamica più scarica, mettendo sul piatto le sue doti di grande campione, consapevole che nel tratto più guidato della pista avrebbe dovuto sudare più degli altri. Ma ha avuto ragione, pienamente supportato dei tecnici del Cavallino (sia quelli al muretto dei box, sia quelli che stanno a Maranello al race control remoto). OGNUNO HA IL SUO FRIC La F138 è la monoposto che interpreta le attuali gomme Pirelli meglio delle altre: a Kimi Raikkonen non è bastata una sosta in meno per mettere in difficoltà la Rossa con la E21 che forse dispone del più efficace sistema di sospensioni interconnesse (FRIC) grazie alle quali la squadra di Enstone controlla l’altezza da terra come se avesse un correttore di assetto. FORMA E SOSTANZA Avrete notato che quest’anno si parla molto meno di efficienza aerodinamica, ma di più di trazione in uscita dalle curve e di tenuta delle gomme? Le due Mercedes tornate al tradizionale colore argento e le Red Bull Racing soffrono questa situazione. In particolare Sebastian Vettel sembra aver perso la bacchetta magica: i tifosi del Cavallino non si devono illudere, perché alla fine sarà sempre il leader del mondiale a sfidare Fernando Alonso per il titolo, ma incuriosisce il fatto che non siano una bandella o un nuovo flap a fare la differenza anche su una pista come quella di Barcellona che è considerata una sorta di galleria del vento all’aperto. QUATTRO PIT STOP SONO TROPPI Capire le gomme, non sforzarle oltre un certo limite, sapere come riscaldarle nel giro di lancio sono elementi importantissimi utili a comprendere le prestazioni di un Gp: non ci sembra giusto che un pilota debba rinunciare ad andare all’attacco sfruttando il potenziale della vettura che ha a disposizione, se non a rischio di rimanere senza coperture. È un modo di correre che privilegia lo spettacolo, ma non esalta i campioni: è mortificante vedere Lewis Hamilton procedere nel gruppo come un tassista che si fa da parte ogni volta che arriva un avversario più veloce! E anche quattro pit stop sono oggettivamente troppi per cui la Pirelli deve prendere le sue contro-misure: abbiamo sempre difeso la stretegia della Casa milanese nel coniugare tecnologia avanzata e spettacolo secondo i dettami voluti da Bernie Ecclestone in accordo con i team. Ma anche Paul Hembery si è reso conto che la capacità diabolica degli ingegneri delle squadre è tale nel lavoro di sviluppo che per Silverstone arriveranno certamente degli aggiustamenti. LA STRATEGIA ERA AZZECCATA Molte squadre avevano programmato tre soste in gara, ma hanno dovuto cambiare strategia in corsa perché le Pirelli non tenevano secondo i piani di simulazione (Red Bull Racing): la Ferrari, invece, aveva definito una tattica aggressiva, puntando ai quattro pit stop dall’inizio. Evidentemente si comincia a vedere anche il lavoro oscuro di Hirohide Hamashima, l’ex capo tecnico Bridgestone, consulente del Cavallino nello sviluppo del modello virtuale della gomma che è stato costruito a Maranello. MANCA LA QUALIFICA La Ferrari delude in qualifica, ma sorprende in gara. L’esatto contrario di quanto accade alla Red Bull Racing. Questa volta Adrian Newey sembra aver perso il pallino, proprio perché non è solo l’aerodinamica a determinare gli sviluppi. Il genio inglese continua a sfornare nuove soluzioni ma la RB9 non riesce a mantenere quella costanza di rendimento che ha trovato la Rossa. Ed è per questo che ci sono sembrate ingenerose le critiche di Fernando Alonso (e Felipe Massa) dopo le qualifiche, quando lo spagnolo non è riuscito ad andare oltre un quinto tempo in griglia di partenza. INUTILE STIZZA Il millesimo di secondo che ha diviso l’asturiano dal compagno di squadra evidenzia che è mancato qualcosa allo spagnolo: con la macchina più scarica avrà fatto più fatica a mandare in temperatura le coperture, lui che di solito riesce a tenersi Felipe a maggiore distanza, e poteva risparmiarsi la “stroncatura” di una parte del nuovo pacchetto aerodinamico della F138. Va precisato che in Catalunya non c’è stata alcuna bocciatura, come accadeva l’anno scorso per la mancanza di correlazione fra i dati di galleria del vento con quelli della pista. NON C’E’ STATA BOCCIATURA! Semplicemente la pioggia della prima sessione di libere del venerdì aveva consigliato i tecnici del Cavallino a “congelare” certe soluzioni (come il nuovo cofano motore) perché non c’erano condizioni utili alla delibera di pezzi nuovi, proprio per evitare di prendere strade sbagliate, avendo dati poco comparabili con il wind tunnel e, quindi, poco attendibili. Fernando Alonso è un campione: deve fare il pilota (un ruolo nel quale eccelle) e non il capo della squadra. Nel Reparto Corse ciascuno deve coprire il suo ruolo, senza ingerenze in quello degli altri. Tanto più che il “siluro” è partito quando Pat Fry, direttore tecnico di Maranello, è finito in ospedale per un attacco di appendicite che lo ha costretto ad un intervento chirurgico d’urgenza. ALONSO FACCIA IL PILOTA Fernando avrebbe “sponsorizzato” l’arrivo alla Ferrari di James Allison, ex dt della Lotus, ma il presidente in persona, Luca di Montezemolo, ha smentito questa ipotesi. Ora che il team del Cavallino ha trovato la quadra, dopo un lungo ed oscuro lavoro di ristrutturazione interno, sarebbe una pazzia rimescolare le carte nel momento in cui la Gestione Sportiva sta esprimendo una macchina dai valori assoluti. E non può essere il FRIC della Lotus a creare tanta attenzione, perché fino a prova contraria la Ferrari ha il suo sistema di sospensioni interconnesse sviluppato negli ultini anni e se la F138 sta davanti alla E21 è segno che non c’è bisogno di andare a copiare. Una volta tanto…

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