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Alonso è la vittima, mentre Vettel è il carnefice?

La Ferrari ufficializza l'errore fatto dal muretto a Sepang, mentre la Red Bull resta fredda con il tedesco

Il bubbone è scoppiato: non è stato Fernando Alonso a ignorare un ordine del muretto della Ferrari. Il pilota spagnolo ha assecondato una richiesta che è partita dal direttore tecnico Pat Fry. La conferma ce l’ha data una fonte ufficiale del Cavallino che vuole fare chiarezza sugli effetti che il ritiro della Rossa dell’asturiano potrebbe avere sul proseguo della stagione. L’unica colpa che si può ascrivere a Fernando è l’aver tamponato Sebastian Vettel alla seconda curva del Gp della Malesia. Un fatto di gara che in un avvio di Gp convulso ci può stare. ALONSO IL PARAFULMINE DELLA FERRARI Anzi, il pilota nelle dichiarazioni del dopo gara ha cercato di fare da parafulmine, giocando l’importante ruolo dell’uomo squadra. Stefano Domenicali a caldo aveva criticato davanti ai microfoni della tv la decisione che era stata adottata dal muretto: "Abbiamo preso un rischio che non ha pagato". La nostra autorevole fonte assicura che è stata una decisione del team di correre il rischio, non di Alonso. Lo spagnolo ha condiviso la scelta sentendo che il comportamento della monoposto non era cambiato molto, almeno fino a quando i frammenti dei flap non hanno cominciato a sbriciolarsi sull’asfalto di Sepang. UN GIRO DA SUPER CAMPIONE E il Fernando Alonso che stimiamo anche con l’ala rotta è riuscito a mettere insieme un giro impressionante per conservare il secondo posto, mostrando la sua classe cristallina specie quando le cose si fanno difficili, se non proibitive. I meccanici del Cavallino, intanto, erano usciti dal box ed erano pronti alla sostituzione del muso e delle gomme qualora ci fosse stato un rientro della F138. LA CHIAMATA SBAGLIATA DI FRY Il direttore tecnico Pat Fry ha ritenuto che quell’ala sbilenca sarebbe rimasta al suo posto per un paio di giri ancora, quanto bastava per evitare due pit stop troppo ravvicinati (il passaggio alle slick era ancora prematuro) ma il direttore tecnico del Cavallino non ha valutato che si era rotto anche il pilone che sosteneva l’ala. E come può non aver visto le scintille che si sprigionavano sotto la F138 perché qualcosa strisciava sulla pista. Un errore grave di valutazione che è costato un ritiro che ribalta i rapporti di forze con la Red Bull Racing in questo avvio di stagione che, invece, era iniziato sotto i migliori auspici per il Cavallino. CI SCUSIAMO CON FERNANDO Nel precedente editoriale abbiamo criticato pesantemente Fernando Alonso per non essersi fidato della squadra: il campione asturiano, invece, ha condiviso la scelta del muretto, e, quindi, non ha affatto rotto il patto di fiducia con il team come, invece, ha fatto Sebastian Vettel attaccando Mark Webber. Il pilota si è allineato al verbo del direttore tecnico, diventandone la vittima. UN RISCHIO NON CALCOLATO L’episodio non verrà cancellato come un normale fatto di gara e c’è da scommettere che il presidente, Luca di Montezemolo, voglia fare piena luce su un episodio che ha messo in mostra una grande debolezza della squadra. La Ferrari ha sempre fatto della sicurezza una delle bandiere che ne hanno caratterizzato la storia nelle corse: la decisione del muretto del Cavallino, invece, è stata un azzardo che ha messo a rischio lo stesso conduttore (per fortuna a Sepang ci sono vie di fuga molto spaziose…). Quando un’ala rotta si infila sotto le ruote anteriori rende la monoposto incontrollabile (basta ricordare la tragedia di Roland Ratzenberger al Gp di San Marino del tragico 1994)… E’ VETTEL L’UOMO NERO DEL GP La domenica di Fernando Alonso, quindi, prende una piega completamente diversa da quella di Sebastian Vettel che si è trasformato nell’uomo nero del Circus. Il tedesco ha disatteso il gioco di squadra della Red Bull Racing e ha infilato Mark Webber per andare a vincere il 27esimo Gran Premio, rischiando un sorpasso fra la RB9 e il muro del rettilineo principale. La Formula 1 compassata, decisa freddamente al computer e dal politically correct è svaporata al caldo di Sepang come l’acqua che in un battibaleno si è asciugata in pista dopo il via bagnato. Christian Horner e Adrian Newey hanno redarguito il loro pilota per il sorpasso proibito fatto a Mark Webber quando la squadra aveva congelato le posizioni per il timore che le gomme non tenessero la distanza. SEPANG PRODURRA’ DELLE SCORIE Il Gp della Malesia è destinato a lasciare delle scorie e degli strascichi nei top team che vizieranno la stagione 2013, aprendo a clamorosi scenari per il futuro: oggi non è più un’eresia parlare di Sebastian Vettel fuori dalla Red Bull Racing. A Sepang, forse, si è rotto il rapporto di fiducia che deve legare il pilota alla squadra e viceversa. E anche alla Ferrari valuteranno gli effetti di aver fatto una figura da principianti per una decisione dissennata che ha messo in crisi la credibilità di una squadra che, invece, vuole puntare al doppio titolo mondiale. Aspettiamoci dei provvedimenti da Luca di Montezemolo, primo tifoso del Cavallino che sa diventare un manager duro ed esigente quando le cose non funzionano come dovrebbero. IL DESTINO DI SEB SI GIOCHERA’ IN AUSTRIA Il futuro Vettel del mondo non si giocherà a Milton Keynes, quanto in Austria: Dietrich Mateschitz a confronto con Helmut Marko, vale a dire fra il padrone e il “padrino” di Vettel. La Red Bull Racing, se sarà consapevole della superiorità tecnica della RB9, potrebbe decidere di puntare su Mark Webber per il titolo, per affermare che è il team a decidere le strategie (sempre negate dai bibitari). Non servono tre mondiali di seguito a far ergere su un piedistallo Seb: questa volta l’ha fatto grossa per affermare una supremazia politica che ora rischia di disintegrarsi. SPACCATURE INSANABILI? Vedremo se le spaccature si ricomporranno: siamo solo al secondo Gp della stagione, ma l’ebollizione che emerge da Sepang testimonia che la pressione nel Circus è altissima. I precedenti storici parlano chiaro: Gilles Villeneuve aveva rotto un rapporto fraterno con Didier Pironi nel 1982 a Imola. Il canadese morì subito dopo a Zolder: la Ferrari era ancora choccata dallo sgarbo del pilota francese. Quel fatto cambiò la storia: la squadra del Cavallino, infatti, avrebbe potuto conquistare in carrozza il doppio titolo con la 126 C2 e, invece, perse il suo idolo! E come dimenticare lo sfregio di Ayrton Senna ad Alain Prost nel 1989 sempre a Imola? I due giganti erano compagni di squadra alla McLaren: Ron Dennis, che non voleva guai, decise che i due piloti non si dovevano fare la guerra al primo giro, ma il brasiliano passò il transalpino alla Tosa. E fu la rottura fra i due. Sono episodi che hanno inciso pesantemente sulla F.1, mentre l’harakiri al Gp della Turchia del 2010 fra Sebastian Vettel e Mark Webber sembrava essersi cicatrizzato perché il team aveva protetto il tedesco, nonostante il suo torto. C’E’ CHI HA CHINATO IL CAPO E chi ha memoria ricorderà il “fattaccio” del Gp d’Austria 2002 quando Barrichello fu costretto a cedere il passo a Michael Schumacher dopo un perentorio ordine di Jean Todt (i giochi di squadra erano vietati dal regolamento). A Indianapolis ci fu la “vendetta” del brasiliano: all’ultimo giro Schumi fu invitato di ridurre il passo per favorire un arrivo in parata con il minimo distacco possibile. Rubinho “senza volere” superò il tedesco al fotofinish! E come dimenticare le polemiche perché Felipe Massa non voleva cedere il passo a Fernando Alonso ad Hockenheim 2010 nonostante i “consigli” del suo ingegnere di pista? La Ferrari fu multata ma poi si cambiò la regola, ufficializzando i giochi di squadra. Ora che sono legali, i piloti non li rispettano. LAUDA VUOLE CACCIARE BRAWN? A completare lo scenario di Sepang c’è anche il siparietto che riguarda Niki Lauda: l’austriaco ha accusato nel dopo gara Ross Brawn (il team principal che vuole licenziare!) di aver bloccato la rimonta di Nico Rosberg dietro al pilota di punta della Mercedes, Lewis Hamilton, negando al tedesco un podio con la W04 pur essendo nettamente più veloce dell’inglese. Brawn ha ragionato nella logica di un campionato, nella consapevolezza che sarà Hamilton il pilota che dovrà provare ad inserirsi nella lotta per il titolo. Ross, evidentemente, ci crede ma Niki è pronto a sgretolare le sue certezze. La Stella a tre punte ha troppi capi (c’è anche Toto Wolf) e così andrà poco lontano. Montezemolo ha escluso categoricamente un ritorno di Ross a Maranello (l’inglese piace a Fernando), ma dopo quello che è successo in Malesia non è da escludere un ripensamento…

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