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Ritrovare l'orgoglio ferrarista che sembra perduto

Il deludente risultato della F14 T in Canada deve far riflettere Mattiacci sul da farsi a Maranello

Montreal ha detto la verità. Finalmente. La clamorosa superiorità tecnica della Mercedes non sta tutta nella fantastica power unit prodotta a Brixworth. Nico Rosberg ha ceduto la testa del Gp del Canada a Daniel Ricciardo solo a tre giri a mezzo dalla fine con una W05 che non era più Hybrid visto che il motore elettrico MGU-K non funzionava. Abbiamo avuto la conferma nei fatti della validità della simulazione Magneti Marelli grazie alla telemetria Wintax: i tecnici di Corbetta avevano previsto un gap di 2” al giro senza il supporto dell’energia elettrica e così è stato. Nico Rosberg si è rivelato un pilota maturo nel saper gestire le difficoltà con lucidità e freddezza, adeguando il suo stile di guida alle esigenze della sua monoposto menomata. ROSBERG ESEMPLARE NEL GESTIRE I GUAI MERCEDES Oltre a mancare di potenza elettrica da scaricare, il tedesco si è trovato con una freccia d’argento più complicata da gestire anche in frenata: l’MGU-K, infatti, ricarica l’energia cinetica in rilascio, per cui contribuisce a far da freno motore. Nico, quindi, si è trovato a dover fare i conti con un brake by wire (il controllo elettronico della frenata) azzoppato, scoprendo che con i dischi in carbonio di diametro più piccolo e le pinze a quattro pompanti anziché a sei è quasi impossibile tirare le staccate. Rosberg ha lavorato sul ripartitore di frenata e ha saputo trovare un equilibrio che gli ha concesso di mantenere delle prestazioni sorprendenti, mentre Hamilton si è dovuto arrendere con il disco posteriore destro ko per le sollecitazioni dell’inglese e per un surriscaldamento che si è generato al pit stop. DELLA W05 EMERGONO ANCHE TELAIO E AERODINAMICA Ora è palese il fatto che la Mercedes senza l’ibrido va come le altre monoposto: non bisognava essere degli specialisti per capire che ci sono un telaio e un’aerodinamica che valgono le qualità della power unit. La parola chiave è trazione: la W05 Hybrid riusciva a mettere la Force India a distanza (Perez non riusciva ad arrivare sotto al secondo di distacco per azionare il DRS) con percorrenze di curva pennellate e accelerazioni senza pattinamenti. RED BULL TORNA AL VERTICE MA CON RICCIARDO In un circuito stop-and-go come quello di Montreal era indispensabile scaricare l’aerodinamica per avere la velocità massima e bisognava curare l’assetto meccanico per trovare la trazione all’uscita dalle curve. Non è un caso se a sfruttare la defaillance della Mercedes sia stata la Red Bull Racing che ha interrotto il dominio del marchio teutonico. E Daniel Ricciardo ha dato prova di avere le palle, costruendo due sorpassi da manuale, per appuntarsi la prima vittoria in carriera e lasciando Sebastian Vettel al ruolo di gregario di lusso. Adrian Newey, comunque, ha portato al vertice anche la RB10 e non sarà un episodio isolato. A Milton Keynes hanno reagito al disastro dei test invernali producendo uno sforzo massimo che ha portato alla vittoria: come ci si aspetterebbe da un top team. LA FERRARI NON CRESCE In Canada ci aspettavamo il risveglio della Ferrari. La Rossa, invece, è la grande delusione di Montreal: la F14 T resta un mistero. Realizza il secondo e terzo giro più veloce in gara, ma non è mai stata protagonista. Fernando Alonso sesto, Kimi Raikkonen decimo. Un disastro che mina la motivazione e la voglia dei piloti. Lo spagnolo si è lamentato della mancanza di velocità massima per tentare i sorpassi con l’ala mobile, peccato che l’asturiano abbia raggiunto un picco di 330,2 km/h certamente migliore dei 328,8 km/h ottenuti dal vincitore Daniel Ricciardo e in linea con Lewis Hamilton (finché è stato in gara) accreditato di 331,6 km/h. Certo niente a che fare con i 347,1 km/h raggiunti da Felipe Massa con la Williams che si è rivelata un “missile”, ma la FW36 funziona solo su certe piste, mentre scompare dove serve il carico aerodinamico. LE MODIFICHE CHE NON FUNZIONANO La Ferrari, dunque, ha tradito le aspettative di Luca di Montezemolo. E non è un caso che il Presidente ritorni a parlare di 24 Ore di Le Mans dopo l’ennesimo boccone amaro che ha dovuto ingoiare in questa stagione disastrosa per la Rossa. L’attesa riscossa non c’è stata: le promesse di Barcellona si sono liquefatte con il caldo canadese, come se non si sapesse che a Montreal si corre in giugno. Il “vestito stretto” della F14 T è stato messo da parte dopo le prove libere: la Rossa aveva bisogno di respirare e la carrozzeria chiusa, certamente più efficiente dal punto di vista aerodinamico, avrebbe messo a repentaglio l’affidabilità della power unit. E così la pin-up è diventata cicciona in una notte: tanto lavoro buttato via, proprio come i freni soffianti al centro del mozzo che valevano 7 centesimi di secondo in Spagna. Tanta fatica che non dà risultati. I CAVALLI IN PIU’ PERSI SENZA TRAZIONE I motoristi avevano promesso uno step evolutivo della power unit 059/3: dove sono finiti i cavalli ibridi in più? Pare nel pattinamento delle gomme all’uscita delle curve. E torniamo a bomba alla parola chiave: trazione. La Ferrari non riesce a scaricare in terra il potenziale di cui potrebbe disporre. E i tecnici del Cavallino hanno un bel da dire che loro in telemetria i miglioramenti li hanno visti. Beati loro che ancora ci credono! È il sistema che si auto-assolve. Manca l’autocritica. La colpa è sempre di qualcun altro: i motoristi, i telaisti, gli aerodinamici, gli elettronici. Il Reparto Corse produce soluzioni che sulla macchina non funzionano. E non è un problema che si può scaricare solo sulla galleria del vento (a Maranello continuano a spergiurare che i dati della pista coincidono con quelli del wind tunnel), ma sul modo di lavorare. Ogni gruppo vuole dimostrare a Marco Mattiacci che sta spingendo al massimo nella ricerca delle prestazioni. Si lavora con ansia, temendo le epurazioni. Che ci saranno: ogni ruolo ha almeno un suo doppione. Inutile. Anzi dannoso, perché genera una critica interna non costruttiva. Il sistema va ripulito prevedendo poi dei nuovi innesti, linfa fresca. MARANELLO PUNTA SU ALLISON Fallito per l’ennesima volta il tentativo di portare Adrian Newey a Maranello, la Ferrari deve puntare sulle sue risorse. C’è gente capace e competente che va rimotivata. James Allison deve scegliere i tecnici su cui rifondare il Reparto Corse tagliando i rami secchi. La squadra del Cavallino deve ritrovare l’orgoglio di essere la Ferrari, producendo idee innovative proprie, senza inseguire gli specialisti delle altre squadre solo per il know how che potrebbero portare. La Ges è piena di ingegneri che hanno portato un’idea da altre squadre e hanno ultimato il loro compito con il copia e incolla. Così si insegue la concorrenza, ma non si costruisce una macchina (e una squadra) vincente. ALLA RICERCA DELL’ORGOGLIO FERRARISTA Marco Mattiacci deve infondere nella squadra l’”orgoglio ferrarista” che rischia di essere minato dal di dentro. Il team non è più attrattivo com’è sempre stato: non è più il punto di arrivo di una carriera, ma è visto come una fase di passaggio: si monetizza l’idea che si ha nella valigetta e poi via per altri lidi. Come se la Ferrari fosse una struttura come tutte le altre. Il ruolo del team principal, in questa fase, è molto difficile. Arduo. Speriamo che il manager romano decida di fare affidamento sugli uomini che possono dargli concretamente una mano. Antonello Coletta, direttore delle attività sportive, avrebbe tutte le caratteristiche per attuare un piano di ristrutturazione, ma non ha ancora assunto un vero ruolo operativo in F.1, mentre fa frullare Ferrari Corse Clienti, che questa settimana si prepara alla 24 Ore di Le Mans con la 458 in classe GTE. BIOSGNA ANDARE OLTRE LA F14 T La Red Bull Racing ha già vinto una gara con la criticatissima power unit Renault: Axel Plasse, motorista francese, a Monte Carlo ci aveva detto che un successo sarebbe arrivato presto. È giunto forse prima del previsto, ma ora è solo lo 059/3 a essere a bocca asciutta: a Maranello vogliono insistere nello sviluppo della F14 T. Altri si sarebbero fermati dando il tempo a James Allison di lavorare sul 2015: l’inglese realizzerà la prima monoposto tutta sua, visto che non gli si può attribuire la deludente macchina attuale (ancora figlia di Pat Fry). Sarà quello il punto di ripartenza, nel frattempo speriamo bene…

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