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Dakar: le conferenze stampa, queste sconosciute

Purtroppo la mancanza di comunicazioni ufficiali è diventata quasi totale nelle ultime edizioni

Alla Dakar ormai è così. Non se ne fanno più, non c'è più alcun contatto diretto con i giornalisti, mai, né prima di partire, né a metà gara, né a fine gara. O quasi. Martino Bianchi, General manager Honda arriva dalla scuola italiana e dalla Dakar di 30 anni fa che seguiva come Cagiva. Un grande professionista che mastica comunicazione da quando era un ragazzino. Solo lui al giorno di riposo ha organizzato una conferenza stampa, a Salta, con tutti i piloti, dando la possibilità ai giornalisti di fare le interviste: "Il bivacco è grande e gli orari a nostra disposizione per via del fuso orario, sono ridotti al minimo. Abbiamo così pensato che forse non riuscite a intervistare i piloti e ve li abbiamo portati in sala stampa". Poche parole quelle del manager italiano, che è stato l'ultimo a capire questa necessità, assolutamente reale della Dakar 2014. La ASO non ha organizzato una conferenza stampa alla partenza – fatta eccezione per un incontro con le autorità locali a Rosario – non ne ha organizzata una a metà gara, e non ne ha organizzata una a fine gara. E nessun team l'ha fatto, o meglio. Mini ha organizzato un incontro con la stampa prima del via, e poi nient'altro, a parte la disponibilità di piloti e manager il giorno di riposo dalle 13 alle 14 al loro spazio dentro il bivacco a Salta. KTM non ne parliamo: la Casa austriaca anche durante la gara è praticamente invisibile a livello stampa e comunicazione e la Karcher sponsor di Marc Coma ha organizzato una piccola cosa con lui al bivacco del giorno di riposo – tra l'altro all'aperto e sotto l'acquazzone improvviso. SMG zero, Yamaha zero, Toyota zero, Kamaz zero. Insomma i top team non hanno minimamente organizzato un incontro, una situazione per dare modo ai giornalisti – a parte Honda, appunto – di parlare direttamente con i piloti, sì, ma anche con ingegneri, meccanici, manager che alla Dakar hanno ruoli importanti, per non dire strategici. Martino Bianchi si meravigliava di questa cosa al punto di arrivare a domandarsi se aveva fatto male ad organizzare la sua conferenza stampa a Salta. Purtroppo, una mosca bianca. L'informazione sulla Dakar ormai è zero, anche perchè manca completamente un addetto stampa che dia le informazioni che una gara del genere richiede. A oggi non sappiamo di che cosa sia morto Eric Palante perchè l'autopsia sicuramente sarà stata effettuata, ma nessuno ha poi pensato di darne notizia. Gli incidenti, le vetture ferme in speciale, sono informazioni che ci arrivano, a noi che la viviamo sul posto, dall'Europa e poi rimbalzano in Sud America. Hubert Auriol, quantomeno, aveva fatto la cosa giusta quando nel 1994 aveva preso la direzione della gara. Hubert l'Africain aveva adottato la politica "diciamo le cose come stanno e diciamolo subito". Lui entrava in sala stampa, qualsiasi ora fosse, e richiedeva l'attenzione di tutti. Poi diceva poche parole, l'essenziale, ma le diceva. Oggi Lavigne o Castera non entrano mai, ma davvero mai, in sala stampa, e non danno alcun tipo di notizia anche perchè è rarissimo incontrarli nel bivacco – a parte il briefing di Castera alla sera. Possibile che una organizzazione di questo livello non si renda conto che fare così, tacere su tutto, non fa che alimentare Radio Bivouac? In questo modo ognuno dice la sua, perchè non si conosce la verità e gli avvoltoi della notizia, gli sciacalli esistono in tutti i settori. Per cui una minima cosa viene ingigantita passando di bocca in bocca e diventa alla fine una storia senza fondamenta di cui però tutti parlano. E questo fatto, alla Dakar fa sicuramente del male, non certo del bene...

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